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PFAS in Toscana, la Rete e le Associazioni fanno le analisi: "Dati preoccupanti"

Un ampio fronte di associazioni e comitati, coordinati dalla Rete Zero PFAS Toscana, ha commissionato a proprie spese un’indagine indipendente sulla presenza di sostanze perfluoroalchiliche (PFAS) in acque e alimenti della regione, “considerata l’inerzia delle istituzioni regionali e nazionali” sul tema. Le analisi, realizzate da un laboratorio accreditato già utilizzato da Greenpeace, hanno riguardato 47 punti di prelievo e 58 molecole PFAS, con risultati giudicati “preoccupanti”.

Le rilevazioni hanno riscontrato la presenza di PFAS in quasi tutti i campioni esaminati, inclusi pozzi privati, fontanelli pubblici, acque minerali, corsi d’acqua e zone vicine a impianti industriali e discariche. In alcuni casi i valori rilevati superano abbondantemente i limiti che entreranno in vigore nel 2026. Particolarmente critici i dati riscontrati a Calenzano, Livorno, Prato, Carrara e nei pressi delle discariche del Cassero e di Podere Rota.

I promotori chiedono quindi alle istituzioni maggiori controlli, trasparenza e misure urgenti per tutelare la salute pubblica e l’ambiente.

La nota di Rete Zero PFAS Toscana

Un consistente gruppo di Associazioni e Comitati, coordinati dalla “Rete Zero PFAS Toscana”, in considerazione del fatto che la politica nazionale e le istituzioni regionali sembrano indugiare sull’effettiva presenza di PFAS nelle nostre acque e nei nostri cibi, ha deciso di far eseguire una serie di analisi, a proprie spese, da un laboratorio accreditato utilizzato anche da Greenpeace nelle sue ultime analisi condotte in Toscana.

I PFAS sono inquinanti eterni, si muovono velocemente nelle acque e finiscono nella catena alimentare, hanno gravi effetti sulla salute, agiscono sul sistema immunitario, aumentano il rischio di alcuni tipi di cancro, alterazioni endocrine, problemi riproduttivi e disturbi dello sviluppo.

«Vogliamo ricordare – dichiarano i portavoce delle associazioni e dei comitati firmatari – che abbiamo scritto ai sindaci e inviato una proposta di mozione a tutti i consigli comunali della Toscana per chiedere studi e azioni concrete su questi inquinanti. Siamo consapevoli che il nostro non è un campione significativo a livello statistico e formale, ma tuttavia rappresenta una fotografia, seppur limitata geograficamente, della situazione attuale, allo scopo principale di sollecitare le istituzioni e gli enti di controllo deputati a prendere le misure opportune».

Le analisi saranno messe a disposizione della Rete Zero PFAS Italia, insieme ai test analoghi effettuati dal Veneto e da altre regioni.

Le politiche “green” vantate dalla nostra Regione, anche rispetto ai PFAS, mostrano tutti i loro limiti, in particolare se confrontate con quelle di altre realtà. Le Regioni Veneto e Piemonte, per quanto di loro competenza, grazie alle forti pressioni della cittadinanza, hanno approvato misure più restrittive riguardo ai PFAS; anche Utilitalia, la federazione che riunisce le aziende dei servizi pubblici, si sta muovendo con proposte concrete (vedi allegato).

Mettiamo a disposizione di tutti la mappa con i dati delle nostre analisi al seguente link:
https://www.google.com/maps/d/edit?mid=1AJaQ-5IOiM_3EddbLMFRct913bEncjI&usp=sharing

I punti di prelievo nella regione sono 47 e le molecole di PFAS analizzate sono ben 58. La maggior parte delle analisi attiene solo ai PFAS, in altre sono aggiunti anche 23 metalli pesanti, e alcune sono limitate a questi ultimi.

Volendone dare una sommaria interpretazione, emerge con nostra preoccupazione che queste sostanze sono presenti nella quasi totalità dei campioni. Tuttavia, le acque potabili prelevate a fontanelli o in civili abitazioni hanno avuto andamenti diversificati: in alcuni casi sono risultate ottime (Arezzo e Monsummano Terme, PFAS 0), in altri casi abbiamo trovato presenza di PFAS non certo trascurabile (Prato e Carrara), anche se nei limiti di legge che entreranno in vigore nel 2026. Pure in una bottiglia di acqua minerale di pregio della nostra regione sono presenti queste sostanze perfluoroalchiliche, come nei pozzi privati.

