Accuse contro i rom, l'associazione Africa Insieme e Rebeldia: "Gravi le affermazioni dell'assessore Capuzzi"

Sandra Capuzzi

«Chi sgarra paga», dice l’assessore alle Politiche Sociali del Comune di Pisa Sandra Capuzzi, all’indomani di un incontro con gli abitanti del quartiere di Putignano. «Chi sgarra paga»: che significa questa espressione? Significa – meglio: dovrebbe significare – che i colpevoli di un reato devono essere puniti. Se qualcuno ha commesso un crimine, e se questo crimine viene accertato da un giudice, il responsabile deve essere sottoposto ai rigori della legge. Difficile essere in disaccordo su questo punto.

Il problema, che l’assessore sembra dimenticare, è che la responsabilità dei reati è sempre personale: non coinvolge né la famiglia, né il gruppo di appartenenza. In altri tempi, in altre tragiche circostanze storiche, se un ebreo commetteva un reato, venivano accusati tutti gli ebrei: la colpa era collettiva, e un’intera famiglia, o addirittura un intero gruppo, doveva pagare per le responsabilità di un singolo. La nostra Carta Costituzionale è nata proprio per impedire «rappresaglie» di questo tipo: da quella carta è nato il concetto democratico di legalità, l’idea dello stato di diritto.

L’assessore Capuzzi, evidentemente, non ha alcuna idea di cosa sia la legalità. E la frase «chi sbaglia paga» – riferita ai cosiddetti «nomadi» – diventa un atto di accusa contro i rom, indistintamente. L’assessore, così, passa in modo disinvolto a proporre la chiusura di tutti i campi, e la riduzione del numero di rom a Pisa: un’idea che non ha nulla a che fare con la legalità, con la punizione dei reati, con l’applicazione rigorosa del Codice Penale.

E’ necessario invece distinguere i piani. «Chi sgarra paga», appunto: se c’è un reato, lo si punisce a norma del Codice Penale. Ciò non ha nulla a che fare, però, con i bambini e le bambine della Bigattiera, che hanno diritto ad andare a scuola e a cui deve essere garantito un futuro. E non ha nulla a che fare neanche con chi abita in un «campo», ma vorrebbe uscirne onestamente, pagando un regolare affitto o accedendo alla graduatoria delle case popolari.
Solo in questo modo possiamo gestire la cosiddetta “questione rom” con idonee e ordinarie politiche sociali. La logica dell’«emergenza» in ogni campo e su tutti i livelli cancella, invece, ogni distinzione, mescola piani diversi, rischia di produrre violazioni di diritti fondamentali e anche di favorire economie illegali.

Proprio in questi giorni stiamo vedendo infatti, come dimostra l’inchiesta della Procura di Roma, quali possibili conseguenze può innescare l’evocazione continua dell’emergenza, l’utilizzo della “paura dei cittadini”, la criminalizzazione di rom e migranti, la logica degli sgomberi, dei blitz polizieschi, dell’allontanamento di intere famiglie da un territorio.

Fonte: Associazione Africa Insieme Progetto Rebeldia

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