Rom della Bigattiera, Una città in Comune: "La giunta ascolti Papa Francesco"

I Carabinieri al campo rom di Bigattiera

Qualche giorno fa Papa Francesco in un incontro pubblico con i rappresentanti dei movimenti popolari internazionali, denunciando l'indifferenza e il razzismo di città e amministrazioni più dedite agli affari che ad occuparsi dei propri cittadini meno fortunati, ha affermato: "Viviamo in città che costruiscono torri, centri commerciali, fanno affari immobiliari, ma abbandonano una parte di sé ai margini, nelle periferie. Quanto fa male sentire che gli insediamenti poveri sono emarginati o, peggio ancora, che li si vuole sradicare! Sono crudeli le immagini degli sgomberi forzati, delle gru che demoliscono baracche, immagini tanto simili a quelle della guerra.

E questo si vede oggi". Queste immagini sono quelle che nei prossimi giorni l'amministrazione comunale vorrebbe riproporre ai suoi cittadini: l'ennesimo sgombero di famiglie rom. Questa volta alla Bigattiera, campo peraltro tutt'altro che abusivo visto che fu proprio l'amministrazione comunale dell'epoca, dieci anni fa, a realizzarlo proprio nell'ambito di un progetto di integrazione della popolazione rom poi abbandonato.

Una città in comune denuncia l'insensatezza e la ferocia con cui il Comune di Pisa persegue questo progetto che, come in altre occasioni, si risolverà nella distruzione delle povere baracche dei rom e delle loro masserizie ad uso e consumo dei media senza nessuna politica razionale di integrazione di queste popolazioni, senza fornire loro nessuna alternativa abitativa e di vita reali.
Le proposte avanzate dai funzionari della Società della Salute sono insensate. Le famiglie rom della Bigattiera ed i loro figli non sono clandestini. Si tratta di famiglie che per la maggior parte vivono sul nostro territorio da almeno vent'anni e i cui figli sono nati e cresciuti qui e frequentano le nostre scuole.

L'idea del rimpatrio assistito con viaggio pagato e "premio" in denaro per chi accetterà di tornare in Macedonia, paese di origine di queste famiglie, non ha senso perchè queste persone non hanno più una casa in quei luoghi e diventeranno automaticamente, in base alle leggi vigenti in quel paese, emigrati irregolari e i figli clandestini. La proposta di andarsene semplicemente altrove, in altre regioni d'Italia, assomiglia tanto all'azione di nascondere la polvere sotto il tappeto, indegno di un'amministrazione comunale che voglia dirsi civile.

E mentre si accusano queste famiglie di ogni misfatto ed illegalità, l'amministrazione comunale continua da più di un anno a disattendere quanto promesso e formalizzato in sede ufficiale, e cioè di fornire le condizioni minime di un vivere civile appena degno di questo nome: il ripristino dell'acqua corrente, dell'elettricità e dello scuola bus per i bambini che vanno a scuola.
E' assurdo che pochi mesi fa si siano denunciati i genitori dei bambini che non andavano a scuola e ora il Comune di Pisa voglia sgomberare il campo della Bigattiera interrompendo la frequenza scolastica dei minori (circa la metà dei 130 abitanti del campo) che lì vivono.

Ridicole sono anche le scuse addotte dall'assessore al sociale del Comune di Pisa, Sandra Capuzzi, che con linguaggio freddamente burocratico afferma che "non si tratta di uno sgombero, ma semmai di una chiusura decisa e programmata da tempo". Decisa e programmata da chi? E quando? E poi perché, mentre si progetta lo sgombero del campo rom della Bigattiera, la Società della Salute lavora per affidare il servizio di scuolabus per i bambini dello stesso campo? Sul sito della SdS compare infatti un bando a evidenza pubblica con scadenza 8 Ottobre 2014 e importo complessivo di 57mila euro. Che fine ha fatto questo bando e che fine faranno questi soldi, se il campo verrà sgomberato?

Una città in comune chiede quindi al Sindaco Filippeschi e alla sua giunta di fermarsi ad ascoltare le parole di Papa Francesco e di affrontare la questione delle famiglie rom della Bigattiera secondo una prospettiva che possa tenere insieme legalità e solidarietà senza dare ascolto a quella parte della società civile pisana che per i poveri, i rom, gli immigrati, le fasce più deboli della popolazione sa solo chiedere feroce indifferenza e cieca repressione.

Marcello Cella per Una città in comune

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