gonews.it

Consorzio Vino Chianti, i microviticoltori contro la riduzione del 20% delle rese

Consorzio Vino Chianti

Nella prossima assemblea del Consorzio Vino Chianti, in programma il 27 di questo mese, si discuteranno decisioni cruciali per il futuro della produzione vitivinicola. Tra i temi all’ordine del giorno, la proposta di ridurre del 20% la resa delle uve Chianti. In una nota inviata dai piccoli viticoltori del Chianti, viene riportato il punto di vista di microviticoltori che passano le giornate a lavorare tra i filari.

Nel corso degli ultimi 25 anni, grazie alla PAC, il mondo del vino toscano ha conosciuto grandi cambiamenti. I contributi messi a disposizione hanno centrato quello che sembrava essere gli obiettivi del legislatore. Gli interventi fatti e tuttora in corso nei vigneti, estirpati e reimpiantati, hanno elevato la qualità (ma anche la quantità) del prodotto conferito alle cantine, dove il rinnovo dei macchinari ha consentito a sua volta l’incremento qualitativo e quantitativo del prodotto da immettere sul mercato.

Tutti noi viticoltori abbiamo investito enormi quantità di soldi, lavoro, tempo e fatica per quello che il Consorzio Vino Chianti e le Associazioni di categoria dicevano essere essenziale per competere a livello mondiale: migliorare la produzione.

Ma a conti fatti non mi sembra che i risultati siano quelli ipotizzati, o almeno non per noi.

A parte qualche annata migliore, i prezzi delle uve stentano a decollare e, anzi, ultimamente sono in caduta libera. Anche per il Chianti, l’annata 2023, che dal punto di vista economico sarebbe dovuta essere eccezionale “grazie” alla catastrofica esplosione della peronospora che ha ridotto la produzione del 50%, è stata liquidata dalle maggiori cantine sociali toscane a poco meno di 100 euro al q/le. Una valutazione addirittura inferiore a quella del 2017, dato ancor più allarmante se si considera il peso di un’inflazione che da allora ha quasi raddoppiato le spese di produzione.

I viticoltori, spesso con aziende di dimensioni medie e piccole, sì sa, non hanno la forza di incidere sull’andamento del mercato. Ma una grande struttura organizzata come il Consorzio Vino Chianti sì, e se non ce l’ha la deve avere. Perché non è accettabile che vengano spesi fiumi di soldi in promozione ottenendo, a quanto pare, un pugno di mosche. Il tutto, peraltro, con la compiacenza delle associazioni di categoria, che dovrebbero avere come principio guida proprio la tutela e lo sviluppo dei propri associati, attraverso l’espressione di quel potere contrattuale che essi singolarmente non possono avere.

E invece, di fronte a consumi che languono e prezzi delle uve che crollano (e di fronte a campagne promozionali evidentemente fallimentari), non si trova di meglio che rifugiarsi nella soluzione fin troppo semplice della riduzione delle rese, che puntualmente e inesorabilmente noi viticoltori pagheremo di tasca nostra, mettendo seriamente in pericolo la sostenibilità economica delle nostre aziende.

Quel che è peggio è che oltre a non avere potere contrattuale (e con la sensazione che, in questo, non si aiuti di particolare l’adesione alle associazioni di categoria), lavoriamo continuamente nella completa inconsapevolezza dell’obiettivo a cui tendere, ed e con conseguenza nella totale incertezza del nostro futuro economico: produrre di più? produrre di meno? produrre diversamente? chissà a quanto sarà liquidata, fra un anno e mezzo, l’uva raccolta dalle vigne sulle quali stiamo investendo adesso?

Se almeno ci venisse presentato un progetto serio, con obiettivi prestabiliti, chiari e verificabili, potremmo almeno comprendere il senso dei nostri sacrifici, e anche valutare in modo più consapevole l’operato delle figure alle quali, di fatto, affidiamo gran parte del futuro delle nostre aziende.

Invece, presentare la riduzione delle rese (si parla del 20%!) come una reazione obbligata all’andamento del mercato sembra, scusate il gioco di parole, una “resa”.

Una resa di fronte all’incapacità di incidere sul mercato facendo leva su altri fattori, una resa di fronte all’incapacità di elaborare strategie proattive e non solo reattive, una resa di fronte all’incapacità di guardare oltre una sola soluzione allettante i cui costi saranno totalmente a carico di altri.

E anche volendo tralasciare questo aspetto, ed assumendo che la riduzione delle rese rappresenti una precisa e ragionata scelta aziendale, occorre almeno che si gestisca come tale, e quindi adeguatamente presentata e argomentata, fornendo tutti gli elementi utili a farne una strategia condivisa. Ciò significa presentare il contesto, le motivazioni che hanno portato a favorire tale misura ad altre, e soprattutto gli obiettivi che con essa si pensa di raggiungere; obiettivi che devono essere CHIARI, CONDIVISI, REALISTICI E VERIFICABILI.

Sembra che non ci sia molto l’abitudine a presentare obiettivi realistici e misurabili (per gli investimenti nelle ultime campagne promozionali del Consorzio Vino Chianti non mi risulta sia stato fatto), ma è da qui che si deve partire per ricostruire un rapporto di fiducia con la base degli associati. Perché di fronte a risultati per noi deludenti non ci accontentiamo più di sentirci rispondere “se non facevamo niente sarebbe stato sicuramente peggio”. Perché il meglio e il peggio non sono categorie assolute, ma dipendono dal rapporto fra risultati conseguiti e risultati attesi.

Non voglio pensare che il Consorzio Vino Chianti non sia in grado di elaborare un progetto serio e completo, e non voglio neppure pensare che certe decisioni vengano prese alla leggera perché tanto, semmai, ci rimetteranno gli ultimi anelli della catena, i viticoltori, quelli che non contano nelle stanze decisionali, quelli che possono solo ingoiare il boccone, rimboccarsi le maniche e tirare la cinghia.

Allora, qualunque cosa si decida di fare, deve essere basata sullo studio serio dell’andamento del mercato e di tutto il contesto socioeconomico, e tendere ad ottenere risultati ben precisi e condivisi con i soci, per fare squadra tutti insieme e lavorare nella stessa direzione, affinché il bene di qualcuno non rischi MAI di diventare il male di qualcun altro.

Paolo Fabrizzi, viticoltore del Chianti

Exit mobile version