Oggi in sciopero anche i giornalisti: insicurezza e precarietà sono un danno per la democrazia
Un pezzo d'Italia incrocia le braccia per uno sciopero generale di tutti i settori pubblici e privati. Trasporti, scuola, servizi, ospedali, ma anche la Stampa. Oggi, venerdì 28 novembre, scioperano infatti anche i giornalisti e le giornaliste per il rinnovo del contratto nazionale di lavoro. Il contratto non viene rinnovato dal 2016, i minimi retributivi sono fermi dal 2012, i salari reali sono scesi del 20%.
La stampa è un presidio di democrazia e di cittadinanza, a tutti i livelli, soprattutto nell'attuale sistema dei media e della post-verità, un contesto culturale in cui l'accesso immediato ad un'informazione semplificata rende il cittadino più vulnerabile. La salute di ogni sistema democratico passa dalla salute dell'Informazione, e se chi questa informazione deve mediarla non ha la tranquillità economica per svolgere questa professione, ciò ricade su tutto il sistema. Un giornalista precario è innanzitutto un giornalista ricattabile, che non avrà nessuna arma per difendersi contro le pressioni quotidiane a cui siamo sottoposti. Un giornalista che di fatto è costretto a mettere a rischio il proprio lavoro, e con esso la propria sicurezza familiare, qualora volesse svolgere con coraggio il proprio mestiere, in un contesto in cui sia la combinazione disposta tra la troppo larga legge sulla diffamazione e il troppo facile ricorso alle 'querele temerarie' suonano come un perenne monito a stare nei 'ranghi'.
Lo sciopero di oggi riguarda ovviamente chi il contratto nazionale lo può vedere applicato perché ha un contratto nazionale, ma in Italia ci sono 47mila giornalisti autonomi, di cui 26mila contribuenti di cui il 70% guadagnano meno di 25mila euro lordi, mentre i subordinati sono circa 17mila (report INPGI relativo al 2023); le entrate dichiarate per gli autonomi sono di 11.464 euro per quanti svolgono l'attività in forma di collaborazione coordinata e continuativa e 16.454 euro per chi esercita in modalità libero-professionale, questi i dati comunicati dal presidente dell'INPGI Roberto Ginex nel febbraio 2025 alla Commissione parlamentare per il controllo sulle gestioni previdenziali.
Sono dati drammatici, che purtroppo fanno da cornice alla vita professionale di tanti colleghi e colleghe: giornalisti che svolgono più lavori diversi per sostenersi economicamente, giornalisti che arrivati alla soglia dei 30 anni e cambiano lavoro, conseguente carenza di giornalisti esperti e formati, giovani pieni di energia che per costruirsi una famiglia sono costretti a ricostruirsi una carriera, sbattendo contro al reale sostenibilità di questa professione. Tutto ciò crea un settore deprofessionalizzato, lentamente esangue e poco autorevole. Non è una problematica corporativa, di un solo settore, ma riguarda la qualità della nostra democrazia.
Per questo anche la redazione di gonews.it sostiene le motivazioni dello sciopero proclamato dalla FNSI, la Federazione Nazionale Stampa Italiana ben oltre i suoi specifici obiettivi, come un momento di riflessione più ampio, rivolto tanto agli editori che allo Stato, su tutte le forme di lavoro giornalistico e sulla necessità di salvaguardare un presidio di democrazia; per questo la redazione non garantisce la pubblicazione dei tanti comunicati che riceveremo oggi.
Proprio l'FNSI ha inviato a tutte le testate un comunicato con le motivazioni che pubblichiamo di seguito per intero:
Oggi le giornaliste e i giornalisti italiani sono in sciopero. Scioperiamo perché il nostro contratto di lavoro è scaduto da 10 anni e soprattutto perché riteniamo che il giornalismo, presidio fondamentale per la vita democratica del Paese, non abbia avuto la necessaria attenzione da parte degli editori della Fieg: molti tagli e pochi investimenti, nonostante le milionarie sovvenzioni pubbliche.
In oltre 10 anni la riduzione degli organici delle redazioni e la riduzione delle retribuzioni dei giornalisti attraverso stati di crisi, licenziamenti, prepensionamenti e il blocco del contratto hanno avuto fortissime ripercussioni sul pluralismo e sul diritto dei cittadini ad essere informati.
In questi 10 anni i giornalisti dipendenti sono diminuiti, ma è aumentato a dismisura lo sfruttamento di collaboratori e precari: pagati pochi euro a notizia, senza alcun diritto e senza futuro.
In questi 10 anni il potere di acquisto degli stipendi dei giornalisti è stato eroso dall'inflazione, quasi del 20% secondo Istat: per questo chiediamo un aumento che sia in linea con quelli degli altri contratti collettivi.
Gli editori hanno proposto un aumento irrisorio e chiesto di tagliare ulteriormente il salario dei neoassunti, aggravando così in modo irricevibile la divisione generazionale nelle redazioni.
Non ne facciamo una battaglia corporativa. Pensiamo che un’informazione davvero libera e plurale, che sia controllo democratico, abbia bisogno di giornalisti autorevoli e indipendenti, che non siano economicamente ricattabili.
Chiediamo un contratto nuovo, che tuteli i diritti e che guardi all’informazione con le nuove professioni digitali, regolando l’uso dell’Intelligenza Artificiale e ottenendo l'equo compenso per i contenuti ceduti al web.
Vogliamo spingere gli editori a guardare al futuro senza continuare a tagliare il presente. Se davvero la Fieg tiene all'informazione professionale deve investire sulla tecnologia e sui giovani che non possono diventare manovalanza intellettuale a basso costo. Lo deve a noi giornalisti, ma soprattutto lo deve ai cittadini tutelati dall'articolo 21 della Costituzione.
Il Direttore di gonews.it
Giovanni Mennillo