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Festa della Toscana, Saccardi: "Questa terra crede nell’umanità e in un futuro più giusto"

"Celebriamo la Festa della Toscana per guardare meglio in avanti, per ricordarci che il cammino iniziato 260 anni fa non è compiuto e che spetta a noi continuarlo, che la Toscana continui ad essere per ciascuno di noi una comunità che non lascia indietro nessuno, una terra che crede nel valore dell’umanità e nella possibilità di un futuro più giusto, più libero e più umano, questa è la nostra Festa, dei diritti, della Toscana”. Con queste parole la presidente del Consiglio regionale Stefania Saccardi conclude il suo intervento per la seduta solenne della Festa della Toscana – il cui tema quest’anno è “Un ponte per la pace” – istituita venticinque anni fa per celebrare il ricordo dell’abolizione della pensa di morte avvenuta il 30 novembre 1786 da parte del Granduca Pietro Leopoldo.

In apertura la presidente ricorda la presenza, al centro dell’Aula, del bandiera della Regione con due scarpette rosse, adagiate su uno sgabello, “perché oggi – afferma - è la Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, di cui parleremo nella seduta ordinaria del pomeriggio”.

“Quest’anno – spiega Saccardi - celebriamo i 260 anni dall’abolizione della pena di morte in Toscana, un atto che rese il nostro territorio il primo al mondo a riconoscere per legge l’inviolabilità della vita umana e celebriamo anche il 25esimo anniversario della nascita della Festa della Toscana e proprio per questo ho invitato il senatore Riccardo Nencini, perché fu istituita quando ricopriva la carica di presidente del Consiglio regionale”.

La presidente parla del momento storico che stiamo vivendo, “in cui abbiamo a che fare con guerre, tensioni internazionali, crisi umanitarie e migrazioni, crisi ambientali e climatiche, con la crescita delle disuguagliante economiche e sociali, con la crisi del lavoro e le trasformazioni del sistema produttivo, con la gestione dell’impatto dell’intelligenza artificiale e delle nuove tecnologie”  e ancora “con l’invecchiamento della popolazione, l’aumento del costo della vita” “con la crescita dell’odio e delle violenze, soprattutto sulle donne” e nel “momento presente in cui assistiamo all’erosione della fiducia nelle istituzioni e nella partecipazione democratica”.  Saccardi si sofferma sul senso della celebrazione della Festa della Toscana, definendola una festa “dei diritti, ispirata alla scelta rivoluzionaria che mise la dignità della persona al centro dell’ordinamento e della società”.

Per Saccardi, la Festa della Toscana non è “una rievocazione nostalgica che guarda al passato come una fotografia ingiallita. Noi, invece, abbiamo la consapevolezza di appartenere a una terra che ha saputo fare dei diritti e della giustizia un patrimonio vivo e forte”, “siamo una comunità di persone diverse” con un “passato comune” e “impegnati in un viaggio di cui condividiamo aspetti positivi e negativi”. Citando poi Giorgio La Pira ricorda che “gli uomini sono membri di collettività umane fra loro organicamente collegate” e aggiunge: “D’altronde, è nel rapporto con gli altri che acquistiamo senso e valorizziamo a pieno ciò che siamo”.  Ed è questo il senso del significato persona che “implica la necessità di entrare in ascolto e in relazione con gli altri; è in fondo questo il punto centrale della politica: scoprire di essere uniti da un filo che ci lega a chi è venuto prima e a chi verrà dopo di noi, perché non siamo i primi, non siamo gli unici e non saremo gli ultimi. Accorgersene e tenerlo a mente costituiscono la vera chiamata a realizzare quelle infinite possibilità che si presentono quando si scopre di non essere soli”.

Per la presidente Saccardi “è illusorio credere che la nostra società sia fatta di tante singole soggettività” così come “il bene comune non è un’addizione aritmetica del bene di ogni singolo cittadino”; ognuno, invece, “è chiamato a riconoscere gli altri compagni di viaggio in modo da contribuire alla ricerca di soluzioni comuni, perché ciascuno è alla ricerca di un futuro migliore”.

