Skype in carcere, Maggiani Chelli: "Il ministro non ci tranquillizza"

"Pur ringraziando il ministero della Giustizia per la risposta, con tutta la buona volontà del mondo non riusciamo a tranquillizzarci". Così Giovanna Maggiani Chelli, presidente dell'Associazione tra i familiari delle vittime della strage di via dei Georgofili, torna a criticare il disegno di legge in discussione alla Camera sull'uso di skype in carcere. Se, come sostiene il ministero "la tecnologia offre oggi nuove possibilità di comunicazione" anche "la mafia in carcere - aggiunge Maggiani Chelli - potrebbe utilizzare skype per favorire le relazioni familiari". "La mafia, 'cosa nostra', ha usato quasi 1000 chili di tritolo nel 1993 per arrivare 'a favorire le relazioni familiari' al 41 bis, oggi lo sta per ottenere e solo questo conta per le 'famiglie' mafiose - prosegue -. Se poi con la gentile nota di risposta il ministero ci vuole dire che Salvatore Riina, Leoluca Bagarella, i fratelli Graviano e tutti gli altri utilizzatori di tritolo di via dei Georgofili, non avranno skype e sconti, lo dica chiaro, perché noi non lo abbiamo capito e i timori restano tutti insieme alle nostre prese di posizione". "Del resto la notte del 27 maggio 1993, proprio con le allora più sofisticate tecnologie in mano, giusto i primi telefonini introdotti in Italia di cui erano muniti, i mafiosi di 'cosa nostra', oggi in regime di 41 bis, hanno potuto avere buon gioco su tutte quelle attenzioni che i ministeri preposti dovevano prestare, e noi l'abbiamo pagata troppo cara", conclude la nota della presidente.

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