“Mi piace o non mi piace”. Innamorarsi e corteggiare sul web.

Che cosa sono l’innamoramento e il corteggiamento?

 

L’innamoramento e il corteggiamento costituiscono la base, l’inizio dei rapporti di coppia e dipendono da fattori culturali appresi, dalle abilità sociali, dalla capacità di gestione dell’ansia e dall’immagine di sé. L’innamoramento è un affetto profondo che spinge, chi lo prova, a cercare un’intimità con la persona amata. La sua intensità varia indubbiamente da una persona all’altra, ma ci sono alcuni segnali inconfondibili: il cuore ci batte all’impazzata, si ha un nodo alla gola, le mani sono sudate e siamo felici al solo pensiero o alla sola vista della persona che “amiamo”. Il corteggiamento è un insieme di strategie che vengono messe in atto per poter sedurre un possibile partner e non è finalizzato solamente allo scopo di raggiungere l’unione sessuale ma serve anche a creare una base affettiva duratura e a favorire la formazione di un rapporto di coppia.

 

Ma i giovani di oggi come amano? E soprattutto come corteggiano?

 

In quest’era digitale, in cui tutti noi che ci piaccia o meno siamo immersi, sembra che l’immediatezza di un messaggio o di un click abbia sostituito quella febbrile ricerca di un momento per parlarsi viso a viso, l’urgenza dell’esserci e del toccarsi.

Se fino a qualche anno fa, si parlava di un’arte del corteggiare, un vero e proprio gioco o danza di comportamenti messi in atto per raggiungere fisicamente la persona desiderata, oggi sembra che il corteggiamento si esprima attraverso richieste d’amicizia sui vari social network e con l’utilizzo dei “Mi Piace” a foto, post o canzoni. Per quanto l’immediatezza della comunicazione virtuale sia molto utile e ci conferisca la sensazione di esserci sempre, anche a distanza di chilometri, alle volte però può portare paradossalmente a una non comunicazione. Tutto questo “corteggiare virtualmente” mi fa pensare che il sentimento più antico del mondo non riesca a uscire allo scoperto senza la presenza di un monitor davanti a proteggerci. Non fraintendetemi, non voglio dire che prima del web non esistessero strumenti di “difesa” o di “protezione”. Pensate alle ore passate davanti a un telefono in attesa della chiamata o alla chiamata in sé, in cui il telefono e la naturale distanza che creava tra noi e l’altro, non era altro che uno strumento di difesa. Una volta terminata la conversazione, però, spesso si passava al livello successivo, si organizzava l’uscita o l’incontro, per parlarsi vis a vis. Oggi, invece, mi sembra che ci si fermi alla chat, al “Poke”, al “Mi piace” senza poi passare al contrattacco, limitandosi così a una comunicazione scritta e non parlata. E sappiamo benissimo che questo può portare a fraintendimenti ed equivoci. Basti pensare alle mille sfaccettature che si perdono con un messaggio scritto o un semplice “Mi piace”. La chiamata, volendo considerare il telefono uno strumento di difesa, ci fornisce quelle sfaccettature che il messaggino ci fa perdere: il tono, l’inflessione della voce e le pause sono dei piccoli aiuti che ci fanno capire meglio che intenzioni ha la persona dall’altro capo.

Quando parliamo, anzi mi correggo chattiamo con una persona tutto questo si perde. Magari stiamo ore e ore con il capo chino per il “lui” o la “lei” che ci sta scrivendo. Ma chi sono e cosa vogliono realmente questo “lui” o questa “lei”? Perché spesso passiamo il tempo con le dita che si muovono alla velocità della luce su di una tastiera, piuttosto che alzare la testa e aprire la bocca? So che non tutte le lunghe conversazioni virtuali restano tali, non voglio fare assolutamente di tutta un’erba un fascio. Ma le domande sorgono spontanee: perché se ci troviamo in un locale o in giro per il paese non fermiamo la persona che vorremo corteggiare e perché molto più spesso aspettiamo di aprire la chat per parlarle? L’invisibilità si sa, ha sempre dato una mano agli innamorati, basti pensare a Cirano De Bergerac, ma può portare anche a dei vicoli morti. Che fine ha fatto il corteggiatore o la corteggiatrice (siamo pur sempre negli anni 2000) che ci sorride, che si ferma e ci offre un caffè, una sigaretta o una birra. Sembra che tutto ruoti molto intorno a click, smile e adesivi. So che è più semplice agganciare qualcuno virtualmente, l’ansia è molto più bassa, l’immagine di se viene pubblicizzata da foto e le convenzionali regole sociali sono alleggerite. Perché, allora, su più di un forum, di un blog o di un sito mi sono ritrovata a leggere di giovani disperati sedotti e abbandonati virtualmente? È di pochi anni fa una trasmissione televisiva “Cat fish”, che descrive proprio questi tristi episodi. E io, sono qui che cerco di capire, di comprendere, di trovare un senso a tutta questa socialità virtuale, a questo corteggiarsi e innamorarsi in modo virtuale. Ma i giovani che cosa ne pensano di tutto ciò?

La mia non vuole essere una critica, nè tantomeno un giudizio positivo o negativo. Piuttosto è una riflessione, una voglia di sapere, una curiosità che mi contraddistingue e mi spinge sempre a cercare di capire meglio il mondo delle relazioni. Quindi fatevi avanti, scrivetemi in merito i vostri pareri, apriamo una sorta di dibattito. Tanto il computer ci protegge (se fosse possibile inserire gli smile nell’articolo, qui ci starebbe benissimo la faccina con l’occhiolino).

Che il mi piace, il chattare, lo smile, l’adesivo, il poke siano diventati i nuovi strumenti del corteggiare?

 

Nel caso in cui vogliate suggerrirci un argomento da affrotnare o esporci una vostra problematica o preoccupazione scriveteci a studiopsicologicoilcammino@gmail.com, e noi vi risponderemo o pubblicando la lettera in forma anonima o affrontando la tematica da voi richiesta.

Chiara Paoli