Consiglio comunale aperto su Gaza a Montopoli, Salvadori (FI): "Non il luogo adatto per dibattiti internazionali"
"Nella seduta aperta del Consiglio Comunale tenutasi ieri, dal titolo “GAZA: Dal genocidio al cessate il fuoco”, ho ritenuto doveroso intervenire, (senza entrare nel merito della missione Sumund Flottilla con enfasi elogiata nel consesso) per ribadire con chiarezza il ruolo che la legge attribuisce a questo organo. L’articolo 42 del Testo Unico degli Enti Locali stabilisce che il Consiglio Comunale è chiamato a deliberare su regolamenti, bilanci, servizi pubblici e pianificazione territoriale. È su questi ambiti che può e deve incidere concretamente. Non è un puntiglio o un vezzo di critica. Il rischio concreto per i cittadini è che tempo, energie e risorse vengano spesi su questioni ideologiche, mentre non si esercita alcun governo del territorio. E i segnali sono evidenti: siamo in ritardo su tutto. Dall’urbanistica ai bambini che ancora mangiano ai banchi di scuola, dal rischio idrogeologico non affrontato alla gestione dei rifiuti, dalla messa in sicurezza della discarica alla manutenzione dei servizi essenziali. E molto altro". A parlare in una nota, che riportiamo completa di seguito, è Roberta Salvadori responsabile provinciale in Forza Italia di sicurezza alimentare e difesa del cibo nel mondo in seguito al Consiglio comunale aperto intitolato "Gaza: dal genocidio al cessate il fuoco discussione pubblica e impegno comune".
"Affrontare temi di politica estera, come il conflitto israelo-palestinese o la vicenda della Flotilla, rischia di snaturare la funzione del Consiglio, trasformandolo da strumento di governo locale in un’arena ideologica. La sofferenza dei popoli — e penso in particolare al dolore profondo del popolo palestinese — merita rispetto e umanità. Proprio per questo, non può essere strumentalizzata né diventare terreno di divisione in un luogo che dovrebbe restare presidio di unità e pragmatismo. Ho rivolto una seconda riflessione, con rispetto, all’Onorevole Scotto. Nel dibattito sulla Sudmund Flottilla per Gaza è emersa una dinamica che ha richiesto chiarezza: i parlamentari italiani coinvolti sono stati immediatamente rimpatriati, mentre i cittadini comuni — gli altri partecipanti — sono stati fermati, interrogati, in alcuni casi arrestati e trattenuti. È legittimo chiedersi: se un parlamentare ha partecipato a un’azione come semplice cittadino, allora avrebbe dovuto assumersi le responsabilità che ne derivano come ogni altro cittadino. Anzi, forse più di un cittadino comune, proprio per il ruolo pubblico che ricopre. Altrimenti — mi sono permesso una metafora — è come quell’ascia che convince l’albero di essere dalla sua parte solo perché ha il manico di legno. Ma resta pur sempre un’ascia.
Non si è trattato di una provocazione, ma di un invito alla coerenza istituzionale. I cittadini hanno diritto a sapere se chi li rappresenta agisce come rappresentante o come privato, e soprattutto se è disposto a condividere le conseguenze delle proprie scelte.
Ho concluso con una riflessione che ritengo necessaria. Per come è stato impostato, l’incontro di ieri avrebbe dovuto essere una conferenza pubblica, un momento di approfondimento e confronto aperto alla cittadinanza — non una seduta del Consiglio Comunale. A supporto della bontà di ciò che ho fatto notare, gli stessi consiglieri intervenuti un po’ a turno hanno definito il momento come “evento” “giornata di approfondimento”. Il Consiglio è un organo istituzionale che opera grazie alle risorse dei cittadini: tempo, personale, strutture e, soprattutto, fiducia. Ogni seduta ha un costo, e ogni parola pronunciata al suo interno dovrebbe essere orientata al mandato che la legge gli attribuisce.
Va riconosciuto che alcuni interventi sono stati sinceri e commoventi. Ma in altri momenti si sono usati termini come “lotta”, “controcultura”, “elogio della rabbia sociale”, “resistenza”, “centro capitalista della morte” — espressioni che, al di là delle intenzioni, risultano divisive. In un consesso che si propone di parlare di pace, tali parole sono apparse improprie e contribuiscono ad alzare il livello di tensione, alimentando fratture invece di ricomporle.
Il mondo ci interpella, e il dolore del popolo palestinese — come quello di ogni popolo in sofferenza — merita rispetto e umanità. Ma chi siede in Consiglio è chiamato a rispondere prima di tutto alle responsabilità che ha qui, nel proprio territorio. E può farlo con sobrietà, coerenza e senso del dovere. L’appello è che si possano vedere altri consigli comunali aperti su questioni di governo locale".