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Omicidi all’ospedale di Piombino: la Cassazione conferma l’ergastolo per Fausta Bonino

L’infermiera era accusata di aver ucciso quattro pazienti con dosi letali di eparina

Dopo undici anni di dubbi, interrogativi e inchieste, la giustizia ha messo un punto fermo sul caso che ha sconvolto la sanità toscana. La Corte di Cassazione ha confermato la condanna all’ergastolo per Fausta Bonino, l’infermiera dell’ospedale di Villamarina di Piombino, accusata di aver ucciso quattro pazienti con dosi letali di eparina.

Una vicenda giudiziaria lunga e complessa, iniziata nel 2014 con i primi decessi sospetti e culminata nel 2016 con l’arresto della donna, oggi 63enne. Il verdetto definitivo è arrivato lo scorso febbraio, ma solo in questi giorni sono state depositate le motivazioni della sentenza, ben 140 pagine, ora rese pubbliche da Il Tirreno.

Secondo quanto scrivono i giudici della Suprema Corte, gli indizi raccolti nei confronti della Bonino sono "univoci" e tali da giustificare la condanna al massimo della pena. Respinti in toto i motivi di ricorso presentati dalla difesa, che puntavano soprattutto sulla mancanza di un movente chiaro.

Ma per i magistrati, l’assenza di un movente certo non mina la solidità della condanna. Anzi, la stessa Corte d’Appello – nella sentenza di secondo grado – aveva già osservato come, pur emergendo “elementi indubbiamente significativi di possibili spinte all’azione criminale”, questi non fossero sufficienti per identificare “un movente esclusivo”.

La Cassazione ha quindi condiviso l’impostazione dei giudici di merito: la dinamica dei decessi, le modalità delle somministrazioni e il ruolo della Bonino nei turni e nei reparti coinvolti sono ritenuti elementi convergenti che formano un quadro indiziario inequivocabile.

Il caso Bonino ha lasciato un segno profondo nella comunità di Piombino, alimentando negli anni un dibattito doloroso sui controlli nelle strutture sanitarie, sui limiti dell’accertamento medico-legale e sulla difficile ricerca della verità giudiziaria.

Con questa sentenza definitiva, si chiude un capitolo giudiziario tra i più controversi degli ultimi anni, ma resta aperta la ferita di una vicenda in cui, pur con una colpevole condannata, il mistero del perché – almeno sul piano umano – continua a restare senza risposta.

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