Terzo Capitolo per i Diari Migranti. La storia di Maguette

Maguette

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“Mi chiamo Maguette, vengo dal Senegal e ho 34 anni. Ho tre figli: Kari 13 anni, Maritù 6 anni e Babacar, il piccolo di casa che ha 20 mesi”. Maguette è arrivata in Italia nel 2006 tramite la procedura di ricongiungimento familiare con il marito e da allora vive a Capannoli.“Sono nata nella periferia di Dakar. All'età di sei anni ho iniziato a frequentare la scuola elementare, dopo sei anni sono andata alla scuola media per quattro anni, poi al liceo dove ho studiato lettere moderne per altri quattro anni e ho conseguito il diploma di maturità. Mi sono iscritta all'università dove ho frequentato solo due anni. Dopo aver lasciato l'università, ho iniziato a studiare ragioneria e dopo quattro anni ho conseguito il titolo e ho cominciato a lavorare in una banca che si occupava di erogare prestiti alle piccole aziende. Dal 2003 al 2006 ho lavorato in banca, poi mi sono trasferita in Italia.

Maguette

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Il matrimonio e la partenza. “Mi sono sposata nel 1998 e l'anno successivo mio marito è partito per l'Italia lasciandomi incinta di tre mesi”. Appena arrivato, il marito di Maguette va a Napoli dove vivono alcuni cugini: “Lì le cose non sono andate molto bene, perché l'unico lavoro che è riuscito a trovare è stato come venditore ambulante e senza un contratto di lavoro non poteva avere i documenti in regola, dunque era clandestino. Nel 2001 ha deciso di trasferirsi in Toscana, dove ha raggiunto alcuni amici. Qui ha cominciato a cercare lavoro e dopo aver lasciato il suo curriculum praticamente in ogni azienda, un giorno è stato chiamato per un colloquio. Dal 2002 lavora a Perignano per una ditta che realizza divani. Quando finalmente ha trovato lavoro ha potuto chiedere il permesso di soggiorno e una volta ottenuto ha fatto domanda per il ricongiungimento familiare per me e per la nostra primogenita. Nel 2003 mio marito ha avuto i documenti e noi siamo arrivati qui nel 2006 perché la procedura per ottenere il ricongiungimento in quegli anni era un po' lunga”.

La lontananza. “Dal 1999 al 2003 mio marito non è mai tornato in Senegal e dunque non ci siamo mai visti. Comunicavamo tramite il telefono e internet, oltre a scrivere lettere e cartoline. E' stata molto dura, soprattutto perché mio marito non ha potuto vedere sua figlia per tanto tempo. Si sono potuti sentire solo per telefono, anche se alcune volte lei non voleva parlare con lui perché non lo aveva mai visto, padre e figlia ancora non si conoscevano. Anche tra di noi non è sempre stato facile, capitava spesso di litigare a causa della lontananza. L'unica cosa che puoi fare è aspettare, aspettare e ancora aspettare, ma è dura perché non sai mai se e quando tuo marito avrà i documenti in regola per poter tornare in Senegal, anche se per un breve periodo”. L'esperienza di Maguette è la stessa che vivono e hanno vissuto tante donne che vedono partire i propri compagni: “Quasi tutte sognamo di venire in Italia, ma non sai se tuo marito decide che tu debba raggiungerlo o meno. Può anche decidere che è meglio che tu rimanga in Senegal e allora sarà lui a tornare una volta l'anno. Quando mio marito mi ha detto di raggiungerlo sono stata felicissima, perché finalmente la famiglia si riuniva, potevamo vivere tutti insieme”.

Maguette

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L'Italia. “Dell'Italia sapevo quello che avevo imparato a scuola: la geografia, il clima, un po' di queste cose qua”. Altre cose Maguette le aveva imparate dai racconti del marito: “Mi parlava del cibo, delle cose che da noi non si usano come ad esempio la pasta. Oppure del clima tanto diverso dal nostro, del fatto che d'inverno fa buio presto e alcune volte cade la neve. Mio marito mi raccontava queste cose e io avevo fretta di raggiungerlo, di venire di persona a scoprire come era fatta davvero l'Italia e la gente che ci abitava. Quando ho avuto il visto per venire ho comprato subito il biglietto aereo e la settimana successiva sono partita insieme a mia figlia. Ricordo che quando siamo arrivate gli amici di mio marito avevano decorato tutta la casa con i palloncini e avevano fatto un cartellone con la scritta 'benvenute fra noi'. La bimba era contenta, è stato un momento molto bello che ricorderò sempre. Quel giorno stesso il principale di mio marito ci ha invitato a cena. Ricordo che non smettevo di guardare tutto quello che c'era intorno a me, perché tutto era diverso, tutto era nuovo. Ma la cosa che mi rendeva più felice era star di nuovo vicino a mio marito. La bambina aveva sei anni e finalmente aveva la possibilità di conoscere suo padre”.

