Nardella: "Grazie all'IUE recuperiamo identità"

Dario Nardella (foto gonews.it)

Si è aperta nel Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio, con il saluto del sindaco Dario Nardella, la seconda giornata di lavori della sesta edizione di The State of the Union, la conferenza organizzata dall’European University Institute (EUI) dedicata quest’anno al tema ‘Women in Europe and the World’, ovvero a un’analisi della situazione e della condizione delle donne in Europa e nel mondo, sui traguardi raggiunti, su quelli dove c’è ancora da lottare e su come viene vista e considerata la figura femminile nelle varie culture globali.

Di seguito l’intervento del sindaco Nardella:

Quando nel 2010 abbiamo promosso con l’IUE il primo “The State of Union” è stato come ritrovare per Firenze le ragioni di un'identità e di una vocazione antiche, per un verso, e straordinariamente contemporanee per l'altro.

Firenze città del mondo, icona universale di bellezza, crocevia di culture e civiltà, per quanto riguarda la dimensione antica; Firenze laboratorio politico, città con decine di università e centri di ricerca, che non ha mai smesso di radunare intorno a sé energia e pensiero contemporanei, dal punto di vista della vocazione attuale.

Questa nostra città, capitale dell'umanesimo storico, recupera dunque identità e funzione grazie anche a istituzioni come l’IUE, con la quale costruisce un ponte con l'Europa, lavorando alla nascita di un nuovo umanesimo. Ne abbiamo bisogno oggi più che mai, perché, come ha ricordato il Prof. Joseph Weiler alla presentazione di questo State of Union, “lo Stato dell’Unione non è buono”. Mai come in questo periodo, dalla sua nascita, l'Unione Europea si è trovata a dover affrontare così tante crisi insieme: la crisi economica; il referendum in Gran Bretagna che minaccia l’integrazione europea; il terrorismo e l'emergenza migranti, collegate alle guerre nel Mediterraneo. Sono 5 emergenze europee, ma di portata mondiale, che rappresentano per tutti noi altrettante sfide, la crescita economica e l'unione monetaria; l’integrazione sociale – che in questi giorni mette al centro il ruolo decisivo della donna –; la sicurezza. Ma vi è una sfida che abbraccia tutte quelle precedenti. È la sfida politica educativa che sollecita il pieno recupero dei valori e degli ideali alla base dell'unificazione europea, come ricordava Altiero Spinelli, il quale diede il titolo “la goccia e la roccia” all’edizione di una sua autobiografia, proprio a significare come l’ideale europeo sia la goccia che scava la roccia. Per questo non possiamo permettere, per i nostri concittadini, per i nostri figli, che prendano il sopravvento l’egoismo e il populismo, che generano odio e divisioni. Ogni qual volta nella storia recente e passata il nostro continente ha conosciuto divisioni, queste si sono rivelate foriere di conflitti, impoverimenti, sventure.

Oggi assistiamo a partiti politici e Governo che evocano nuove divisioni, attraverso ipotesi di erigere muri, fili spinati, confini invalicabili. La storia d'Europa ci ha insegnato che i muri non hanno altro destino che lacerare popolazioni e stati. Questi partiti e questi stati non possono definirsi europei! Nel

Preambolo dei Trattati di Roma i fondatori della Comunità europea, firmatari del trattato dichiararono di “essere decisi ad assicurare mediante un'azione comune il progresso economico e sociale dei loro paesi, eliminando le barriere che dividono l'Europa”.

Dov’è la determinazione di questi Stati? Dov’è l’azione comune per eliminare queste barriere che risorgono? Non è il momento dell’approfondimento, è il momento dell’azione!

Da queste sfide l'Europa non può che uscire più coesa e più forte. Basta guardare alle risorse straordinarie di cui disponiamo. L'Europa dei popoli, è l'Europa delle città.

