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Ponte Morandi, un anno dopo il ricordo di un vigile del fuoco toscano

Alle 11.36 di oggi, 14 agosto, a un anno dal crollo del ponte Morandi di Genova, le campane hanno suonato a lutto in ricordo delle 43 persone morte. La cerimonia si è svolta in una città ancora attonita in attesa della ricostruzione. Una città che sin dal primo momento ha reagito con orgoglio e forza.

Impresse nella memoria le immagini del crollo, il pilone che viene giù, la strada che si sgretola. Il camion verde fermo a pochi metri dal vuoto. La polvere, le urla incredule immortalate nei video in diretta. Subito dopo, l’arrivo dei soccorsi. In prima linea, come sempre insieme a tutti i soccorritori, i vigili del fuoco. I fregi gialli delle uniformi, i caschi e i guanti neri sporchi di polvere hanno sottolineato i movimenti di tanti uomini e donne arrivati da tutta Italia per intervenire in una delle più grandi tragedie italiane dal dopoguerra a oggi.

Anche i vigili del fuoco dei comandi e dei distaccamenti toscani sono intervenuti a Genova per operare e  cercare i sopravvissuti tra le macerie, spostando il meno possibile, in silenzio tra le macerie, 24 ore su 24.

Il Personale del Comando di Firenze e della Direzione Regionale Toscana era lì quel giorno, con il reparto Comunicazione in emergenza, come ad Amatrice, Rigopiano, Catania. Un compito delicato e fondamentale quello del reparto Comunicazione in emergenza, collegato in diretta streaming con il Viminale e con la gestione dei media sul cratere emergenziale.

Abbiamo sentito un vigile del fuoco toscano, che fa parte del reparto Comunicazione in emergenza. Ecco la sua testimonianza.

"Quella mattina ero nel turno in sala operativa. Un collega, che era a Roma, ci ha fatto sapere che era successo qualcosa a Genova, a un ponte. Abbiamo acceso la tv sul notiziario. C’era sovrimpressa una breaking news 'Crolla ponte a Genova', niente altro. Non avremmo mai immaginato una cosa del genere. Dopo pochi minuti è arrivata la richiesta di partire. Io e un mio collega abbiamo caricato il carro regia e siamo partiti. Dopo due ore eravamo lì". 

Il tragitto da Firenze a Genova è fitto di informazioni che arrivano da ogni dove.

"Usciti a Genova ricordo benissimo le immagini del ponte dell’autostrada venendo dalla Toscana, l’ingresso era chiuso dalla polizia stradale. La città era bloccata dal traffico congestionato. Abbiamo azionato i dispositivi di allarme e siamo andati avanti procedendo contromano. Abbiamo attivato subito la diretta streaming con il Viminale per far capire cosa stava succedendo".

Il reparto Comunicazione in emergenza invia le immagini in diretta al Viminale, queste permettono alle sale operative di capire cosa sta succedendo e come intervenire. Tutti i materiali poi sono archiviati e possono essere utilizzati per le eventuali indagini.

"Il problema più importante era quello di non farsi male, con il materiale pericolante. Ci siamo arrampicati a mani nude sui calcinacci per mandare le immagini del recupero della persona che era rimasta imprigionata in un furgone che era ormai un ammasso di lamiere. Poi siamo montati sull’elicottero per le indispensabili riprese dall’alto. Sono rimasto lì per 4 o 5 giorni. Non ho dormito per oltre 48 ore".

La memoria torna inevitabilmente a ripescare attimi, volti, corpi straziati.

"Alcuni momenti di tragedie come il ponte Morandi, Rigopiano, Amatrice, ti colgono di sorpresa all'improvviso nei ricordi.  Sia io che gli altri colleghi non abbiamo guardato in faccia nulla, abbiamo fatto quello che dovevamo. Dopo 48 ore siamo andati a dormire nella Caserma di Genova, insieme agli altri, tutti insieme, una grande famiglia, per poi riprendere a lavorare a dritto poche ore dopo. 

Quando venne giù ponte Morandi c'era un collega libero da servizio che passava lì con la sua macchina, ma è riuscito a restare illeso, l'auto è rimasta in un'intercapedine senza che lui venisse schiacciato. Non puoi fare a meno di pensare alla tua famiglia, ai tuoi bambini. Veder tirare fuori i feriti ti devasta. Riguardare le immagini dell'intervento del ponte Morandi, per cui sono state fatte migliaia di inquadrature, le operazioni dei Sap, le immagini dall'elicottero... ti rimane qualcosa dentro."

Chiarastella Foschini

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