Già 'categoria protetta', dopo altro intervento altro disguido con l'Inps: la storia raccontata a 'Dillo a Iacopo'

Le tutele dei disabili sul posto di lavoro non sempre sono garantite, soprattutto se ci troviamo nel settore privato anziché in quello pubblico. Una 'categoria protetta', si sa, richiede attenzioni non solo dal punto di vista pratico e logistico, organizzativamente parlando, ma anche un maggior impiego di risorse economiche. Immaginatevi ora se l'assenza di tutela si manifestasse in seguito ad uno spiacevole episodio di mala-sanità: la beffa delle beffe! Ci racconta la sua disavventura la nostra lettrice Francesca, ricordandoci tra l'altro quanto le tempistiche siano fondamentali. Addirittura salva vita.

"Ciao Iacopo, ti leggo sempre e ogni tanto ti scrivo. Volevo raccontarti la mia ultima 'barzelletta'. Prima ti riassumo la situazione. Io ho un'invalidità dell'85% per diabete e alcune sue conseguenze e per un piccolo disturbo di natura psichiatrica. A luglio 2016 mi sono rotta il calcagno. Mi operano e mi mettono dei ferri. Dopo poco la ferita esterna si infetta. Faccio notare la cosa e chiedo se non sia il caso di fare una biopsia ossea. Mi dicono che non è necessario e che basta fare il tampone. Io chiedo espressamente "ma il tampone vede solo il tipo di germe esterno e se invece l'infezione avesse intaccato anche l'osso?". Risposta: "non si preoccupi, basta il tampone".

Io resto perplessa. Una volta confermata l'infezione esterna vengo ricoverata x 1 mese per fare la terapia antibiotica per via endovenosa. Chiedo nuovamente della biopsia e suggerisco di fare una risonanza o una tac per vedere la situazione interna. Mi rispondono che non servono. Ok. Peccato che il giorno delle dimissioni mi dicono di prenotare la RMN. Ok. Lo faccio. Seguendo i tempi non rapidi della sanità. Visto che nessuno mi mette l'urgenza. Avuto l'esito lo porto al primario di ortopedia che mi stava seguendo. Questi mi dice di fare anche una TAC. E anche in questo caso... senza urgenza! La faccio (ovviamente a pagamento). Porto l'esito al primario. In attesa della visita leggo quello che c'è scritto e, anche se non sono un medico, comprendo benissimo la lingua italiana e capisco che c'é qualcosa che non va a livello osseo. Il primario guarda la TAC, mi dice che c'é un focolaio di infezione all'osso ma che per lui posso riprendere a camminare. Resto basita. Gli chiedo spiegazioni. Lui mi dice che un'infezione latente potrebbe anche non "esplodere" mai.

Gli chiedo cosa accadrebbe invece se dovesse esplodere. Mi risponde di non preoccuparmi per il momento e che nel caso si vedrà. Io non sono per niente tranquilla. Ma provo a iniziare a muovere qualche passo con le stampelle. Ma il dolore lancinante, il piede che si gonfia in modo spropositato mentre diventa rosso scuro mi fanno fermare. Il piede è anche bollente. Mi rivolgo al mio diabetologo che mi manda d'urgenza in un centro specializzato nel piede diabetico. Qui il professore che mi vede, che guarda i miei esami e legge ciò che ha scritto l'altro medico è allucinato. E mi chiede "ma chi è quel co***one che le ha detto di camminare sopra un focolaio di infezione?". Mi fa fare una nuova Tac e sorpresa! Rispetto alla precedente l'infezione si è espansa a tutto il calcagno e alla caviglia. Mi dice che rischio un'amputazione. Paura e rabbia! Ricovero d'urgenza e inizia il via a una serie di interventi invasivi per cercare di salvare la gamba. In questi mi vengono rimosse le ossa infette, messo una specie di cemento e dei chiodi, tolto il cemento e messo al suo posto un innesto di osso. Ultimo intervento fatto il 6 maggio di quest'anno. Ovviamente sono ancora sulla sedia a rotelle perché ora bisogna solo sperare che l'osso attecchisca e non faccia rigetto. La strada è ancora lunga ma... sono grata di avere ancora la mia gambetta, anche se non avrà più la mobilità normale.

Ecco, questo è solo il riassunto. La 'barzelletta' è un'altra. In tutto ciò perdo il lavoro. Non mi viene rinnovato il contratto a fine aprile data la mia assenza prolungata. A metà maggio, dopo questo ultimo intervento, sarei potuta finalmente rientrare. Anche perché il mio lavoro é di tipo impiegatizio. E invece non ne ho avuta l'opportunità. Allora mi muovo per richiedere la Naspi e nel frattempo cerco un lavoro nuovo. Ma l'Inps mi rifiuta la domanda perché senza una dichiarazione scritta del medico io per loro non risulto immediatamente disponibile a iniziare un nuovo lavoro. Ma che diavolo dicono? Che una persona sulla sedia a rotelle non può lavorare e quindi, nonostante io lo abbia fatto fino a luglio 2016, ora non ho nemmeno diritto a percepire l'indennità di disoccupazione?

Comunque mi son fatta fare la dichiarazione, nonostante l'assurdità della situazione. E ora resto in attesa di sapere se L'INPS accetterà la mia domanda. Il mio obiettivo é quello di ricollocarmi velocemente, ma nel frattempo vorrei poter vivere percependo la disoccupazione che mi spetta.

Che dire? Sono solo molto frustrata. Grazie di cuore per tutto quello che fai ogni giorno!"Tutte le notizie di Toscana