Niki Lauda, all'inferno e ritorno

Il 12 settembre 1976, a soli 42 giorni dal terribile incidente del Gran Premio di Germania, il pilota austriaco tornò in gara sul circuito di Monza


Era il circuito più pericoloso della Formula 1, nell’altopiano di Eifel, in mezzo a una foresta di un verde accecante. Per questo, lo scozzese Jackie Stewart aveva soprannominato il Nürburgring “l’inferno verde” – e non “il cimitero”, come è detto con eccessivo cedimento alla drammatizzazione in Rush, il film di Ron Howard che rievoca il campionato del 1976. Il 1° agosto di quell’anno, durante il Gran Premio di Germania, il ferrarista Niki Lauda, vincitore del titolo iridato nel 1975 e già in testa al Mondiale con rassicurante margine sul rivale James Hunt, fu vittima di uno spaventoso incidente sulla pista bagnata. La Ferrari sbandò, finì contro una roccia oltre le reti di protezione e rimbalzò in fiamme sull’asfalto, dove venne centrata da altre due auto. Lauda fu estratto dall’abitacolo da Arturo Merzario, che insieme a Harald Ert e Guy Williams si era fermato per prestare soccorso al collega. Cinque giorni dopo, seppur terribilmente sfregiato dalle ustioni, il pilota austriaco fu dichiarato fuori pericolo.

Niki Lauda e James Hunt, nel 1976

Niki Lauda e James Hunt, nel 1976

Mentre la McLaren di Hunt intraprese una veemente rimonta, accorciando il divario nei confronti del rivale convalescente, Lauda iniziò un recupero ancor più strabiliante. Rimesso in sesto da una straordinaria equipe medica, la sorprese per tempra e determinazione, sottoponendosi a dolorosi trattamenti per accorciare il periodo di riposo forzato. All’inizio di settembre, mentre Enzo Ferrari aveva già rimpiazzato il suo campione del mondo con l’argentino Carlos Reutemann, Lauda dichiarò di voler competere al GP di Monza. Dopo aver provato sull'anello della scuderia modenese, a Fiorano, confermò il proposito e il “cavallino rampante” si trovò a schierare tre vetture sul circuito brianzolo: quelle di Clay Regazzoni, Reutemann e del redivivo austriaco.

Lauda aveva rischiato la vita, più che per le bruciature, a causa delle pesanti inalazioni di benzina durante gli interminabili istanti in cui era rimasto prigioniero della monoposto incendiata, ma al ritorno in pista furono le conseguenze del fuoco a tormentarlo maggiormente. Le ustioni sul volto non erano completamente rimarginate e fu necessario apportare una modifica al casco, rimuovendo parte dell’imbottitura, per ridurrne la pressione sul volto martoriato. Nonostante questo accorgimento, il cappuccio ignifugo di Lauda si impregnò di sangue, sia durante le prove, in cui ottenne la quinta qualifica, sia in gara. In mezzo ad atroci sofferenze, il 12 settembre 1976, Lauda prese posto sulla griglia di partenza e alla bandiera a scacchi scattò all’inseguimento di Jacques Lafitte e Jody Scheckter, partiti dalla prima fila. Dopo che Hunt ebbe un incidente che lo costrinse al ritiro, le cose si misero al meglio per la Ferrari. Neppure una leggera pioggerellina, che indusse gli organizzatori a invitare i concorrenti a rientrare prudentemente ai box per cambiare le gomme, preoccupò soverchiamente Lauda, che continuò del suo passo, fino a chiudere al quarto posto.

Lauda ha oggi 67 anni, mentre Hunt è morto nel 1993 per un attacco cardiaco

Lauda ha oggi 67 anni, mentre Hunt è morto nel 1993 per un attacco cardiaco

Dopo quella corsa miracolosa, Lauda portò a 17 punti il vantaggio su Hunt, che tuttavia vinse i due gran premi successivi, portandosi a sole tre lunghezze dall’avversario in vista della prova conclusiva, programmata in Giappone. Qui, un nubifragio ritardò la partenza di oltre un’ora e continuò a imperversare durante tutta la gara, di cui Lauda non vide la fine. Dopo solo due giri, il raziocinio e un residuo di paura gli consigliarono di rientrare ai box. In condizioni estreme, la gara proseguì e, con la conquista del terzo posto, Hunt poté issarsi in vetta alla classifica generale e conquistare l'unico mondiale della sua carriera.

Paolo Bruschi