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Giorno del ricordo con gli studenti, Giani: "Foibe e esodo nella memoria delle nuove generazioni"

Al Cinema La Compagnia di Firenze 400 studenti, e altri migliaia collegati, hanno celebrato il 10 febbraio. Nardini: "Vittime e familiari meritano un ricordo pieno"

Raccontare le foibe e l’esodo non è facile: si rischia di cadere nella trappola degli opposti estremismi o di infilarsi nel vicolo cieco di memorie ancora non riappacificate. Vuol dire toccare con mano la complessità della storia. Così per il Giorno del ricordo la Toscana – la Regione, assieme alle scuole e agli istituti storici della Resistenza e dell’età contemporanea (in primis quello di Grosseto) – provano a percorrere l’unica strada forse possibile: quella dei racconti (delle persone) e della storia (e dei documenti), da mettere a confronto, insegnando ai ragazzi ad ascoltare più voci senza fermarsi alla prima trovata, perché solo così ci si può costruire un pensiero autonomo e critico.

È accaduto nei mesi scorsi nelle classi delle scuole superiori che hanno partecipato al progetto didattico sul Giorno del ricordo, che in Italia si celebra dal 2005. È successo di nuovo stamani al Cinema La Compagnia a Firenze, con poco meno di quattrocento studenti seduti in sala e migliaia collegati in streaming.

Sono passate da poco le dieci e mezzo della mattina e sul grande schermo del teatro una mappa animata e spezzoni di video raccontano il viaggio che gli studenti toscani, una cinquantina per edizione, hanno fatto tre e cinque anni fa: non quest’anno, per l’incertezza e i timori della pandemia in corso. Gonars, Redipuglia, Trieste, Basovizza, Fiume, Pisino, l’Italia e l’ex Jugoslavia, ma anche Laterina e Renicci di Anghiari in Toscana. E poi il quartiere giuliano-dalmato e il museo storico di Fiume a Roma.

"Le vittime delle foibe, l’esodo degli italiani dall’Istria, dalla Venezia Giulia, dalla Dalmazia, così come l’insieme delle vicende che attraversarono il "confine orientale" italiano lungo tutto il Novecento non meritano né oblio, né strumentalizzazioni politiche" sottolinea l’assessora all’istruzione, Alessandra Nardini, che parla di "ricordo pieno, consapevole della complessità degli avvenimenti che si consumarono".

Ma accanto alla complessità della storia, con cui i ragazzi su questa vicenda hanno iniziato a misurarsi, fin dalle prima battute sul palco c’è anche la consapevolezza che una violenza non può cancellare altre violenze – l’odio genera solo altro odio, si ripete più volte – e se per queste terre, dove per secoli culture diverse si sono sovrapposte, un confine giusto forse alla fine non c’è, la soluzione per far tornare a vivere la cultura dell’incontro è proprio l’Europa, che quei confini ha fatto cadere. Un’Europa da tenersi stretta. "Dal 2023, da quest’anno – ricorda non casualmente il presidente Giani – anche la Croazia, dopo la Slovenia, è completamente europea". Dentro l’eurozona ed anche l’area di Schengen, senza più limitazioni alla circolazione delle persone.

"Il giorno del ricordo – sottolinea Alessandra Papa dell’Istituto scolastico regionale toscano – deve essere un monito contro l’intolleranza e tutte le dittature, contro la non affermazione della verità".

Una storia europea, vittime le popolazioni

Quella del confine ‘difficile’ dell’alto Adriatico alla fine non è solo una storia italiana o dalmata o istriana. È una storia europea, si ripete ancora dal palco. Sono tante storie che si incrociano: a volte le stesse, ma con prospettive diverse. La storia del resto è sempre complessa, anche se spesso malamente semplificata. E la riconciliazione ha bisogno del rispetto delle memorie sofferenti altrui e di un processo di purificazione del ricordo, disponibili (tutti) anche a considerare lati bui della propria memoria.

È indubbio così che le foibe sono state un crimine e un orrore: una delle violenze legate alla guerra, che non finisce mai in un momento preciso ma ha sempre strascichi che generano altre violenze. E’ altrettanto acclarato che altri crimini furono commessi dagli italiani, durante il ventennio e l’occupazione fascista, a danno degli slavi costretti ad una italianizzazione forzata o reclusi in campi di prigionia, le terre messe all’asta. Le foibe furono in certi casi una resa dei conti e in altri lo strumento usato dal maresciallo Tito e le sue truppe per togliere di mezzo qualsiasi pedina scomoda nel progetto di uno stato comunista jugoslavo con l’Istria (e magari anche Trieste) al suo interno. E a farne le spese non furono solo gli italiani, che pure sono la parte predominante, e tra gli italiani neppure i soli collusi con il fascismo.

