Arezzo, Vernissage mostra 'Animas formatae infundo terrae'

Una mostra nella mostra è quanto propone l’Associazione Ailanthus che, con il patrocinio della provincia di Arezzo, Ancos di Confartigianto persona e Associazione dei Commercianti.

Da venerdì 3 marzo al domenica 19, nell’Atrio d’Onore del palazzo della provincia, ad ingresso libero sarà possibile immergersi fra le tele del pittore biturgense, Van Ozner, che propone ben venti lavori, acrilico e smalto, e fare slalom fra le sette sculture dello scultore/geologo, Giuseppe Di Tommaso, che è presente con sette teste in pietra (calcareniti, flysch e calcari).

Entrambi gli artisti, sebbene apparentemente distanti hanno, invece, molti punti di contatto. Tutti e due traggono ispirazione dal mondo naturale. Se Val Ozner scandaglia il rapporto fra natura e mistero attraverso morbide luminosità e straordinario senso del colore facendo emergere dalle delicate e trasparenti membrane figure astratte, frammenti archeologici e, soprattutto, reperti ossei di animali e fossili. Un ricco mondo interiore quanto fantastico che affiora stimolato da ricordi di fanciullo e da una buona dose di fantasia.

Mentre lo scultore/geologo lucano, per la prima volta, presenta al pubblico una piccola e selezionata raccolta di sette pezzi raffiguranti teste di guerrieri achei.

Fortemente influenzato dalla sua terra, quella Magna Grecia in cui è nato e dalla quale trae ispirazione per infondere nuova vita alla materia informe concedendo alle sue opere fisionomie espressive radicali, forti e sicure; anzi, quasi primitive e ruvide a volte spigolose o, addirittura, solo abbozzate.

Per entrare sintonia, la lettura che lo spettatore deve dare all’opera che ha di fronte a se e che è uscita dalla semplice ed umile pietra (calcareniti, flysch e calcari) ovvero sassi raccolti nell’alveo di fiume o recuperati dai scavi di cantiere, deve essere fluida oltre che carica di individualità e irripetibilità fino a toccare le corde dell’interiorità e dell’esistenza. Perché ciò che ha davanti e che osserva è una scultura viva che ha raccolto e trattiene l’energia profonda dell’ultimo atto. Anche la plasticità, che rispetta la perimetrazione della forma originaria, contribuisce a esaltare la primitiva forma e bellezza. Ugualmente i particolari, quelli dei volti, non solo sono appena visibili, ma risultano essere una sintesi di un segno non segno.

Il nostro, non ha né studi né impostazione accademica, ma asseconda un sentire interiore che egli coglie osservando l’umile pietra che poi raccoglie e sbozza per far affiorare quell’anima lì prigioniera. Ridare fiato, vita e luce alla materia informe ed anonima è quasi una missione che interpreta con sobrietà e accuratezza. Il fatto poi di scolpire volti, il cui modello richiama le maschere di guerrieri che l’arte micenea ha tramandato, è sicuramente originale perché, attraverso quelle espressioni apparentemente severe, egli racconta questa nostra poco poetica contemporaneità.

Fonte: Ufficio Stampa

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