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Telefoni nascosti, minacce e violenze sessuali: il far west del carcere Dogaia di Prato sotto inchiesta della procura

La procura indaga su presunte collusioni tra agenti e detenuti, mentre emergono gravi episodi di violenza e traffico di dispositivi elettronici

Una spirale di brutalità, corruzione e degrado: è questo il volto che emerge dal carcere La Dogaia di Prato, al centro di una serie di inchieste della procura che fotografano una realtà ormai definita dai magistrati come “fuori controllo”. Due rivolte nel giro di un mese, dispositivi tecnologici che continuano a circolare tra le celle nonostante le perquisizioni, agenti sospettati di complicità, violenze sessuali tra detenuti e un clima di illegalità diffusa rendono l’istituto penitenziario uno degli scenari più critici del sistema carcerario italiano.

Le rivolte del 4 giugno e del 5 luglio hanno segnato un punto di non ritorno. In entrambi i casi, detenuti armati di spranghe, cacciaviti e brandine usate come arieti hanno devastato i reparti di Media Sicurezza, tentando di incendiare materiali e affrontando apertamente gli agenti con minacce come “stasera si fa la guerra” e “si muore solo una volta, o noi o voi”. Solo l’intervento delle unità antisommossa ha riportato la calma. La procura ha aperto un fascicolo per rivolta, lesioni, danneggiamenti e resistenza a pubblico ufficiale, ma al vaglio ci sono anche possibili responsabilità interne.

I magistrati, infatti, stanno indagando su presunte condotte collusive da parte di alcuni appartenenti alla polizia penitenziaria. Secondo gli inquirenti, l’ingresso illegale di telefoni cellulari e router nella struttura avverrebbe anche grazie alla “compiacenza di alcuni agenti della polizia penitenziaria” e alla libertà di movimento concessa ad alcuni detenuti in permesso premio. In un solo anno sono stati sequestrati 41 telefoni, 3 schede SIM e un router, ma i controlli sembrano non bastare: nuovi dispositivi risultano attivi persino dopo le maxi perquisizioni.  A rendere il tutto ancora più incredibile, pare che un detenuto della sezione Alta Sicurezza sia stato in possesso di uno smartphone con cui aveva pubblicato su TikTok alcune foto della propria cella.

Come se non bastasse, sono emersi anche due distinti episodi di violenze sessuali tra detenuti, che la procura ha definito “agghiaccianti”. In entrambi i casi, le vittime sarebbero state costrette a subire abusi ripetuti, minacce e torture. In un episodio, un detenuto avrebbe stuprato il compagno di cella minacciandolo con un rasoio. Nell’altro, due uomini avrebbero torturato per giorni un giovane tossicodipendente alla sua prima esperienza carceraria, costringendolo a vivere in condizioni di terrore fisico e psicologico.

La situazione alla Dogaia è fuori controllo segnata da un pervasivo tasso di illegalità e da un sistema incapace di garantire sicurezza e dignità", denunciano i vertici della procura. Di fronte a uno scenario così allarmante, è stato chiesto l’intervento del prefetto e del questore per rafforzare la sicurezza interna ed esterna dell’istituto. Le indagini sono tuttora in corso, con nuove perquisizioni e sequestri. Ma l'obiettivo, assicurano gli inquirenti, è chiaro: “La risposta dello Stato sarà ferma e costante”.

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