Il perché prova a spiegarlo a ragazze e ragazzi lo storico Claudio Vercelli, dopo aver elencato una serie di parole guida utili alla lettura di quel periodo storico che sono "complessità, omissioni e dimenticanze", "cittadinanza" ma anche il rischio di una "storia nazionalistica": "Il regime fascista – dice - aveva introdotto l’equazione italianità-fascistità. Un po’ come l’equazione oggi, in altri contesti, italiani-mafiosi. L’equazione italianità-fascistà fu riutilizzata da Tito e i suoi, con la popolazione civile chiamata a pagare dazio. Un crimine non copre mai un altro crimine, non può essere la risposta all’italianizzazione forzata o allo squadrismo di confine a volte efferato. E le popolazioni sono vittime di quanto avvenne: non carnefici e neppure indifferenti osservatori".

Le violenze del 1943, dopo l’armistizio dell’8 settembre e lo sbandamento dell’esercito italiano, si verificarono in una situazione di insurrezione popolare: scompaiono in quasi cinquecento (217 i corpi ritrovati). Poi arrivarono i tedeschi, misero a ferro e fuoco l’intera Istria e l’insurrezione fu soffocata nel sangue, con duemilacinquecento morti. Di diversa natura furono le violenze del 1945, quando l’esercito yugoslavo arresta tutte le persone in divisa: militari, guardia civica, carabinieri, questurini, bidelli anche. Tra maggio e giugno scompaiono nel nulla tra le quattro e le cinquemila persone (482 cadaveri sono ritrovati in 48 foibe diverse sul Carso, altri 411 negli scantinati di Trieste): violenze poi in parte affogate nella nebbia dei nuovi equilibrismi internazionali, con l’inizio della guerra fredda e lo strappo di Tito da Stalin.

Ma anche gli italiani (di qua), annota Vercelli, utilizzarono spesso la stessa equazione con i profughi fuggiti dall’Istria diventata yugoslava e che scappavano per il timore di essere assassinati od emarginati e perseguitati. Vennero via in 350 mila. "Molti erano convinti che gli esuli istriani fossero tutti fascisti. Non era così" ricordava tre anni fa Silva Rusich, figlia di esuli. Il padre era socialista, ma fuggì perché non credeva nel progetto di Tito. Per molti italiani del dopoguerra gli esuli continuarono però ad esser visti con sospetto: una discriminazione vissuta anche da Silva.

Evitare equilibrismi e contestualizzare

"La memoria e il ricordo sono un diritto – conclude lo storico – Occorre ragionare tranquillamente sulle responsabilità fasciste ma anche su quelle yugoslave: evitare equilibrismi ma contestualizzare. E ragionare sul Novecento in maniera pacata. Da questo punto di vista vanno evitate anche confusioni e minestroni, come quello di accostare il dramma delle foibe allo shoah degli ebrei nei campi di sterminio".

Valgano, da questo punto di vista, le parole di Igea Efner, bambina esule oggi ottantenne. Una foto di lei, piccola e con una valigia in mano, spopola su internet. Qualcuno una volta le ha chiesto se giorno della memoria e giorno del ricordo possano essere messi insieme. "Sono due storie diverse che devono essere ricordate separatamente – ha risposto - se si vogliono conciliare. Se si mettono insieme, si fa solo confusione e si rischia di essere irrispettosi verso gli stessi protagonisti".

I lavori degli studenti e dei professori

Intanto al Cinema la Compagnia l’iniziativa, durata alla fine due ore, prosegue, condotta dal professore di storia Luca Bravi in compagnia di Ilaria Cansella dell’Istituto storico grossetano della Resistenza e dell’Età contemporanea e Matteo Mazzoni dell’Istituto storico toscano della Resistenza. Interviene, con un contributo video, Marino Micich, studioso e figlio di esuli, direttore dell’Archivio Museo storico di Fiume a Roma. "La storia di istriani, giuliani, e fiumani – sottolinea - deve essere utile per costruire un nuovo dialogo di carattere europeo con le terre di origine e non per rivangare il passato".

Poi è la volta delle ragazze e dei ragazzi, con la presentazione di alcuni progetti realizzati dagli studenti delle scuole toscana. Rompono il ghiaccio la IVB dell’Its "Marchi-Forti" di Monsummano Terme, con il loro "Filo della memoria". La VA Rim dello stesso istituto propone un podcast: Esodo. La III V del Russel-Newton di Scandicci si è cimentata in un lavoro da veri piccoli storici: ha letto cinque diversi giornali dell’epoca per mettere a confronto il racconto il trattato di pace e l’esodo ed ha poi intervistato tre testimoni, gli esuli Riccardo Simoni ed Alida vatta e Silva Rusich, figlia di esuli. Le VA e C dell’Iis Ferraris-Brunelleschi hanno deciso di trasformare quelle voci e racconti di confine in una piece teatrale: un modo per ricordare come anche l’arte possa contribuire al rafforzamento e alla conservazione della memoria. Citano anche una canzone di Sergio Endrigo, esule istriano.

