Jihadisti in Maremma: la sorella di Kobuzi portò anche il bimbo in Siria

Serjola Kobuzi, sorella di Aldo, il marito della foreign fighter italiana Maria 'Fatima' Giulia Sergio, avrebbe raggiunto "nel febbraio del 2014 il marito Dervishllari Marigien all'interno del territorio dello stato islamico, portando con sé il figlio piccolo", stanziandosi "nella cittadina di Sed Forouk in Siria". E' quanto emerge dagli atti dell'inchiesta della Procura di Milano per terrorismo internazionale che ieri ha portato in carcere cinque persone, tra cui il padre, la madre e la sorella di Maria Giulia.

Serjola Kabozui, 19 anni, è tra i cinque destinatari dell'ordinanza, firmata dal gip Ambrogio Moccia su richiesta del procuratore aggiunto Maurizio Romanelli e del pm Paola Pirotta, che risultano latitanti perché sarebbero ancora in Siria a combattere a fianco dell'Isis. Tra loro, appunto, anche Fatima e il marito Aldo. Stando a quanto emerge dalle indagini della Digos, Serjola sarebbe stata la prima dei componenti dei due clan familiari al centro dell'inchiesta ad entrare in Siria, "dove veniva raggiunta dalla madre Coku Donika, dal fratello Kobuzi Aldo e da Sergio Maria Giulia e da dove svolgeva attività di arruolamento/indottrinamento nei confronti di altri familiari rimasti in Italia (in particolare della zia Kacabuni Arta)", arrestata ieri a Scansano.

Da quanto si è saputo, non sono ancora stati fissati gli interrogatori di garanzia del padre, della madre e della sorella di Fatima, tutti rinchiusi nel carcere di San Vittore, e della zia di Aldo, Arta Kacabuni. Dovrà, invece, essere estradato lo zio dell'albanese, Baki Coku, 37 anni, preso ieri a Lushnje, a circa 70 chilometri a sud di Tirana.

Gruppi di indottrinamento su Skype con 300 donne iscritte

La "indottrinatrice" dei due clan familiari, quello di Maria 'Fatima' Giulia Sergio e del marito Aldo Kobuzi, la cittadina canadese Haik Bushra, latitante, oltre ad aver avuto un ruolo decisivo "nell'arruolamento" di Fatima e della "sorella Marianna all'interno dell'Is", avrebbe gestito 5 gruppi "di indottrinamento" via Skype con iscritte più di 300 "donne musulmane". E' quanto emerge dagli atti dell'inchiesta della Procura di Milano su un rete di terrorismo internazionale che ieri ha portato all'emissione di un'ordinanza a carico di 10 persone. La donna, 30 anni, di origine siriana ma nata a Bologna, dove sarebbe rimasta fino al 2012 prima di andare in Arabia Saudita, avrebbe avuto "un importante ruolo di promozione dello Stato Islamico, anche via internet", gestendo e guidando "numerosi gruppi" via Skype: uno "dedicato alla dottrina e all' interpretazione del Corano"; un altro per "l'insegnamento dell' alfabeto arabo"; due, i più partecipati con 303 iscritti in totale, dedicati "alla memorizzazione del Corano"; l'ultimo per la "lingua araba".

Come scrivono i pm, tra l'altro, Maria Giulia Sergio, appena arrivata in Siria lo scorso settembre, viene "contattata" da Bushra e "nella memoria del pc in uso a Marianna", sorella di Fatima, "sono state trovate tracce di chat" con Bushra "risalenti" allo scorso agosto. Da alcune e-mail analizzate dalla Digos è emerso che Fatima, prima di partire, si preoccupava della "compatibilità tra le funzioni di marito e quelle di combattente" con riferimento ad Aldo Kobuzi.

"Sai - scriveva Fatima - pensavo che un uomo dovrebbe prima salvaguardare la sua famiglia e poi partire per combattere". E Bushra rispondeva: "Se poi tutti gli uomini dovessero pensare al mantenimento eterno della famiglia nessuno potrebbe combattere e lo stato islamico sarebbe invaso e finito". Il tono delle lezioni di Bashra, riportate negli atti dell' inchiesta, era di questo tipo: "Dio l'altissimo ha voluto che con jihad, con lo sforzo armato l'Islam diventasse forte".

Tutte le notizie di Campagnatico

<< Indietro
torna a inizio pagina