Villa Bibbiani a stelle e strisce: cosa ne sarà del parco storico di Capraia e Limite?

bibbianiLa notizia è giunta poco prima di Natale: dopo ben 80 anni di conduzione da parte della famiglia del Gratta, la bellissima Villa di Bibbiani di Capraia e Limite viene rilevata da una coppia di coniugi americani.

Nulla di nuovo mi direte, non è certo una novità quella dello straniero che, per fortuna o sfortuna, viene ad investire nel nostro paese. Ma forse non tutti sanno che questa proprietà privata nasconde al suo interno un vero e proprio patrimonio botanico di pregio, uno dei giardini di acclimatazione più importanti d’Italia.

Situata sulle pendici meridionali del Montalbano, in una zona già teatro di insediamenti etruschi, conobbe il suo massimo splendore nel 1800 grazie al marchese Cosimo Ridolfi, uomo politico ma soprattutto esperto agronomo. Fu lui a rendersi conto che il parco circostante la villa scendeva a valle in due direzioni opposte, ognuna col suo specifico clima e habitat: un versante più ombroso e fresco, l’altro più soleggiato e riparato. Nella parte a nord venne naturale concepire un giardino all’inglese (detto anche “romantico”), caratterizzato da ampi prati e boschetti dall’aspetto semi-naturale e arricchito da piccole costruzioni (fabriques) come il famoso Arco dell’Uomo (si pensa che quest’arco permettesse l’accesso a coloro che provenivano dalle rive dell’Arno). La parte a sud fu invece convertita per metà a giardino all’italiana, formale e geometrico, arricchito da arte topiaria e un teatro di verzura, e metà destinato ai suoi esperimenti di acclimatazione.

La passione per le piante esotiche che Cosimo imparava via via a conoscere durante i suoi numerosi viaggi all’estero, gli fece tentare l’impresa di introdurre in Italia piante abituate a climi e terreni diversi dai nostri. Come egli stesso scrisse “le mie prove largamente fruttarono, […] rendendo nostrani ormai pianti d’ornamento che prima reputavansi intolleranti al nostro gelo o alla nostra canicola”. Secondo un catalogo che egli stesso curò, erano 647 le specie o cultivar coltivate in pien’aria e 1500 in serra: fra queste cedri del Libano, un cedro da incenso, un abete del Caucaso e anche una Hovenia dulcis originaria della Cina. La collezione più prestigiosa dell’epoca era senza dubbio quella delle camelie con 195 tra specie e varietà di cui oggi purtroppo rimane molto poco.

Ma la passione ridolfiana per le collezioni botaniche è stata perpetuata anche dai precedenti proprietari che hanno insediato qui un florido vivaio di conifere rare che ho avuto la fortuna di visitare durante i miei studi universitari. Un vero spettacolo trovarsi di fronte a maestose sequoie o a pini che crescono spontaneamente solo nel continente americano! sequoiaDurante questi ultimi anni la villa è stata aperta al pubblico solo in rare occasioni. Cosa decideranno i nuovi padroni? Io mi auguro che il vivaio continui a svolgere la sua importantissima funzione e produzione ma spero anche si trovi il modo di permettere una maggiore fruizione del parco, un vero e proprio patrimonio del nostro territorio che non può rimanere nascosto.

Vi lascio con una polaroid macro che scattai ad una delle pigne esotiche del parco.

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Ilaria Mancini

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