La situazione in Libia e gli strumenti Onu: il punto di Andrea De Guttry in un seminario al Sant'Anna

La Scuola Sant'Anna di Pisa

“Le sfide che la situazione in Libia pone alla Comunità internazionale sono di quelle che fanno tremare i polsi. Eppure il sistema ONU ha gli strumenti per affrontarle: dalla promozione del dialogo politico fra tutti gli attori (che, in caso di successo, potrebbe portare al dispiegamento dei ‘caschi blu’ delle Nazioni Unite per controllare un eventuale accordo di pace) alle sanzioni (soprattutto contro quelli Stati che, nei fatti, aiutano le attività dell’Isil); dall’isolamento dell’Isil al dispiegamento di un suo intervento militare, diretto da parte delle Nazioni Unite o delegato ad attori regionali o a coalizioni dei ‘volenterosi’ “.

Lo ha ricordato Andrea de Guttry, docente di diritto internazionale e direttore dell’Istituto Dirpolis (Diritto, Politica, Sviluppo) alla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, durante il seminario “Libia, quali opzioni per comunità internazionale”, che ha promosso lui stesso e al quale hanno partecipato Francesco N. Moro (Università di Milano Bicocca), Francesca Capone ed Emanuele Sommario, entrambi della Scuola Superiore Sant’Anna.
“Sullo sfondo della situazione libica – ha continuato de Guttry - resta anche l’opzione di un uso più marcato del ruolo della Corte penale Internazionale  per creare ‘terra bruciata’ intorno agli autori dei terribili crimini che vengono posti in essere in Libia. Le Nazioni Unite possono giocare molte carte per incentivare comportamenti corretti degli attori, come promesse di aiuti allo sviluppo e assistenza tecnica per quanti accettano di rispettare le regole internazionali”.

Dal seminario è emerso come il sistema delle Nazioni Unite possa disporre di un variegato portafoglio di strumenti per reagire  a situazioni straordinarie come quella libica. “La vera sfida – ha aggiunto de Guttry - è trovare un mix di reazioni appropriate alla specifica situazione, ma, soprattutto, verificare se gli Stati membri del Consiglio di Sicurezza, in primis i membri permanenti, abbiamo davvero interesse e volontà  di utilizzare la strumentazione a disposizione. In assenza di una regia Onu della reazione, vi saranno reazioni unilaterali, com’è quella dell’Egitto che ha avviato i bombardamenti di obiettivi in Libia. I rischi connessi a tale opzione sono peraltro calcolabili con difficoltà”. A proposito della richiesta del presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi che si è appellato al Consiglio di sicurezza dell'Onu, chiedendo di adottare una risoluzione per un intervento internazionale in Libia, Andrea de Guttry ha spiegato in quali strumenti consista la “rosa” di possibilita'.

“Dalle soluzioni più politiche, finalizzate alla ricerca di una soluzione diplomatica del contenzioso,  a quelle più robuste che possono includere l’autorizzazione all’uso della forza. La precedente risoluzione  del Consiglio di Sicurezza 1973 del 2011 aveva proprio autorizzato alcuni Stati di usare le forza per la protezione dei civili in Libia. Le conseguenze di quella operazione militare, condotta prevalentemente dalla Francia e dal Regno Unito ma anche con una limitata partecipazione italiana, sono davanti agli occhi di tutti. Se il Consiglio di Sicurezza dovesse autorizzare ancora una volta una operazione militare condotta da singoli Stati dovrebbe ricordarsi di quel precedente e definire in maniera più precisa gli obiettivi dell’intervento militare ma soprattutto creare un meccanismo di controllo efficace e credibile che consenta di evitare che gli Stati ‘intervenienti’ abusino dell’autorizzazione loro concessa dal Consiglio di Sicurezza”.

Non e' mancato un accenno alle richieste e gli appelli arrivati da più parti all’Unione Europea, per un suo maggiore “impegno” sui temi dell’immigrazione: operazioni come “Mare Nostrum” però da sole non bastano. “L’esperienza di questi anni dimostra che con o senza operazioni tipo ‘Mare Nostrum’, il flusso di immigranti non può essere fermato in assenza di politiche di stabilizzazione e di sviluppo dei paesi di provenienza degli stessi. Queste politiche, ammesso che siano poste seriamente in essere, richiedono tempi non brevi per dare frutti.  Per fronteggiare l’attuale  emergenza dei profughi, che presumibilmente diverrà ancora più acuta nei mesi che verranno, non vi sono soluzioni magiche e neppure soluzioni semplici.

L’Unione Europea e gli Stati membri dell’Unione  possono e devono svolgere un ruolo decisivo per gestire un‘emergenza che, come dimostrano i fatti, non è un problema soltanto italiano. Per spirito di solidarietà o permero calcolo di interesse, l’Unione Europea deve diventare un protagonista nella ricerca di soluzioni sia per  affrontare le emergenze ma soprattutto per risolvere il problema a medio termine. L’Europa – ha concludo Andrea de Guttry - ha la capacità e le risorse per muoversi in queste direzioni: si tratta di dimostrare ora la volontà politica di farlo”.

Fonte: Ufficio Stampa

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