Il gran finale è con tutti gli insegnanti coinvolti nel progetto didattico chiamati sul palco. Per tutti loro (e quelli collegati in streaming da remoto) un lungo applauso. E un promessa: la Regione continuerà ad investire su questa iniziativa.

Giani: "Foibe e esodo nella Memoria delle nuove generazioni"

Assessora Nardini: "Vittime e familiari meritano un ricordo pieno e senza strumentalizzazioni politiche"

La tragedia delle foibe e dell’esodo giuliano dalmata "deve essere nelle nuove generazioni fonte di memoria perché quello che è accaduto non accada mai più". Lo ha detto il presidente Eugenio Giani in occasione del meeting con le scuole organizzato questa mattina dalla Regione Toscana a La Compagnia per celebrare la solennità del 10 febbraio.

Il presidente, intervenendo davanti a studentesse e studenti, si è soffermato sull’importanza dell’istituzione di questa ricorrenza civile, definendola "una conquista" a cui siamo giunti "attraverso ricostruzioni storiche che ci sono arrivate in ritardo".

"Il Giorno del ricordo è una data importante" – ha spiegato Giani - perché induce "ognuno di noi ad avere ben presente il dramma di migliaia di persone, cinquemila quelle accertate ma probabilmente 10-20mila, che incolpevoli e senza nessuna responsabilità furono gettate nelle foibe per il solo fatto di essere italiani". Così come la vicenda tragica di "quattrocento mila italiani fuggiti da quei territori ormai diventati intrattabili per la convivenza in quelle comunità", molti dei quali "si diffusero sulla penisola e spesso non furono nemmeno accolti come meritavano e come avrebbero dovuto, vivendo per anni in una situazione di disagio".

Poi, citando Dante che già 700 anni fa indicava "come Pola chiude i confini della penisola", il Presidente ha tenuto a sottolineare come quei fatti siano avvenuti in Istria, a Fiume, in Dalmazia, territori "di chiara ispirazione di insediamento italiano".

"Quest’anno però c’è anche una nota che guarda al futuro", ha aggiunto Giani riferendosi all’ingresso della Croazia nell’area euro dallo scorso primo gennaio. È "un segno ben augurante per il futuro" del "superamento in positivo di una situazione che ormai guarda all’Europa come soggetto con il quale le identità si rapportano nelle relazioni internazionali".

A introdurre i lavori del Meeting è stata l’assessora all’istruzione e alla cultura della Memoria Alessandra Nardini, secondo cui "le vittime delle foibe, l’esodo delle italiane e degli italiani dall’Istria, dalla Venezia Giulia, dalla Dalmazia, così come l’insieme delle vicende che attraversarono il 'confine orientale’ italiano lungo tutto il Novecento non meritano né oblio, né strumentalizzazioni politiche".

A quei territori, "il Novecento ha chiesto prove davvero durissime", ha aggiunto l’assessora ricordando "la prima Guerra Mondiale con battaglie particolarmente cariche di devastazione", "la violenza del fascismo contro le minoranze slave", "gli effetti della guerra totale", "l’occupazione e l’oppressione nazista", e infine la sistematica persecuzione e violenza contro gli italiani da parte del comunismo jugoslavo".

"Il nostro Paese, quelle vittime innocenti e i loro familiari – ha proseguito - hanno bisogno e meritano un ricordo pieno, consapevole dell’amara complessità degli avvenimenti che si consumarono in quei territori. Compiere questo esercizio fondamentale e tramandare la memoria e la coscienza di quello che è accaduto è necessario ed è essenziale che le scuole, le giovani generazioni, siano protagoniste di questa consapevolezza sul passato, per essere attrezzati a vivere il presente e il futuro immuni dalle degenerazioni ideologiche e dall’odio".

Quella di oggi a La compagnia "è stata una mattinata di analisi storica, di testimonianza - ha concluso l’assessora - per raccontare e divulgare i progetti di formazione che da anni Regione Toscana porta avanti grazie all'Istituto Storico Grossetano e all'Istituto Storico Toscana della Resistenza e dell’Età Contemporanea, in collaborazione con l’Ufficio Scolastico Regionale".


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Fonte: Regione Toscana - Ufficio stampa

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