“Celebrare la festa della Toscana – conclude – significa riconoscere che la nostra storia è una sorgente che alimenta il nostro presente, che è l’eredità di quella scelta” e che “ci impegna a costruire una Toscana che non smette di essere una terra di dialogo, giustizia, di pace e libertà, che respinge ogni forma di violenza e odio” e che “non si rassegna alle diseguaglianze e alle fragilità del nostro tempo ma prova a trasformarle in responsabilità comuni”. “È un invito a riconoscere nell’altro un volto, una storia e una speranza”. E infine: “È una promessa che questa terra” “saprà essere ancora presidio e avanguardia dei diritti umani, un luogo che mette la persona prima di ogni cosa”.

 

Giani: "Da questa regione l’identità dello Stato moderno"

Un excursus storico sulla Festa della Toscana e sulle sue origini al centro dell’intervento del presidente della Regione Eugenio Giani in chiusura della seduta solenne della Festa dedicata quest’anno a “Un ponte per la pace”.

“Oggi celebriamo una Toscana che ha costruito un’identità che nessun’altra delle Regioni italiane ha – ha detto Giani – ovvero un’identità propria di un governo che arriva da 456 anni, il 27 agosto del 1569, in cui Cosimo I de’ Medici diventa Magnus Dux Etruriae e grazie al quale il nostro territorio diventa una regione che è uno stato”.

Il presidente Giani, definendo Pietro Leopoldo “un extraterrestre, perché veniva in Toscana non essendo né nato né cresciuto nella nostra regione”, ha ricordato le sue riforme economiche con l’eliminazione di tutti i dazi e le dogane, con la decisione di abolire le 21 vecchie corporazioni e imporre i propri statuti, dando a tutti i lavori pari dignità, “Pietro Leopoldo – ha spiegato - dice basta con le corporazioni, ci vuole un unico centro di registrazione economica delle attività, che è la Camera di commercio” e “tutti hanno diritto di iscriversi senza distinzioni del lavoro che fanno”.

Non solo vengono declinate le riforme nell’economia – come ha raccontato il presidente – ma anche nella scuola, con la nascita di quattro scuole pubbliche, nella sanità pubblica con gli statuti di Santa Maria Nuova e Santa Maria della Scala a Siena dove c’è un modo nuovo di concepire gli ospedali, “non più luoghi di fragilità”, ma “luoghi in cui ci si specializza nella cura”. Da qui “nascono la chirurgia e la specializzazione delle discipline mediche” e “le attività di carità vengono sviluppate da istituzioni che vengono progressivamente fondate”.

Poi si ricorda Leopoldo come colui che “costituisce le comunità, quelle che oggi chiamiamo i Comuni, come luoghi di aggregazione dei popoli, e così da mille e duecento popoli la Toscana diventa il luogo delle 300 comunità”, e “ancora oggi abbiamo 273 comuni razionali e con la capacità di fare”.

“Leopoldo, il grande straordinario riformatore – ha continuato Giani - che vive il momento epocale quando prepara la riforma della giustizia”, “con l’abolizione della pena di morte, della tortura e della confisca dei beni ai condannati”.  Infine, la realizzazione delle opere pubbliche “come la strada statale dell’Abetone e del Brennero”, “le bonifiche del lago di Bientina, finite da Leopoldo II, la Val di Chiana che viene resa il granaio della Toscana, la Maremma che inizia il percorso che gli consentirà di superare gli effetti malarici”.

In conclusione, Giani ricorda “il significato dell’opera di questo granduca che attraverso l’abolizione della pena di morte, ci regala qualcosa che non è solo storia ma è attualità”, “il frutto dell’identità della Toscana, l’unico degli stati preunitari che assomiglia ad una Regione di oggi. Non c’è nessuna altra delle 19 regioni che abbia avuto l’identità da stato moderno che abbiamo noi”.

La seduta si è conclusa con la consegna del Pegaso della regione ai due relatori: al presidente del Gabinetto Viesseux Riccardo Nencini e Sandro Rogari, ordinario di storia contemporanea dell’Università di Firenze. (4 – fine)

Fonte: Toscana Consiglio Regionale

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