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5 maggio 1945, Empoli ricorda la liberazione di Mauthausen

Il gonfalone del Comune di Empoli a Mauthausen

E’ il 5 maggio del 1945, quando un’avanguardia della terza Armata americana entra dalla Porta mongola del campo di sterminio di Mauthausen, quello che la disumana burocrazia nazista aveva classificato come di "classe 3, campo di punizione e di annientamento attraverso il lavoro”. E’ il momento della liberazione di quell’inferno diretto dal comandante Franz Ziereis, tristemente famoso per le sue atrocità che iniziavano subito, quando accoglieva i nuovi arrivati sulla porta dell'inferno con questo agghiacciante discorso: "siete venuti qui per morire, qui non esiste l'uscita ma solo l'entrata; l'unica uscita è dal camino del forno crematorio", e indicava i camini del crematorio. Lo stesso comandante del campo, nel 1942, al diciottesimo compleanno del figlio maggiore, lo armò di un revolver con il quale uccidere quaranta prigionieri. Dopo la liberazione morì il 25 maggio in conseguenza delle ferite riportate durante la cattura dagli alleati e il suo corpo fu appeso dagli ex prigionieri sul filo spinato di una recinzione del campo di Gusen, «oramai priva di corrente elettrica». Mauthausen, una fortezza in pietra eretta nel 1938 in cima a una collina sovrastante la piccola cittadina di Mauthausen a circa venticinque chilometri da Linz, era luogi di atrocità indicibili, uno dei tanti campi tristemente noti dove fu realizzato lo sterminio pianificato a tavolino dai nazisti.
Fu l'ultimo campo ad essere liberato, appunto il 5 maggio, una data che ha un significato particolare per Empoli visto che proprio lì erano finiti i nostri concittadini, deportati dopo i rastrellamenti dell’8 marzo 1944. Accanto alle tradizionali date della memoria (su tutte il 27 gennaio che è la giornata internazionale che ricorda la liberazione di Auschwitz) noi empolesi ricordiamo appunto con particolare trasporto questi due giorni: l’8 marzo ed il 5 maggio. La notte fra il 7 e l’8 marzo 55 empolesi (118 nella zona) furono caricati sul convoglio 32 e deportati nel lager austriaco. Quando il campo fu liberato 17 erano ancora vivi, ma diversi morirono quasi subito sia per difficoltà fisiche che psicologiche. Ci fi addirittura chi trovò la morte semplicemente per aver mangiato, visto che nel campo la razione prevedeva, dopo la sveglia alle 5, un surrogato di caffè senza zucchero come prima colazione, alle 12 una zuppa di verdure essiccate e di rape cotte nell'acqua, la sera circa 30 grammi di pane con un cucchiaino di margarina o di ricotta o una sottile fettina di salame. Nel 1984 la ricerca di Italo Tibaldi sulla deportazione mise in luce che, degli arrestati del convoglio 32 e degli empolesi, ne erano vivi 5 fra cui Saffo Morelli, Nedo Nencioni, Aldo Rovai e Loris Valori. Negli anni 2000, invece, appena tre e l'ultimo a morire è stato Nedo Nencioni.
E ogni anno, per doveroso rispetto della memoria e del giorno della liberazione del campo, una delegazione della nostra zona partecipa alla manifestazione internazionale che ricorda la liberazione. A guidarla l’Aned Empolese-Valdelsa, con lei gli amministratori dei vari comuni con tanto di gonfalone e, soprattutto, i ragazzi delle scuole che hanno così la possibilità di vedere da vicino quanto l’uomo riuscì a concepire in quei posti. I tre pullman sono partiti la sera del 1 maggio e stanno compiendo un viaggio nei vari campi o in quel che resta di questi, molto spesso dei sacrari per ricordare la morte di così tante persone innocenti. Ed oggi partecipano alla manifestazione che ricorda la liberazione del campo e onora la memoria di quanti lì trovarono la più atroce delle morti.
«Chi è sopravvissuto a questa esperienza non muore più!», è il commento di un sopravvissuto innominato a Mauthausen. A noi il dovere di non dimenticare. Mai.

Marco Mainardi

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