Lingua italiana, presentata una proposta di legge a Palazzo Vecchio per difenderla

Questo il nome della proposta: “In Italia prima che all’estero: difendere la nostra lingua dalla crescente imposizione dell’inglese e dalla cancellazione delle denominazioni italiane nei toponimi in Alto Adige”


Si è svolta questa mattina a Palazzo Vecchio la presentazione di una proposta di legge per la difesa della lingua italiana. Presenti Fabrizio Di Stefano, deputato di Forza Italia, primo firmatario della Proposta di Legge; Gianni Alemanno – promotore di Azione Nazionale e della campagna per la difesa della Lingua italiana; Alessandro Urzì – Consigliere della Provincia autonoma di Bolzano e principale protagonista della lotta per difendere le denominazioni italiane dei toponimi in Alto Adige; Jacopo Cellai, capogruppo Forza Italia e Marcella Amadio (Portavoce toscana di Azione Nazionale).

Questo il testo presentato in conferenza stampa
“Oggi si aprono a Firenze gli Stati Generali della Lingua italiana, in concomitanza con la XVI edizione della Settimana della Lingua Italiana nel Mondo. Si tratta di lodevoli iniziative del Ministero degli Affari Esteri volte ad approfondire i temi della promozione linguistica e culturale all’estero.
Ma prima di pensare a come promuovere l’italiano all’estero, il nostro Governo dovrebbe impegnarsi a tutelare la nostra lingua dentro il territorio nazionale. Matteo Renzi, il primo Presidente del Consiglio italiano che ha usato un anglicismo (Jobs Act) per intitolare una legge della nostra Repubblica, si presenta oggi agli Stati Generali con due gravi responsabilità sulle spalle.

La prima responsabilità è quella di non fare nulla per frenare la dilagante imposizione di parole e termini inglesi – anzi il Premier se ne compiace come dimostra il caso del Jobs Act – che sostituiscono quelli italiani nella lingua corrente e in quella ufficiale. Oggi sono 4000 gli anglicismi penetrati nell’italiano corrente, mentre viene sempre più imposto l’uso dell’inglese nella vita interna delle imprese, nella comunicazione e negli insegnamenti universitari. Già nel 2014 l’Accademia della Crusca aveva preso posizione contro l’iniziativa di alcuni atenei (in primo luogo il Politecnico di Milano) di far studiare per l’intero corso magistrale le discipline curriculari in inglese. Da allora si sono moltiplicati casi di questo genere da parte di autorevoli Università, al punto da dare corpo alle previsioni secondo cui nell’arco di 80 anni assisteremo al collasso dell’uso della lingua italiana, fino alla sua progressiva scomparsa.

La seconda responsabilità, ancora più pesante e immediata, che grava sulle spalle di Renzi è quella di cancellare per legge, su una porzione di territorio nazionale, l’uso della lingua italiana come accadrà a breve per la toponomastica in Alto Adige.

La riduzione della lingua italiana e delle sue tracce sul territorio, nel nome dei luoghi, a merce di scambio in vista del Referendum costituzionale (la Svp si è impegnata a livello locale a votare il prossimo 4 dicembre per il SÌ, il Primo ministro Renzi a cedere alla richiesta del partito etnico di lingua tedesca di cancellare le dizioni italiane di migliaia di località di montagna) mortifica gli Italiani ai quali viene chiesta la rinuncia al diritto di potere usare la propria lingua in Italia.

Si tratta, in chiave strettamente locale, della rinuncia al dettato stesso dello Statuto di Autonomia la cui prima pietra fu segnata dalla firma dell’Accordo fra De Gasperi e l’austriaco Gruber che sanciva il mantenimento dell’Alto Adige all’Italia nella salvaguardia della integrità culturale e sociale della minoranza di lingua tedesca promossa anche attraverso il riconoscimento del bilinguismo assoluto, in ogni campo, toponomastica compresa. Oggi, a cinquant’anni dal quell’Accordo, Matteo Renzi accetta invece di rinunciare al bilinguismo, o meglio rinunciare alla lingua italiana, cancellando il diritto all’uso di denominazioni storiche italiane tradizionalmente utilizzate dalla popolazione locale e dai turisti.