Ne abbiamo un esempio concreto dal legame che lega l'IUE a questa città e che indica una via da percorrere come rappresentazione di un modello di governo in grado di tenere l'Europa ancorata ai territori, alle città, alle comunità locali. Un modello non estraneo alle recenti politiche di coesione elaborate a Bruxelles, ma che richiede di essere sviluppato con molta più determinazione.

Firenze porta nel suo dna la possibilità di avere un ruolo di primo piano nella riflessione sui grandi temi internazionali, come quando, per iniziativa del sindaco Giorgio La Pira, seppe richiamare i sindaci delle capitali di tutto il mondo a lavorare per la pace. In quell'occasione ebbero luogo incontri celebri, come quello tra i rappresentanti di Mosca e le capitali occidentali, in piena guerra fredda, e prese forma una diplomazia della concretezza, scaturita dal basso, dal governo delle città. Lo scorso novembre, per celebrare i 50 anni da quell'evento, abbiamo rinnovato l'invito ai sindaci di tutto il mondo, e abbiamo potuto sperimentare quanto possa essere ancora attuale e necessario il dialogo tra coloro che hanno il difficile compito dell'armonia concreta nel governo dei popoli. La città si rivela ancora come luogo nel quale la convivenza tra gli esseri umani, la loro concentrazione e vicinanza, generano sì conflitti, ma allo stesso tempo possibilità di soluzione. Luogo nel quale le sfide di cui ho parlato prendono corpo.

La dimensione cittadina della vita consociata ha caratterizzato la struttura e la storia europee. I commerci, gli equilibri sociali, gli sviluppi culturali, hanno avuto per noi europei una caratura per lo più cittadina, prima ancora che locale o regionale. La città, fino dalla sua dimensione classica, ha rappresentato una unità di misura sociale fondamentale ogni volta che si è adottata una prospettiva politica centrata sull'essere umano nella dialettica con l'idea dello stato nazionale.

Uno degli snodi fondamentali per favorire il processo di costruzione e di consapevolezza di quello che potremmo chiamare un 'umanesimo europeo' è quindi la formazione di una classe dirigente europea che condivida quei valori e ideali; per questo Firenze esprime il suo pieno sostegno al progetto della School of government promosso da IEU. Si presenta, infatti, come un'esigenza pressante del nostro tempo quella di far nascere una unica classe politica europea in grado di animare appunto i partiti politici europei che secondo il Trattato contribuiscono a formare una coscienza politica europea e ad esprimere la volontà dei cittadini dell'Unione. Tale esigenza rende indispensabile il contributo delle istituzioni a ciò deputate, insieme con la capacità di ispirazione delle comunità portatrici di quei valori.

Il primato della politica che si fa carico dei limiti dell'umanità e li interpreta come fattori di compromesso per comporre gli interessi e appianare i conflitti ha suscitato qui, nella nostra città, il pensiero di figure come Niccolò Machiavelli, che hanno saputo costruire le categorie del pensiero politico cui ancora oggi ricorriamo. Firenze non si sottrarrà a quello che avverte essere un compito affidatole dalla storia e dal lavoro degli ingegni che l'hanno resa nei secoli l'icona che è. Daremo il nostro contributo perché la School of Government sorga e si sviluppi come costola dell'Istituto Europeo.

Nell'insieme costituito da comunità e istituzioni cittadine (Firenze), università europea (IUE) e School of government, è possibile riconoscere un modello nuovo di assetto istituzionale utile per affermare decisamente un'influenza culturale europea nel mondo, fondata su un concetto di soft power: solo diffondendo la cultura politica europea tra i popoli e tra le classi dirigenti, al pari di quanto hanno saputo fare gli Stati Uniti d’America e i paesi anglosassoni in molte parti del mondo in questo ultimo secolo, potremo dire di aver fatto la nostra parte perché crescano la coesione, la solidarietà, la civiltà nella nostra Europa e nel mondo”.

Fonte: Comune di Firenze - Ufficio Stampa

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