Una nuova vita. “Quando siamo arrivate era maggio, la scuola stava finendo e allora gli addetti del Comune ci hanno consigliato di iscrivere la bimba ai campi solari in modo che potesse integrarsi più facilmente e imparare un po' la lingua e non avere troppi problemi quando a settembre avrebbe cominciato le scuole elementari”. A settembre anche Maguette si iscrive a una scuola di italiano per adulti: “Frequentavo tutti i giorni e così pian piano ho cominciato anche io a parlare l'italiano. Ho iniziato ad essere più autonoma, mentre i primi mesi anche per andare a fare la spesa dovevo essere accompagnata da mio marito. In questo primo periodo la cosa più difficile è stato abituarsi a rimanere a casa da sola quando mio marito andava a lavoro e la bimba a scuola. In Senegal questo accade raramente, perché le famiglie sono numerose e c'è sempre qualcuno che ti tiene compagnia. La scuola che frequentavo mi ha aiutato molto: tutti i pomeriggi dopo pranzo prendevo l'autobus per andare a Pontedera, così potevo stare in compagnia fino a sera, quando tornavano a casa mio marito e mia figlia”.

Il lavoro. “Da quando sono arrivata ho subito iniziato a cercare lavoro. Ho scritto il curriculum, spiegando che avevo lavorato in banca e descrivendo gli studi che avevo compiuto, anche se purtroppo il diploma di maturità conseguito qui non è riconosciuto. Sono stata assunta per fare le pulizie negli uffici del comune, due volte alla settimana, poi quando sono rimasta incinta di Maritù ho lasciato il lavoro. Quando la bimba ha avuto un anno e ha cominciato ad andare all'asilo ho iniziato nuovamente a cercare lavoro. Mi hanno chiamata dal centro dell'impiego perché cercavano una mediatrice culturale per un tirocinio di sei mesi. Dopo il tirocinio sono stata assunta da una cooperativa che gestisce uno sportello per stranieri a Santa Croce sull'Arno. E' un lavoro che faccio tutt'ora, insieme ad altre attività di mediazione culturale. Vado negli ospedali per fare la traduzione ai pazienti senegalesi, oppure nelle scuole per insegnare la lingua ai bambini che sono appena arrivati o per aiutare i genitori durante i colloqui con le maestre”. Con la crisi economica tutto è diventato più complicato e i soldi che entrano in casa sono meno: “Prima mio marito faceva gli straordinari per poter mantenere una famiglia con tre figli, ma ultimamente non ne ha più la possibilità. Io con il mio lavoro non riesco ad avere uno stipendio molto alto, non lavorando molte ore. Per me va bene così, perché dovendo gestire tre figli non posso fare lavori che mi impegnino a tempo pieno”.

Il tempo libero, gli amici, la comunità senegalese. Con tre figli da crescere di tempo libero ne rimane poco: “Si corre tutto il giorno, poi la sera quando i bambini si addormentano c'è solo il tempo di leggere qualcosa. Il pomeriggio invece quando escono da scuola andiamo insieme a fare una passeggiata. Nel tempo libero a volte esco con mio marito, andiamo al ristorante o in pizzeria. Con il lavoro che faccio i miei colleghi di lavoro  sono di quasi tutte le nazionalità e ho tanti amici sia italiani che senegalesi. La comunità senegalese per noi è importante perché ci permette di incontrarci, di parlare dei nostri problemi, di avere un rapporto con le amministrazioni locali per costruire percorsi di integrazione che possano aiutarci a vivere meglio qui in Italia. Recentemente sono stata nominata Presidente della sezione femminile dell'associazione Senegal Solidarietà”.

Il futuro. “Penso che il futuro dei miei figli e della mia famiglia sia in Senegal. Spero che riusciremo a tornare e ad avere una vita dignitosa, che è il motivo per cui siamo venuti qui. Per ora ci stiamo pensando e mio marito sta cercando di mettere in piedi un progetto per poter fare in Senegal lo stesso lavoro che sta facendo qui. Vogliamo tornare nel nostro paese di origine, non vogliamo rimanere qui per sempre”.

DI.M.MI. Diari Multimediali Migranti è un Concorso regionale per la raccolta e la diffusione di testimonianze autobiografiche dei cittadini stranieri, è un progetto finanziato dalla REGIONE TOSCANA con l’obiettivo di sensibilizzare e coinvolgere i cittadini sui temi della pace, della memoria e del dialogo interculturale, creando inoltre un fondo speciale di diari migranti.

DIARI CERCASI!!!

Sei di origine straniera? Vivi o hai vissuto in Toscana? Ti piacerebbe raccontare o scrivere la tua storia del viaggio che hai affrontato per venire in Italia?
Ti piacerebbe raccontare dei tuoi luoghi, della città da cui vieni, del tuo Paese e anche della tua vita in Italia? Ecco un’occasione davvero speciale nella quale, in lingua italiana, ma utilizzando anche fotografie, immagini, e-mail, lettere e disegni, cartoline, video o musica, scrivendo o raccontando a voce, potrai far conoscere la tua storia a tante persone che sono desiderose di ascoltarla.
Se non conosci perfettamente l’italiano, non ti preoccupare: non è un concorso letterario.
L’importante, per noi, è la voglia e la passione che hai di raccontare la tua vita!

Fino alla scadenza del concorso (15 giugno 2014) presso la biblioteca di Pontedera il mercoledì e il giovedì pomeriggio dalle 15 è possibile effettuare videoregistrazioni per partecipare a “Diari Migranti” (Chiedere di Massimiliano Bertelli).

Clicca qui per scaricare il depliant informativo

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Chiara Martina

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