Spandimento dei fanghi in Valdera, la posizione di Slow Food Toscana

Quanto sta avvenendo in Valdera con l'indagine Demetra che vede 31 soggetti indagati, a vario titolo, per i reati che vanno da attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti, alla truffa ai danni di un ente pubblico, alla falsità ideologica, ci obbliga a una riflessione sulla gestione della preziosa risorsa che è il suolo.

Non entriamo nel merito dell'inchiesta che farà il suo corso auspicando che chi ha sbagliato, se sarà riconosciuto colpevole, sia messo in condizione di non nuocere più, ma come Slow Food Toscana ci preme sottolineare l'importanza che hanno i suoli per la nostra salute e di come dovrebbero essere messi al centro del ragionamento di tutti noi, e in particolare dal Legislatore.

La produzione di cibo di tutto il mondo deriva per il 99% direttamente o indirettamente dal terreno, quello stesso terreno che filtra l’acqua piovana e la rimette in circolo pulita e potabile, regola il clima, ed è una riserva fondamentale di carbonio e di biodiversità.

Il suolo è composto per metà da minerali sotto forma di sabbia e argilla, per il 20% da acqua e 20% aria, il restante 5-10% è materia organica, radici e piccoli organismi viventi che frantumano il suolo, decompongono la materia organica favorendo il nutrimento delle piante grazie al rilascio di azoto, restituendo humus e sostanze minerali semplici e fondamentali per la fertilità. Un suolo che presenti sostanza organica in una percentuale inferiore del 2% è un terreno degradato.

Lo sfruttamento intensivo e l'utilizzo di fertilizzanti chimici, antiparassitari e pesticidi, impoverisce il terreno, ne riduce la struttura e la biodiversità portando al deterioramento della qualità ambientale dei terreni agricoli e alla produzione di alimenti sempre meno competitivi. Alla luce di questo, si è dato il via alla procedura

dello spandimento di fanghi – sulla cui origine e lavorazione non stiamo qui a spiegare - pensando che questi potessero ridare sostanze organiche al terreno e allo stesso tempo integrare i miseri redditi degli agricoltori, ma in alcuni casi, come in particolare nel caso della Valdera, stando ai riscontri di indagine effettuati dalle Fiamme gialle, senza sapere quali sostanze vi fossero all'interno di questi fanghi, come la riscontrata presenza di metalli pesanti.

Secondo Slow Food Toscana, alla luce di quanto accaduto, vi è urgenza che la Regione Toscana emani un decreto più restrittivo rispetto al DLGS 99/1992 sullo spandimento dei fanghi in agricoltura e sul riconoscimento di contributi alle aziende che lo praticano, per ripartire da una valutazione più ampia relativamente alla tutela dei suoli anche attraverso le necessarie forme di controllo.

Occorre poi ripensare completamente gli attuali metodi di produzione di un sistema ampiamente dimostratosi fallimentare che reclama sovvenzioni e impoverisce oltre ai terreni, in primo luogo gli agricoltori, soprattutto quelli con aziende di piccole dimensioni e frazionamento accentuato, costretti a competere con un mercato globale – che può vantare situazioni aziendali ben più favorevoli – e dove la concentrazione della domanda in mano a pochi impone loro prezzi insostenibili in un mercato in cui i cereali sono ormai diventati commodity (ovvero bene indifferenziato il cui prezzo viene determinato dal mercato).

Occorre - a nostro avviso – infine riconvertire i territori con un salto culturale difficile da comprendere, per tornare a lavorare a filiere locali che siano pensate in funzione di un consumo locale con prodotti di qualità, in maniera che queste possano diventare fonte di attrazione non solo per la comunità di appartenenza, che contenga anche la ristorazione collettiva e convenzionale, ma che possa essere utilizzata anche come fonte di interesse dall'esterno.

Per realizzare tutto questo è necessario superare il modello di agricoltura così come si è arrivati a concepirlo oggi, per adottarne uno più sostenibile che permetta agli agricoltori di ritrovare dignità grazie a un’agricoltura di qualità non sovvenzionata che produca alimenti tradizionali fortemente legati al territorio e che quindi ne esprimono il terroir. Laddove per terroir si intende una delimitata area geografica le cui condizioni climatiche, fisiche, chimiche e naturali, unite all’interazione dell’uomo permettano la coltivazione di un prodotto agricolo identificato grazie alle caratteristiche, uniche, della propria territorialità.

Occorre fare un cambio di marcia nella direzione del rispetto delle leggi della biologia dei suoli, delle piante e degli animali, che parta dalla loro salute, ne valorizzi le produzioni che rispettano il legame con il territorio e che porti a un modello diverso di rapporto tra agricoltori e cittadini che consenta il benessere dei

primi, la salute dei secondi e la salvaguardia delle risorse naturali e della biodiversità per i nostri figli. A questo scopo sono anche favoriti i gruppi di acquisto solidale, i mercati della terra, dei produttori per un incontro diretto con i cittadini.

Come si preserva la fertilità dei suoli?

Lo spiega la Fondazione Slow Food per la Biodiversità Onlus

Il suolo è un ecosistema vivo e complesso, il cui equilibrio deve essere conservato, per questo l’obiettivo non può essere la massimizzazione delle rese agricole, ma la conquista di una buona produttività sul lungo periodo, grazie all’adozione di pratiche agroecologiche che:

* limitino le monocolture e adottino varietà e cultivar locali.

* autoproducano i semi e i materiali di propagazione.

* usino compost e fertilizzanti organici o deiezioni degli animali.

* riducano o eliminino le arature profonde e ingiustificate.

* usino pacciamature, rotazioni delle colture, controllando infestanti, parassiti e mettendo a dimora cover crops (colture di copertura, come lupino, erba medica, favino, importanti per fissare l’azoto nei periodi di riposo dei terreni).

* contengano al minimo indispensabile l’impiego di sostanze chimiche di sintesi (es. antiparassitari) ricorrendo il più possibile alla lotta biologica.

L’agroecologia produce suoli fertili, ricchi di materia organica (carbonio), mantiene le superfici del suolo coperte di vegetazione, richiede meno input chimici, preserva la biodiversità e, valorizzando vecchi sistemi di coltivazione, rende i suoli meno soggetti all’erosione e alla desertificazione.

Fonte: Ufficio stampa Slow Food Toscana

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