La rendita nuoce gravemente alla salute

Il Macrolotto di Prato

La nostra vera casa è la società. Per molti di noi, cittadini, questo si può tradurre con il termine città. La città è “l’ambiente” in cui oggi ci troviamo a vivere; con i suoi pregi e i suoi difetti, con le sue lusinghe e i suoi fuochi fatui, con la sua bellezza e la sua bruttezza.

Ciò che ferisce di più è proprio il  brutto aspetto di molte parti delle nostre città; citando Giuseppe Campos Venuti:

«A guardar meglio, è brutto il fatto che la città non eserciti oggi in Italia il ruolo per cui è nata millenni fa: un luogo in cui gli uomini potessero raccogliersi per soddisfare le proprie necessità, creando assistenza reciproca, servizi comuni, necessari per una società allora piccola, che poi si è trasformata diventando sempre più grande.»

Anche se le responsabilità del degrado in cui viviamo, sono molteplici e di difficile comprensione, le dinamiche, politiche, urbanistiche ed economiche ad esse collegate scandiscono la nostra vita da sempre.

C’è, in particolar modo, un filo conduttore che connette i diversi aspetti urbanistici delle nostre città; un nome che raccoglie e restituisce gran parte della bruttezza urbana italiana: la rendita.

 

Ipotizziamo che un proprietario x abbia un terreno agricolo di 3 ettari che vale 10 e che questo terreno lambisca la periferia della città. Le previsioni del Piano urbanistico vigente dicono che quel terreno sarà compreso nel nuovo disegno di sviluppo urbano della città, cioè quel terreno verrà reso edificabile. Questo farà si che il suo valore, dai 10 iniziali, arriverà a 100. La differenza tra 100 e 10, cioè 90,  è il plusvalore della rendita urbana che finirà tutto nelle tasche del proprietario del terreno.

Mettiamo che il proprietario x sia un personaggio di spicco, con molte conoscenze politiche così da influenzare pesantemente le scelte urbanistiche municipali, e che il terreno invece di 3 ettari sia di 200 ettari … beh, lasciamo immaginare a voi l’immenso plusvalore della rendita per questo intervento urbanistico.

 

Dunque è importante capire come la rendita urbana ha influenzato la crescita (spropositata) e l’estetica (orribile) delle nostre città; in Italia lo sviluppo urbano non ha quasi mai seguito strade qualitative o percorsi strutturali-funzionali, ma più che altro, i bisogni di un ristretto numero di proprietari di fondi localizzati (casualmente ?) in aree appetibili per la crescita delle città.

Le stesse municipalità (anche le più grandi) sono state da sempre a stretto contatto con pochi individui, interessati non tanto alle sorti della società, ma soltanto ad un proprio ritorno economico personale.

Le nostre città sono brutte anche per questo.

Sempre Campos Venuti  osserva: «La notevole influenza della rendita urbana sul regime immobiliare italiano e il sistematico sovradimensionamento dei piani, fino a tutti gli anni ’50, hanno danneggiato fortemente le città e i cittadini. Penalizzando innanzi tutto quella che oggi viene chiamata la “città pubblica”, cioè il sistema dei servizi pubblici urbani e di quartiere, per il quale gli operatori immobiliari  non fornivano i finanziamenti e addirittura neppure le aree, così che le città sono cresciute senza buona parte dei servizi indispensabili.»

Ognuno di noi è colpito da questo perverso meccanismo, nessuno escluso. La nostra vita è regolata soprattutto da questi processi che molte volte paiono distanti, o perlomeno, non collegati alla nostra esistenza. Ma vivere in uno stato democratico (come quello italiano) comporta un carico pesante di problematiche insolute.

Scrive Edoardo Salzano: «Le conseguenze di una crescita eccessiva della rendita in generale (compresa la rendita immobiliare) sono una riduzione dei salari e/o una riduzione dei profitti. Nel primo caso peggiorano le condizioni di vita dei lavoratori (quindi della grande maggioranza degli abitanti), nel secondo caso si riduce l’attività di ricerca e di progresso della produzione, quindi perde competitività l’area dove questo avviene.»

Nel prossimo articolo illustreremo alcune ipotesi risolutive concernenti queste tematiche, riportando anche alcuni tentativi di riforma.

 

Mariano Gesualdi e Andrea Alcalini