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"Ricerca, documentazione e estro": Massimo Cantini Parrini racconta i costumi di Pinocchio

Massimo Cantini Parrini all'opera per Pinocchio

Il burattino più famoso del mondo viene dalla Toscana, così come colui che ha creato il suo costume nell'ultimo film di Matteo Garrone. Stiamo parlando di Pinocchio e del costume designer Massimo Cantini Parrini.

Definirlo solo costumista è riduttivo, è un vero e proprio artista degli abiti: ha lavorato con il maestro Pietro Tosi e ha realizzato i costumi per i film di Scola, Martinelli, Torre, Virzì e molti altri. Collabora da tempo con Garrone e ha vinto ben tre David di Donatello per le prime tre candidature, inoltre il suo 'palmares' si è arricchito con due Nastri d'Argento, due Ciak d'Oro e soprattutto l'European Film Awards per i costumi di Dogman. Non è famoso come Pinocchio, ma poco ci manca.

In questo periodo è nelle sale il film di Garrone tratto dal libro di Carlo Collodi e che vede protagonista un bel po' di Toscana tra attori (Ceccherini, Benigni, Forconi) e ambientazione (La Fratta di Sinalunga).

Cantini Parrini viene da Firenze, dove ha vissuto e studiato, e adesso è in mostra a Prato al Museo del Tessuto. "L'idea è nata tempo fa", spiega a gonews.it Cantini Parrini, "perché il museo voleva una mostra su di me e ne sono contento. L'uscita di Pinocchio ha dato il tema. Il burattino piace a tutti e coinvolge anche i più piccoli". Oltre trenta costumi del film, indossati tra gli altri da Gigi Proietti e Roberto Benigni, saranno in mostra fino al 20 marzo 2020.

Parlando del film, Cantini Parrini racconta il lavoro dietro a Pinocchio: "Mesi prima della realizzazione del film, ho iniziato una lunga documentazione. La ricerca è importantissima, è la parte più importante".

Su cosa si è focalizzato? "Ho studiato molto la realtà del 1880, epoca in cui è ambientato il libro. Con Garrone abbiamo spulciato l'Archivio Alinari, guardato i quadri dei Macchiaioli e ci siamo soffermati molto sulle illustrazioni di Mazzanti alla prima edizione di Pinocchio."

La realizzazione concreta dei costumi ha richiesto molto tempo: "Dovevamo far nascere il costume e 'invecchiarlo', cioè rendere quello spirito della povertà che viene evocato in Pinocchio. Quindi il capo veniva creato e poi trattato una volta concluso, in modo tale da renderlo più attinente".

Cantini Parrini infatti, di concerto con Garrone, aveva la volontà di "rendere i personaggi 'sdruciti' e 'impolverati', ma sempre legati alla fine dell'Ottocento". C'è un costume a cui è più affezionato? "Un po' tutti, ma devo dire che su quelli del circo e della Lumaca mi sono sbizzarrito un po' di più, lasciando spazio all'inventiva".

Come si passa da un film come Dogman a uno come Pinocchio? "Quel che mi piace del mio mestiere è che sì c'è continuità, ma si può cambiare tutto dimostrando ciò che si sa fare. Con Dogman mi ero ispirato a De Chirico e volevo annullare il costume, sono contento che mi sia valso l'Efa".

"Sono legato a tutti i film a cui ho lavorato, mi sono piaciuti Il Racconto dei Racconti e Che Strano Chiamasi Federico (ultimo film di Ettore Scola, ndr)" aggiunge Cantini Parrini, che conclude con una battuta sul suo futuro: "Ho tanti progetti, dalla lirica al cinema, incrociamo le dita".

Gianmarco Lotti

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