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Piombino, il PCI: "Più Stato e meno mercato"

Quanto sta accadendo in merito alla questione delle acciaierie di Piombino rasenterebbe il ridicolo se non fosse realmente drammatico per la città, per la Val di Cornia nonché per un possibile e necessario polo siderurgico nazionale.

Con lo spegnimento nel 2014 dell’altoforno la crisi giunge a un punto di non ritorno; da allora è stato un susseguirsi di progetti più o meno attendibili ma che non hanno prodotto niente di concreto, avendo come unico risultato quello di gettare ancora di più nello sconforto e nella disperazione per il proprio futuro i lavoratori.

L’ultimo “progetto” ad oggi è quello di Jindal, che ha degli aspetti non del tutto chiari. Infatti rivendica il fatto di aver “investito” 343 milioni di euro su Piombino, dichiara che occorrono altri sostanziosi impegni economici e domanda allo stato circa 280 milioni di euro per la realizzazione di un forno elettrico. Inoltre reclama 5 anni di ammortizzatori sociali e l’abbattimento del costo energetico per il forno.

A questo punto ci domandiamo se ci sia qualcosa di effettivamente realizzabile o si sta giocando una partita sulle spalle come sempre dei lavoratori.

Noi crediamo che sia indispensabile un intervento pubblico non solo per salvare il sito industriale ma anche per progettare il futuro e far entrare di diritto le acciaierie di Piombino in un polo siderurgico nazionale. Non è più possibile continuare così. I lavoratori hanno bisogno urgente di risposte serie e concrete e non devono continuare ad essere merce di scambio o ricatto occupazionale.

Occorre una svolta per far risorgere Piombino e l’indotto, occorre una nuova idea di sviluppo per invertire la tendenza.

Lorenzo Cosimi

PCI Toscana - Ufficio Stampa

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