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Rimozione antenna, dopo il no del Tar il comitato Stop5G Empoli valuta il ricorso al Consiglio di Stato

"La sentenza non entra nel merito delle questioni sollevate" dicono i residenti che portano avanti la vicenda sul ripetitore in via delle Chiassatelle

Per la rimozione dell’antenna installata in via delle Chiassatelle non si fermano residenti e comitato Stop5g-Empoli-Valdelsa, annunciando la valutazione di un possibile ricorso al Consiglio di Stato. Questo dopo che il Tar della Toscana, come riportato da Il Tirreno, ha detto no alla richiesta di togliere il ripetitore telefonico installato sul tetto di un palazzo all’incrocio con via Chiarugi, seguita dall’antenna di Val Pusteria.

Era il maggio 2024 quando, come riferito dal comitato, "cittadini e cittadine del quartiere di Borgo videro affacciarsi davanti alle proprie finestre la pesante struttura senza alcuna informazione preventiva. Nei giorni precedenti vi era stata la chiusura al traffico di via Chiassatelle e di via Chiarugi, il messaggio inviato dal Comune parlava esclusivamente di lavori di manutenzione al lastrico solare di un edificio privato", "civico non ben definito". Alle prime potreste si formò il gruppo "Stop5g", "che ha approfondito, con rilevanti iniziative, gli aspetti legali e sanitari della vertiginosa invadenza di antenne o meglio Stazioni Radio Base nel tessuto urbano e la crescita esponenziale in atto dell’inquinamento elettromagnetico". Contemporaneamente i residenti, non solo dei quartieri interessati dalle antenne, raccolsero fondi per il ricorso al Tar.

Ma il Tribunale amministrativo della Toscana avrebbe giudicato inammissibile, come emerso dal quotidiano, l’atto contro il Comune di Empoli, Arpat e Iliad Spa. Il comitato aveva chiesto la rimozione dell’antenna installata nelle vicinanze di altri edifici che "comprometterebbe la visuale con conseguente perdita del valore di mercato degli immobili" che si trovano lungo la strada. Inoltre l’impianto "posto in una zona della città densamente abitata e in prossimità di siti sensibili, comporterebbe gravi rischi per la salute di tutti gli abitanti". Evidenziata inoltre "la mancata pubblicità dell’istanza di autorizzazione", lo scorso luglio il ricorso è stato respinto.

Ma la vicenda non è conclusa. "La sentenza - affermano - non entra nel merito delle questioni sollevate, ma rigetta il ricorso per presunta carenza di legittimazione: un rilievo formale secondo cui i cittadini ricorrenti non sarebbero "sufficientemente coinvolti" o "abbastanza vicini" all’impianto da poter agire legalmente. Riteniamo - aggiungono dal comitato - che definire generica la documentazione (come sottolineato dal Tar ndr) presentata dai ricorrenti sia una valutazione piuttosto riduttiva: si tratta di fotografie, relazioni tecniche e segnalazioni che descrivono un impatto ambientale, paesaggistico e potenzialmente sanitario ben concreto".

Adesso, fanno sapere, "i ricorrenti stanno valutando con l’avvocato la via del ricorso al Consiglio di Stato e che sono in grado di anticipare le spese di soccombenza" con l’aiuto dello stesso comitato e "grazie ad una sottoscrizione popolare che stiamo organizzando", anche per coprire le spese legali del ricorso presentato al Tar. Una battaglia dunque che prosegue con "ancora molta strada da fare" concludono dal comitato, sottolineando che "pur in costante crescita, la sensibilità e conoscenza, sia delle istituzioni che della popolazione, sul tema dei limiti alla crescita invasiva di stazioni radio base e di esposizione pubblica alle onde elettromagnetiche è ancora insufficiente".

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