A Vinci Pietro Ichino racconta Don Milani: "Io testimone dei suoi valori"

“Trasparente e duro come un diamante, doveva ferire e ferirsi”: così diceva di don Milani il suo confessore don Raffaele Bensi. E questo è avvenuto negli anni di S. Donato, di Barbiana e poi dopo!

Ci sono voluti 50 anni per vedere appieno quanta luce “questa pietra preziosa” abbia saputo rilanciare in tutti campi, dalla scuola al sindacato, dalla politica alla Chiesa. Come un diamante puro e ricco di colori, don Lorenzo ha saputo trasmettere luce, ha ridato ai poveri la parola. Guardando al Vangelo ed alla Costituzione, i due riferimenti della Scuola di Barbiana, ha intuito che senza la parola non c’è dignità, libertà, giustizia.

Alla Biblioteca Leonardiana di Vinci venerdì 17 novembre è stata esaminata questa ricchezza di don Milani. La stessa ricostruzione del libro di Michele Gesualdi (“Don Lorenzo Milani. L’esilio di Barbiana”), uno dei primi sei allievi di don Lorenzo ed oggi malato di Sla, ha permesso di conoscere meglio questa esperienza. Sua figlia, Sandra Gesualdi, ha evidenziato come da un non luogo come Barbiana sia venuto fuori un miracolo, solo per aver creduto alla dignità di quei miseri contadini e boscaioli.

Pietro Ichino, in veste non di politico ma di ragazzo che a 9 anni ha conosciuto nella sua casa di Milano don Lorenzo ed i suoi ragazzi, ha valorizzato la determinazione di questo prete non etichettabile come pure il suo affetto verso i suoi ragazzi. Lui stesso ne è stato segnato nel corso della sua vita.

Ai ragazzi della sua scuola don Milani ha lasciato un testamento singolare: “Ho voluto più bene a voi che a Dio, ma ho speranza che lui non stia attento a queste sottigliezze e abbia scritto tutto al suo conto”. Ma singolare è, del resto, il testamento lasciato al nostro tempo, al nostro prossimo futuro!

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