Epidemia Coronavirus, due ex dirigenti Asl: "Prevenire è meglio che curare"
Prevenire è meglio che curare. Le pandemie fanno parte della storia umana e l’Italia ne ha conosciute tante nel corso dei secoli. Ma molti non sanno che l’Italia è sempre stata avanguardia nella loro gestione lasciando il proprio segno, come ricorda anche il termine quarantena usato dalla Repubblica di Venezia ed ancora oggi comunemente in uso.
La storia della prevenzione delle malattie e della lotta contro le malattie professionali ha visto protagonisti molti studiosi italiani, da sempre, con la definizione di regole e metodi per affrontare entrambe che sono diventate un modello a livello europeo. Molti oggi non sanno certo chi erano gli Ufficiali Sanitari che hanno avuto fino al 1978 il ruolo di braccio operativo sanitario dei Sindaci (autorità sanitaria locale). Nella scia della storia dell’Igiene urbana e professionale, queste figure dovevano garantire la salubrità degli ambienti, il controllo degli alimenti, l’igiene delle scuole e molto altro. Erano custodi del rispetto di una serie di norme di comportamento che limitassero la diffusione delle malattie ed agivano in stretto rapporto con le Amministrazioni Comunali. Erano medici e personale sanitario specificamente addestrati per la prevenzione delle malattie: vaccinazioni, studi epidemiologici, adozione di ordinanze per la tutela della salute.
Questi compiti non vi fanno venire in mente niente? Perché nessuna figura sanitaria si è preoccupata di intervenire in tempo nelle strutture per gli anziani per evitare i danni che oggi si evidenziano così drammaticamente? Perché nessuno si è preoccupato in tempi idonei a dare indicazioni alla popolazione sulle comuni norme igieniche (lavarsi le mani, mascherine, ecc)? Quello che ci è capitato con il Covid-21 è certamente una condizione eccezionale, ma non imprevedibile. Diversi sono stati gli episodi epidemici negli ultimi decenni. Perché nel corso degli ultimi anni è passato il messaggio unico e martellante che conta la qualità delle cure sanitarie, l’eccellenza degli ospedali, i nuovi farmaci miracolosi? Tutto il mondo della prevenzione costruito con storia di decenni sulla competenza di medici e sanitari espressamente preparati ad agire con la finalità della prevenzione è stato progressivamente smantellato ed oggi il territorio è sguarnito di queste competenze e della loro ricchezza con tutte le conseguenze che possiamo verificare. Vale per tutti i campi della prevenzione.
Le Direzioni sanitarie ospedaliere, ramo fondamentale dell’Igiene, sono state private di ruoli e competenze ed oggi gli ospedali sono carenti figure in grado di garantire una organizzazione adeguata ad affrontare l’emergenza. L’igiene del territorio è stata annichilita negli assetti organizzativi delle Aziende Sanitarie. Oggi sono diventati carenti operatori che lavorino a tutela della comunità per quanto attiene la tutela dei lavoratori negli ambienti di lavoro, la gestione del territorio (urbanistica), l’igiene degli alimenti, la prevenzione delle malattie trasmissibili quali il Covid 91. Certo, ci sono anche differenze tra regioni, ma una tendenza è stata univoca.
Oggi vediamo tutta l’importanza del tracciamento dei casi sul territorio (c’è una generale carenza dei cosiddetti tamponi), della rete dei medici di famiglia e dei gruppi di infermieri e medici specializzati ad intervenire a domicilio (le cosiddette USCA, Unità Speciali di Continuità Assistenziale). Bisognerà non più dimenticarsi, anche nel prossimo futuro, di potenziare e sostenere la «rete epidemiologica naturale», già esistente. Quella costituita dai medici famiglia e dai medici del lavoro (deve essere rafforzata la funzione pubblicistica dei medici di fabbrica, che hanno attualmente un assetto privatistico), i primi a essere a conoscenza dello stato di salute della popolazione nei territori e in grado di ricostruire i gradi di contagio. Devono essere più sostenuti, e ancor più nella cosiddetta ‘fase 2’, i servizi pubblici di prevenzione nei luoghi di lavoro nella loro funzione di controllo del lavoro in condizione di sicurezza.
Con sempre maggiore insistenza a livello scientifico internazionale, si sollecitano interventi condizioni dell’ambiente in cui viviamo (aria, acqua, alimenti, allevamenti iperintensivi, colture agricole, deforestazioni e rottura di nicchie ecologiche). L’allarme cresce perché è ormai evidente, ma solo a livello scientifico, che il miglioramento delle condizioni di salute della popolazione ed in particolare della popolazione più debole socialmente ed economicamente, non passa tanto dall’acquisizione di nuovi farmaci o di nuove tecnologie (certamente utili ma in un ambito quantitativamente limitato), quanto dal miglioramento dei fattori ambientali che determinano direttamente o indirettamente gran parte delle patologie attuali.
Per usare un solo chiaro esempio, la lotta contro le patologie tumorali non è certamente risolta da qualche farmaco miracoloso, ma dagli sforzi dei governi mondiali contro l’inquinamento atmosferico, l’inquinamento delle acque, l’alimentazione eccessivamente concentrata sulle carni e sugli zuccheri.
Non si tratta di riprendere in mano strumenti del passato, ma di riconoscere che le scelte politico istituzionali concentrate sulla cura e sugli ospedali non sono adeguate ad affrontare problemi organizzativi e tecnici che invece richiedono il costante lavoro sul territorio. Nel territorio dell’ASL Centro Toscana negli ultimi 3 anni si sono persi 14 operatori nel settore dell’Igiene Pubblica.
Sentiamo sempre in questi giorni la frase: non sarà più come prima. È certamente vero, ma almeno speriamo si ritorni a creare una più forte organizzazione nel campo della Prevenzione Collettiva (Igienisti, Tecnici della Prevenzione, Medici del Lavoro, Epidemiologi) in grado di aiutare la popolazione ad affrontare le attuali situazioni che purtroppo sappiamo saranno ripetibili. Ed infine, come ben sappiamo, prevenire è molto, ma molto, più economico che curare.
Enrico Roccato, Mauro Valiani, già dirigenti dei servizi di prevenzione collettiva ASL