Processo Davide Trentini, Marco Cappato e Mina Welby alla Corte d'Assise di Massa

Mina Welby e Marco Cappato (foto da Facebook)

Marco Cappato e Mina Welby, rispettivamente Tesoriere e Co-presidente dell’Associazione Luca Coscioni, compariranno il prossimo 22 ottobre alle ore 9.00 dinanzi alla Corte D’Assise di Massa per il primo atto del processo “Davide Trentini”. Entrambi saranno chiamati a rispondere del reato di istigazione e aiuto al suicidio, sotto forma di concorso, fornito all’ex barista toscano. Un procedimento basato sulle indicazioni comprese da un codice risalente al periodo fascista, prima ancora della nascita della Costituzione, quando le libertà individuali non avevano vissuto la “primavera” dei diritti civili. Infatti, moltissimi articoli di quel codice sono stati poi aboliti per adeguare la nostra normativa penale allo spirito del tempo.

In pochi conoscono la storia di Davide Trentini. Davide era malato di sclerosi multipla dal 1993. Aveva 53 anni e la sua vita, segnata da una salute progressivamente sempre più deficitaria, era diventata un calvario. Per questo ha contattato prima Marco Cappato e poi Mina Welby, per poter conoscere come accedere alla morte volontaria in Svizzera. Dopo vari incontri e dopo l’aiuto di Mina nello sbloccare alcune procedure burocratiche - svolgendo anche il delicato ruolo di interprete in lingua tedesca con la medesima clinica elvetica - Davide ha ricevuto il cosiddetto semaforo verde.

In un messaggio di saluto, che ha voluto lasciare attraverso l’Associazione Luca Coscioni per spiegare e rendere pubblica la sua decisione, ha detto: “Basta dolore”. “La cosa principale è il dolore, bisogna focalizzarsi sulla parola dolore. Tutto il resto è in più”.
Così il 13 aprile 2017 in una clinica di Basilea, accompagnato da Mina Welby, ha scelto l’eutanasia, attraverso il suicidio assistito. Si tratta, nello specifico, di una forma di eutanasia, legale in Svizzera, dove a seguito di un iter strettamente regolamentato, e sotto controllo medico, la persona che ne fa richiesta autonomamente si somministra il farmaco, senza intervento di terzi.

Il giorno dopo Mina Welby, che gli era stata affianco e d’aiuto nel viaggio, e Marco Cappato, che aveva raccolto, attraverso l’associazione Soccorso Civile Sos Eutanasia di cui fanno parte entrambi insieme a Gustavo Fraticelli, i fondi mancanti per pagare la clinica Svizzera, si sono presentati presso la Stazione dei carabinieri di Massa per autodenunciarsi. Anche in questo caso, come in quello di Dj Fabo, una disobbedienza civile volta a mettere sotto processo l’art. 580 del codice penale, rubricato “istigazione o aiuto al suicidio”, che sostanzialmente vieta in Italia l’aiuto all’atto di morte volontaria consentito in Svizzera.

L’autodenuncia di Mina Welby e Marco Cappato ha aperto un nuovo fronte processuale che mette in gioco la loro libertà: violare l’art. 580 del codice penale, infatti, significa poter essere condannati dai 5 ai 12 anni di reclusione.

Fonte: Ufficio stampa



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