Aggressione all'Ambrogiana, gli studi della criminologia sulla vittima e sulle sofferenze conseguenti

Tutto è successo tra la notte di venerdì 13 ottobre ed i primi albori del sabato. La ragazza di 17 anni, è stata ritrovata alle ore 7 nel Parco dell’Ambrogiana a Montelupo. Giaceva a terra in una pozza di sangue con alcune ferite alla testa. Secondo i rilievi della scientifica, sarebbe stata aggredita e poi trascinata per 150 metri. Dalle ricostruzioni risulta che abbia passato la notte al Jump Rock, noto locale di Montelupo Fiorentino. Ed è proprio lì, che sarebbe avvenuta una lite che ha portato la giovane ad allontanarsi. Gli amici hanno cominciato a cercarla, e non trovandola, si sono rivolti al commissariato di Empoli. E’ stato un passante che intorno alle 7 ha notato la diciassettenne a terra vicino ad una panchina. Fortunatamente qualcuno che ha visto qualcosa c’è. Uno dei residenti del maxi-condominio di via Caverni (che si affaccia in parte sul viale), è stato infatti svegliato da un grido. Si è affacciato alla finestra e ha visto in lontananza una persona – che indossava una felpa rossa – «immobile a tal punto – ha raccontato – da insospettirlo. Perché non aveva un cane con sé e non stava facendo jogging».

Gli inquirenti, ad oggi, sembrano non escludere nulla: vendetta, litigio finito male, spedizione punitiva, rapina. In questi giorni gli investigatori hanno ascoltato la testimonianza della giovane, presente in ospedale anche il PM titolare dell’indagine ed una psicologa per supportare la vittima. Ed eccola qua la parola chiave: la vittima.

Per lungo tempo la vittima di reati è stata ignorata ed è rimasta estranea all'interesse dell’opinione pubblica, della dottrina criminologica e della ricerca empirica. Almeno fino agli anni 30-40 del '900, l’attenzione è stata quasi esclusivamente rivolta all'autore del reato ed alla natura del reato stesso. La nascita della vittimologia come scienza empirica viene fatta coincidere con il 1948, anno di pubblicazione del libro “The Criminal and His Victim” di Von Hentig, considerata la prima importante opera in ambito vittimologico. Tali studi sono stati diretti a comprendere, da un lato, gli elementi, le qualità od i modi di essere peculiari o caratterizzanti l’individuo vittima, e dall'altro, il rapporto fra soggetto attivo e soggetto passivo del reato alla ricerca dei fattori e del momento criminogenetico.

[Attenzione: entrando in un ambito strettamente tecnico, il termine vittimizzazione non si deve confondere con il vittimismo, cioè il 'fare la vittima'. Si intende invece una mortificazione imposta, contro la quale non è possibile far nulla].

Pertanto, più precisamente, con essi si è tentato di rispondere, essenzialmente, a questi interrogativi: qual è il ruolo svolto dalla vittima nel reato, quali sono le conseguenze della vittimizzazione, i danno che derivano dal reato, quali sono le categorie di vittime che per la loro particolare vulnerabilità possono essere, più di altre, oggetto di vittimizzazione, quali possono essere le modalità per tutelare le vittime di reati.

Ecco così, che finalmente, si è sviluppato uno studio a tutto tondo della vittima comprendente il rapporto con l’aggressore, il contesto ambientale, la fenomenologia della vittima e le conseguenze sul piano fisico, psicologico e sociale. Dalle ricerche svolte sul “danno primario” subito dalle vittime emerge che molti reati, pur determinando danni economici piuttosto limitati, possono produrre conseguenza rilevanti a danno della persona offesa. In particolare alla vittimizzazione seguono spesso insicurezza, collera, paura, vergogna e depressione, le quali possono anche condurre a gravi forme di patologia cronica.

Le vittime oltre al danno primario, subiscono un “danno secondario” derivante da atteggiamenti negativi assunti da amici, parenti, familiari, nei loro confronti. Tra questi atteggiamenti si annoverano anche una mancanza di supporto ed a volte persino una vera e propria condanna morale. E’ bene ricordare, invece, che un supporto a 360 gradi nei confronti delle vittime è più che doveroso, sempre. Specialmente se, nel caso dell'aggressione avvenuta a Montelupo, parliamo di una minorenne.

Giulia Meozzi

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