La trattativa in atto all’interno della Commissione paritetica detta dei Sei composta da rappresentanti nominati dal Governo e dalla Provincia autonoma su quanti nomi cancellare, in un segreto che sconcerta l’opinione pubblica (prima di essere posti di fronte al fatto compiuto di una norma di attuazione del Governo che fisserà il punto di non ritorno) va denunciata con lo spirito di chi ritiene che il valore dell’identità e dell’unità nazionale non può essere barattato con una manciata di voti tedeschi dall’Alto Adige per fare vincere il SÌ.

Per questi motivi oggi presentiamo una Proposta di Legge, primo firmatario l’on. Fabrizio di Stefano di Forza Italia, per la “Tutela e valorizzazione della Lingua italiana”, che oggi sarà consegnata ufficialmente all’Accademia della Crusca e che nei prossimi giorni verrà messa a disposizione di tutti i Deputati che, a prescindere dall’appartenenza politica, la vorranno firmare.

La Proposta di legge parte dall’affermazione che la lingua italiana è la lingua ufficiale della Repubblica, un principio fondamentale assente dalla Costituzione, che paradossalmente viene enunciato solo nella legge n. 482/99 sulla tutela delle minoranze linguistiche storiche. Come conseguenza è previsto l’inserimento della lingua italiana all’interno della definizione del patrimonio culturale presente nel Codice dei beni culturali e del paesaggio, garantendo così i presupposti costituzionali alla tutela e valorizzazione della lingua italiana.

Poi la Legge garantisce l’utilizzo della lingua italiana nella fruizione di beni e servizi, nell’informazione e comunicazione, nelle attività scolastiche e universitarie, nonché nei rapporti di lavoro e nelle strutture organizzative degli enti pubblici e privati. Si tratta di previsioni rigide che però rappresentano, come nella Legge francese Toubon, un argine alla dilagante imposizione di termini inglesi al posto di quelli italiani e uno strumento per rimuovere le barriere linguistiche che limitano la partecipazione dei cittadini italiani alla vita collettiva.

Nell’art. 6 è previsto l’istituzione del Consiglio superiore della lingua italiana, a cui si attribuisce il compito di svolgere un’attività d’informazione e di formazione della coscienza linguistica a tutti i livelli. Questa proposta mira alla salvaguardia e alla valorizzazione della lingua italiana, anche sull’esempio offerto da diversi Paesi europei che si sono dotati di organismi ufficiali di tutela. La Svezia dal 1944 ha istituito il Consiglio della lingua svedese, destinato alla promozione della lingua e alla prevenzione del suo degrado. La Norvegia ha fondato ad Oslo, nel 1975, un Centro di cooperazione per la tutela delle lingue nordiche. Ma si possono citare anche le pubblicazioni del Consiglio superiore della lingua francese e la collana di opere grammaticali dedicate alla lingua nazionale inaugurata nel 1994 dalla Real Academia Española.

L’Art.7 modifica la legge 15 dicembre 1999, n.482 sulla tutela delle minoranze linguistiche storiche, per garantire che qualsiasi intervento per adottare toponimi conformi alle tradizioni e agli usi locali, non diventi uno strumento per cancellare la denominazione italiana di tali toponimi. Questa tassativa disposizione si rende necessaria per contrastare il tentativo condotto nella Provincia autonoma di Bolzano di cancellare centinaia di toponimi in lingua italiana, squilibrando ancor più a favore della lingua tedesca il bilinguismo previsto in quella zona.

L’Art.8 prevede l’approvazione da parte del Governo di un decreto legislativo per attuare i principi contenuti nella presente legge nonché per stabilire la composizione e il funzionamento del Consiglio superiore della lingua italiana.

La presentazione di questa Proposta di Legge nella stessa sede degli Stati Generali è allo stesso tempo un contributo propositivo e il primo atto di una campagna politica di protesta contro l’inerzia del Governo nella difesa della lingua italiana sul territorio nazionale”.

Fonte: Comune di Firenze - Ufficio Stampa

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