Rossi a Piombino per sostenere la rinascita del bar Mirò

"Sono qui per portare la mia solidarietà e quella della Toscana che crede in una società libera dalle mafie ai quattro dipendenti del bar Mirò di Piombino, che mi hanno invitato a prendere un caffè insieme a loro. Ho fatto gli auguri ad Angela, Francesca, Niccolò e Lisa e ho detto loro che sono certo che la città di Piombino darà un contributo decisivo al rilancio di un'attività finalmente pulita e libera da ogni collusione con la criminalità organizzata. Così è andata a Suvignano, così mi auguro che questo sia soltanto l'inizio di un pronto e utile reimpiego a fini sociali dei beni sottratti alla criminalità organizzata".

All'inizio del mese il presidente della Toscana ha ricevuto una lettera che lo invitava a prendere un caffè. Ha deciso subito di accettare l'invito ed oggi pomeriggio è andato a Piombino per incontrare i quattro dipendenti del Bar Mirò, nella centralissima via Ferrer, protagonista recente di una storia di camorra, di quelle che non ti aspetteresti di vivere in Toscana.

Ecco invece che cosa gli avevano scritto Angela, Francesca, Niccolò e Lisa, i quattro dipendenti, per spiegare la situazione.

"Ti scriviamo per raccontarti la storia di una confisca di prevenzione antimafia in Toscana, e dei lavoratori che hanno raccolto la sfida di lavorare in un bar confiscato e di dargli nuova vita.
Il Bar Miró è oggi sottoposto ad amministrazione giudiziaria da parte della sezione delle misure di prevenzione del Tribunale di Livorno in seguito alle indagini patrimoniali svolte dal Nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza di Piombino. Per assicurarne la continuità, oggi l'attività commerciale è affidata a una nuova gestione con l'Agenzia Nazionale per i beni confiscati e un suo coadiutore, come previsto dal Codice Antimafia. La scommessa è mantenere produttivi i beni sequestrati e confiscati anche dopo il cambio di gestione e assicurare i vecchi e nuovi posti di lavoro, ancora prima della confisca definitiva e ciò a tutela sia dei lavoratori che dello Stato".

E la lettera indirizzata ad Enrico Rossi, prosegue: "queste esperienze sono un modello positivo e un monito per quei territori che si sentono esenti da infiltrazioni. Ed è necessario che le istituzioni e la società civile se ne facciano carico insieme ai lavoratori. Naturalmente continuare a tenere produttivo il nostro bar è difficile: con la legalità aumentano i costi dei lavoratori, e con le vicende giudiziarie la città di divide. Il bar ha perso i suoi vecchi clienti e a fatica ne sta conquistando di nuovi. Per questo è importante che la nostra storia venga raccontata il più possibile e che le
Istituzioni e la società civile facciano loro la nostra battaglia quotidiana. In questi giorni la città di Piombino si sta mobilitando in nostro sostegno, a partire dal Sindaco. Ti chiediamo di supportare la nostra battaglia contro la camorra e per la legalità, per il bene di Piombino e della Toscana migliore.
Siamo certi che presto verrai a prendere un caffè al Bar Mirò. Ti aspettiamo!"

Così il presidente Rossi ha deciso di raccogliere l'invito dei quattro giovani nuovi gestori e si è intrattenuto con loro incoraggiandoli a proseguire nel loro impegno, certo che anche altri raccoglieranno il loro invito a dare un futuro a questa attività, una risposta forte da parte di chi vuole respingere ogni tentativo di infiltrazione nel tessuto sociale e produttivo della Toscana.

Erano le 11 del 26 marzo scorso quando la Guardia di Finanza, su ordine del sostituto procuratore Massimo Mannucci, eseguì una serie di sequestri e confische di beni mobili e immobili riconducibili a Giuseppe Ruocco, 55 anni di Mugnano di Napoli. Tutti beni che, secondo i giudici e il Codice antimafia, provenivano da attività illecite. Tra questi c'era anche il Bar Mirò, di proprietà del figlio di Giuseppe. Da allora il Mirò è stato sottoposto ad amministrazione giudiziaria e oggi c'è una nuova gestione, affidata dall'Agenzia Nazionale per i beni confiscati alle mafie che la segue attraverso un coadiutore, l'avvocato pisano Cristina Polimeno.

Ruocco nel gennaio scorso è stato sottoposto alla misura cautelare degli arresti domiciliari con l'applicazione del braccialetto elettronico. Giuseppe Ruocco, che già in passato si è reso responsabile di gravi reati, era implicato in omicidio, rapina associazione camorristica ed altro. Secondo gli investigatori nell'area piombinese Ruocco tirava le fila di una rete di spaccio grazie a una serie di complicità nel tessuto cittadino.

Fonte: Regione Toscana

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