Per le acque superficiali sono stati analizzati due campioni del Tevere, uno dell’Arno e altri due in corsi superficiali minori: a sorpresa, i valori più elevati sono stati trovati nel Tevere a Sansepolcro, a ridosso del confine con l’Umbria. Inoltre, due analisi sono state fatte su acque superficiali vicino ad aree minerarie (nel Grossetano), dove non risulta significativa la presenza di PFAS, ma in uno dei due prelievi emerge allarmante la presenza di metalli pesanti.

Abbiamo prelevato anche acque superficiali vicino a depuratori e aree industriali importanti e, anche in questo caso, i PFAS sono presenti ovunque, seppur non in quantità considerevoli, fatta eccezione per il Fosso Tommarello nella zona ENI a Calenzano, dove la somma di PFAS ammonta a 2775,8 ng/l e a 612,5 ng/l in un altro campione. Ci si chiede se l’enormità di questi dati sia dovuta alle schiume usate per spegnere il recente incendio dell’impianto, all’attività stessa di ENI o ad altre cause a noi sconosciute.

Destano timori anche i valori riscontrati a Livorno, allo scolmatore zona Stagno, dove la somma PFAS è di 794 ng/l, con tipologie che rientrano tra quelle che la Comunità Europea vieterà dal 2026. Preoccupante anche la presenza nel torrente Nievole di PFOA, vietato nei processi industriali, rilevato nel bypass del depuratore: da dove arriva?

È motivo di seria preoccupazione il fatto che a Prato e Carrara sia stata trovata una quantità di PFAS maggiore o simile sia nelle acque potabili che in quelle superficiali, vicino agli scarichi dei depuratori. La domanda è: da dove vengono prelevate le acque per la potabilizzazione in questi due comuni?

Alcune analisi sono state effettuate anche vicino a discariche e aree di stoccaggio rifiuti. È proprio in queste acque che si sono riscontrati i dati più preoccupanti: alla discarica del Cassero (Pistoiese) oltre 2100 ng/l di PFAS, e a Podere Rota, nel comune di Terranuova Bracciolini (AR), oltre 7300 ng/l.

«Chiediamo alla Regione – proseguono i promotori – se vi sia una reale intenzione di monitorare la situazione toscana in relazione a questi inquinanti eterni e se sia già stato avviato uno studio specifico sui cicli produttivi. Riteniamo essenziale analizzare gli scarichi industriali e quelli dei depuratori, con particolare attenzione agli impianti che trattano reflui industriali.

È imprescindibile, alla luce dei nostri risultati, monitorare il percolato delle discariche, prestando attenzione alla sua destinazione, specie quando contiene elevate concentrazioni di PFAS.

Chiediamo inoltre che le ASL incrementino i controlli sulle acque potabili e che si intensifichi il monitoraggio degli alimenti in cui si possono verificare accumuli. Qualora emergesse una situazione allarmante, è necessario che la politica, come in Veneto e Piemonte, abbia il coraggio di porre dei limiti e informare la cittadinanza per non aggravare una condizione già compromessa».

 

LA RETE ZERO PFAS TOSCANA

ADiC Toscana APS-Associazione per i Diritti dei Cittadini
Forum Toscano Movimenti per l’Acqua
Forum Ambientalista Toscano
Associazione Livorno Porto Pulito APS
Apuane Libere ODV
Trasparenza per Empoli
Comitato Vittime Podere Rota
Movimento Municipalista Arezzo
Fondazione Progetto Valtiberina
Atto Primo Salute Ambiente Cultura ODV
Orti Collettivi Calenzano
Comitato Acqua Pubblica Arezzo
Comitato Acqua Bene Comune Valdarno
Associazione Alleanza Beni Comuni
Associazione I’Bercio
Comitato per la chiusura di ex Cava Fornace Montignoso (MS)
Comitato Apuano Salute e Ambiente della Provincia di Massa Carrara
Cittadini di Monsummano della Rete ero Pfas Toscana
Comitato via Cantarelle Pieve a Nievole

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