Toscani in giro: Elena Giani, Empoli-Shangai per studio e forse per la vita

Elena Giani

Nella nostra rubrica Toscani in giro non capita spesso di intervistare studenti perché la loro permanenza è spesso breve, dedicata agli esami e sembra difficile riuscire a capire un intero mondo in pochi mesi. Però non potevamo lasciarci scappare qualche domanda ad Elena, empolese finita veramente in capo al mondo per seguire i suoi studi da mediatrice linguistica in Cina. La Grande Muraglia non sarà certo bella come piazza Farinata degli Uberti, si potrebbe ironizzare. Ma bando alle ciance, lasciamo parlare lei: ecco l'intervista.

Nome e Cognome: Elena Giani
Anni: 24
Cresciuta a: Empoli
Studi: Laurea in mediazione linguistica
Residenza e professione: residente a Empoli, al momento studentessa presso la Shanghai International Studies University
Prima esperienza all'estero: Prima della Cina, una breve permanenza a Los Angeles

Perché hai deciso di andare all'estero?
Avendo scelto di studiare le lingue mi è sempre stato chiaro che presto sarebbe stato necessario “volare via dal nido” e avventurarmi in un paese straniero.

Gli stessi professori dell’università di mediazione linguistica, oltre ad invitarmi continuamente ad avere uno sguardo su cosa succedesse al di fuori del Bel Paese, mi hanno sempre ripetuto che una lingua non può essere studiata solo sui libri. Si possono studiare gli aspetti teorici, si può imparare una professione, ma poi c’è bisogno di fare un’immersione totale nel Paese di cui si sta studiando la lingua.

La scelta di venire proprio in Cina è stata dettata dal fatto di aver ottenuto una borsa di studio da un’università cinese, tramite l’aiuto della mia carissima professoressa Mao della SSML di Pisa. Un’occasione che non potevo certo lasciarmi scappare.

Quali sono le principali differenze fra il mondo delle scuole e dello studio, in Italia e all’estero?
La più grande differenza per me è stata passare da fare la pendolare tra Empoli e Pisa, vivendo quindi coi miei genitori e spostandomi all’università solo per seguire le lezioni, a vivere nel dormitorio di un grande campus universitario, quello della Lanzhou Jiaotong University.

All’interno dei campus cinesi si trovano le mense, dei piccoli supermercati, palestre, banche, negozi di telefonia, perfino parrucchieri.

In più ci sono moltissime iniziative che aiutano a creare un vero senso di comunità tra studenti, come festival o gare sportive.

Qua la vita dello studente è interamente concentrata sullo studio e per i ragazzi cinesi la pressione è molta.

La vita e il lavoro all'estero sono diversi dall'idea che ti eri fatta prima di partire?
Non mi ero fatta un’idea troppo specifica su come sarebbe stato studiare in Cina, ma forse perché non ne sapevo più di tanto. Ho preferito “buttarmi” e vedere come andava, sicuramente non sono rimasta delusa.

Cosa ti manca dell'Italia?
Quando sono all’estero la mia identità di italiana si fa sentire moltissimo e quello che più mi manca cerco di portarlo sempre dentro di me.

Durante gli ultimi giorni mi sono trovata a dover organizzare una sorta di “tour” della Toscana per degli amici stranieri che mi verranno a trovare tra poco. Solo così mi sono resa conto di quanto sia impossibile trasmettere in pochi giorni l’insieme di bellezze naturali, cibo, storia e cultura del nostro Paese.

Prima di partire per l’Asia non sapevo niente di paesi come Turkmenistan o Kazakistan, invece i ragazzi che vengono da questi Paesi così lontani mi stupiscono sempre con la loro ammirazione per l’Italia, menzionando città, pietanze e musica lirica italiana.

Se c’è una cosa che mi manca in particolare però è il formaggio. Quando tornerò penso che grattugerò parmigiano all’impazzata su qualsiasi cosa.

Torneresti a lavorare in Italia?
Il pensiero di dovermi avventurare nel mondo del lavoro italiano non mi crea molto entusiasmo, ma sono comunque convinta di voler provare a trovare la mia dimensione lavorando in Italia.

Hai qualche aneddoto sulla permanenza all'estero?
Di cose assurde in Cina se ne vedono tutti i giorni, ci si abitua a veder passare biciclette che sfidano la legge della gravità trasportando oggetti di dimensioni enormi e in quantità esagerate, così come ci si abitua all’usanza dei cinesi di sputare in modo rumoroso per “ripulire” le vie respiratorie. Perfino bere acqua calda come rimedio a tutti i mali ormai fa parte della mia routine.

Una volta però mi è successa una cosa che fatico ancora ad interpretare. Mi trovavo in una piscina frequentata perlopiù da vecchiette, quando mi rendo conto di essermi scordata le chiavi dentro all’armadietto. Col mio cinese scarsissimo vado a chiedere aiuto all’ayi (letteralmente “zia”: così vengono chiamate tutte le donne che fanno le pulizie o lavorano come custodi, portinaie, etc.)

La ayi mi restituisce le chiavi, io ringrazio mille volte e poi mi vado ad asciugare i capelli. A quel punto non so cosa può aver pensato la ayi, forse che sono una straniera sbadata che non è in grado di badare a se stessa, perché si è avvicinata e, prendendomi il phon dalle mani, ha iniziato a spazzolarmi e asciugarmi i capelli lei. Una volta finito mi ha sorriso e se n’è andata. Un gesto così affettuoso e intimo da parte di una sconosciuta mi ha un po’ spiazzata, ma pochi giorni dopo una mia amica mi ha raccontato un aneddoto simile che le è capitato: una vecchietta si era messa a pulirle amorevolmente il viso con un fazzoletto perché lei non si era accorta di essersi sporcata mangiando.

Non capisco esattamente cosa possa aver voluto dire quel gesto, ma so che in quel momento ho avuto tanta voglia di riabbracciare le mie nonne.

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