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Costa Concordia, il ricordo del Consiglio regionale

Il Consiglio regionale della Toscana ha ricordato il disastro della Costa Concordia a distanza di dieci anni dall’evento. Lo ha fatto con una mattinata di approfondimento, un incontro in diretta streaming a cui hanno partecipato il presidente del Consiglio regionale Antonio Mazzeo, il senatore Gregorio de Falco, capitano di fregata e all'epoca capo della sezione operativa della Capitaneria di porto di Livorno, il presidente della Provincia di Grosseto Francesco Limatola, la direttrice de ‘La Nazione’ Agnese Pini, e il direttore de ‘Il Tirreno’ Luciano Tancredi. A coordinare l’incontro Anna Martini di InToscana.

L’iniziativa, come ha ricordato Mazzeo, rientra nell'ambito del progetto 'Armadio della memoria', progetto avviato nel 2017 e a cui è stata dedicata apposita legge regionale nel 2020 per raccogliere documentazione sulle stragi del Moby Prince, della stazione ferroviaria di Viareggio e della Costa Concordia.

“Domani sarà l’anniversario della tragedia e la giornata dedicata alle vittime – ha detto il presidente del Consiglio –. Abbiamo scelto di raccogliere video, documenti, testimonianze per fare in modo che si crei una cultura collettiva e che quello che è accaduto non accada di nuovo. Quello dovrà diventare sempre più luogo di memoria e per questo invito gli organi di stampa e tutti coloro che hanno testimonianze sui fatti della Costa Concordia ad alimentare l'Armadio della Memoria con documenti, materiale, immagini, ricordi sia in formato cartaceo sia digitale. Il contenitore è aperto ed è nato proprio per essere aggiornato con continui contributi, per renderlo una memoria indelebile di quei fatti. Di questo ringrazio, tra gli altri, anche l’attuale assessore regionale Antonio Marras, che ha voluto inserire il dramma della nave Concordia nel progetto ‘Armadio della Memoria".

Mazzeo ha proseguito ricordando la generosità dimostrata dagli abitanti dell’isola del Giglio e come il disastro abbia contribuito ad alzare l’asticella sulla sicurezza delle navi. “Istituzioni e mondo dell’informazione insieme oggi possono lanciare un messaggio forte su quello che è accaduto – ha commentato – e sulla lezione che ci ha trasmesso: non si abbandona la nave”.

Il presidente della provincia di Grosseto, Francesco Limatola ha voluto condividere l’immagine del ricordo della frenesia dei primi soccorsi dopo l’accaduto. Erano le 21.45 del 13 gennaio del 2012 quando la nave della compagnia Costa Crociere, salpata da Civitavecchia e diretta a Savona, urtò uno degli scogli a sud est dell’isola del Giglio per poi adagiarsi e ribaltarsi sul fondale, a pochi passi dal porto. Il 13 gennaio del 2012 morirono 32 persone tra equipaggio e passeggeri. In tanti si impegnarono da subito nelle operazioni di salvataggio mentre gli abitanti del Giglio accolsero le migliaia di naufraghi con grande solidarietà. “L’impatto ambientale per il territorio è stato enorme – ha detto Limatola – ma il sistema paese ha saputo reagire bene, e oggi nell’isola ci sono più turisti di prima”.

“Il tempo intercorso dalla tragedia ci ha allontanato dai dettagli e questo ci consente di vedere la vicenda complessivamente – ha spiegato Gregorio De Falco –. Oggi possiamo capire che quella non fu soltanto una tragedia marittima, si è creata a causa di un’azione scellerata e non è legata alla tecnica della navigazione. Senza lo sfasamento avvenuto, nella figura del comandante, tra il proprio ruolo e il proprio interesse tutto questo non si sarebbe verificato”. “Se il comandante avesse tenuto presente il proprio ruolo – ha commentato ancora l’ex capo della sezione operativa – avrebbe messo in atto iniziative in tempi consoni per salvare le persone”. Lo squarcio ha provocato l’allagamento di compartimenti in numero sufficiente per ordinare da subito l’abbandono nave, ha spiegato ancora, ma questo non avvenne. “Il tempo stimato per abbandonare una nave è di 30 minuti, se si fosse proceduto subito si sarebbero potuti evacuare tutti i passeggeri. La nave cominciò a inclinarsi pericolosamente dopo la mezzanotte, e a quel punto le scialuppe sul lato sinistro rimasero bloccate e non poterono essere utilizzate. Le operazioni di salvataggio andarono avanti 9 ore, e in quel frangente è chiaro quali avrebbero dovuto essere i compiti del comandante, a bordo della nave”. “L’assenza di un comando ha fatto sì che le regole, come quella che in ogni scialuppa devono salire al massimo 150 persone, fossero interpretate rigidamente – ha aggiunto –. Regola giusta per un naufragio al largo, visti i viveri e il materiale a disposizione, ma che certo poteva essere derogata su responsabilità del comandante per trasportare delle persone a 36 metri dalla costa, permettendo di imbarcare molte più persone. Ecco che cosa avrebbe potuto fare il comandante”.

La vicenda della Concordia ha fatto imparare molte lezioni, ha concluso De Falco. “La generosità della popolazione e di persone come Giuseppe Girolamo, giovane musicista che ha perso la vita per avere ceduto il suo posto in scialuppa a una madre con il figlioletto. Ma soprattutto l’importanza fondamentale che chi ricopre un ruolo pubblico e ha una responsabilità collettiva debba mettere se stesso da parte e avere chiari il fine del proprio agire, senza conflitti di interesse”. E, infine, “come sia giusto disincentivare il gigantismo navale. Oggi le navi trasportano anche 6000 persone, quale città potrebbe essere in grado di dare assistenza a così tanta gente in caso di bisogno?”.

I direttori de “La Nazione” e de “Il Tirreno” hanno posto l’accento sul ruolo che l’informazione locale ebbe in quelle circostanze.

Agnese Pini, che allora lavorava a Milano, ha sottolineato come la domanda che tutti si posero fu come fosse possibile una tragedia del genere, che tante persone annegassero a pochi metri dalla costa. “L’informazione locale – ha detto – è stata fondamentale per renderci il ruolo della comunità e l’umanità, perché conosceva i nomi e le facce che componevano la comunità che si è trovata investita dalla tragedia”. “Nella vicenda della Concordia – ha concluso – si è visto il peggio e il meglio dell’umanità. È stata un’occasione, per l’opinione pubblica, per interrogarsi sull’uso del potere”.

Luciano Tancredi, che all’epoca lavorava in un altro giornale, ha menzionato il grande impegno della redazione de Il Tirreno di Grosseto. “Furono i primi a capire l’entità del disastro, a mobilitarsi e ad arrivare sul posto”. “L’informazione locale possiede le chiavi giuste, il know-how per dare informazioni approfondite e ricostruire i fatti”, ha spiegato. E anche nelle settimane successive, in cui la stampa internazionale indugiò sullo stereotipo dell’italiano codardo, i giornali locali contribuirono a rendere giustizia al coraggio e alla solidarietà di tanti, come Giuseppe Girolamo. “Il Tirreno farà una campagna per chiedere che gli sia conferita un’onorificenza”, ha terminato Tancredi.

Fonte: Regione Toscana

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