Allessandro De Marchi, orgoglio friulano

(foto tratta dalla pagina f.b. di Alessandro De Marchi)

Trattando in materia di ciclismo professionistico si potrebbe parlare di "fuga di gambe". Con il contesto delle squadre "World Tour" limitato alla sola formazione della Lampre-Merida, con la Cannondale costretta a chiedere "asilo" alla Garmin, per diversi tra i nostri pedalatori più apprezzati a livello internazionale, ecco farsi strada la vita da emigrante. Fortuna che in molti casi si può parlare a pieno titolo di emigrante di lusso, quando ad accoglierti è un team come quello della BMC. Una delle massime espressioni a livello di budget economico e potenzialità tecniche, tra le formazioni della massima divisione. Una sorte tutt'altro che malvagia, quella toccata ad Alessandro De Marchi, famoso nel gruppo come "il Rosso di Buja". Un atleta che vicino alla soglia dei trent'anni ha saputo mettersi in luce e farsi apprezzare per lo spirito combattivo e una generosità in corsa davvero eccezionale. Corridore adatto a lavorare per la squadra, ma grazie a una determinazione fuori del comune, oltre ad un carattere coriaceo abbinato ad una naturale predisposizione a sopportare per lungo tempo la soglia aerobica, sono in molti a tributargli anche un futuro nel quale possa esserci spazio anche per soddisfazioni personali.
La stessa cosa che si augurano i tanti tifosi del corridore friulano e i tanti estimatori che soprattutto nelle ultime stagioni hanno incominciato a guardare con sempre più interesse e simpatia verso l'ex Cannondale.
Allora Alessandro, squadra straniera ok. Speriamo però che tu possa davvero ritagliarti anche un po' di autonomia per regalare qualche bella soddisfazione ai tanti tifosi ed appassionati italiani.
«Avrò sicuramente un po' di spazio a disposizione, ma non devo dimenticare da dove sono partito e quello che è stato fino ad oggi il mio ruolo principale. Giusto dunque che io continui sempre a considerarmi un gregario; magari un gregario di lusso. La strada a volte sa offrire ghiotte occasioni e in quei momenti bisogna essere pronti ed approfittarne».
Tra l'altro sei capitato in una squadra che rappresenta una corazzata formidabile, la BMC.
«Sono davvero molto contento di questa opportunità. Avrò la fortuna di continuare a lavorare per grandi capitani; circostanza che mi aiuterà a crescere ulteriormente, ma dove sono sicuro che potrò avere anche diverse occasioni da sfruttare sul piano personale. Ho saputo che alla BMC piace il mio modo di correre».
Ti troverai anche uno staff e un management tecnico di connazionali: Sciandri, Piva, Baldato.
«La componente italiana è davvero ricca e sono stati determinanti proprio i direttori sportivi, nel mio passaggio alla BMC. Sono molto contento inoltre di trovare anche compagni di squadra italiani, a cominciare da Quinziato ed Oss, che sono lì già da tempo. Ricordiamo poi che mi raggiungerà anche Damiano Caruso che è già stato mio compagno di squadra alla Cannondale. Direi che lo zoccolo italiano è molto marcato ed anche di ottima qualità. Sia come corridori che come staff tecnico. Un'arma in più, sicuramente».
Sei un corridore friulano. Provieni da Buja, una località resa famosa circa quarant'anni fa dalle tristi cronache del terremoto.
«Una storia tribolata, come quella di tutto il Friuli. Legato alle sofferenze del terremoto '76. Noi friulani sappiamo però essere determinati e coriacei come pochi. Anche i ciclisti sono fatti a questo modo. Io sono molto fiero di poter essere identificato in Buja e nel Friuli in generale. Una responsabilità che aiuta a darmi la carica in certi momenti».
Completa a questo punto, la tua carta d'identità.
«Sono nato il 19 maggio 1986 a San Daniele del Friuli e ho vissuto e vivo tuttora a Buja. Sono friulano al 100%».
Torniamo invece ai programmi futuri. Generoso, attaccante, e capace di lanciarti in lunghe fughe. Una capacità di resistere alla sforzo prolungato piuttosto spiccata. Sarebbe interessante testarti nelle grandi classiche del pavè.
«È un'osservazione che mi hanno fatto notare molte persone. Un'esperienza che fino ad oggi mi è mancata. Non lo so se potrà capitarmi il prossimo anno. Dobbiamo sempre decidere i programmi. Potrebbe starci anche il debutto su quei terreni e sarebbe davvero bello buttarsi in questa avventura».
Per quanto riguarda invece le grandi gare a tappe, quali pensi che siano le tue attitudini per quel tipo di corse?
«Fino ad oggi ho affrontato i grandi Giri con il doppio ruolo di gregario e di battitore libero, che mi sono riservato in qualche occasione. Mi è capitato a volte di pensare di correre una grande gara a tappe con il ruolo di capitano e di uomo di classifica. Al momento però non mi sento pronto per quella responsabilità, soprattutto su una corsa di tre settimane. Tentare già quest'anno su una breve gara a tappe potrebbe essere anche possibile. Per i grandi Giri, vedremo con la crescita graduale che cosa potrà capitare in futuro».
A distanza di un paio di mesi, che cosa ti porti dentro e che cosa ti è rimasto dell'esperienza vissuta nel ruolo di primattore al mondiale di Ponferrada?
«Un'esperienza che più di ogni altra ha sancito e caratterizzato la passata stagione. Mi ha fatto acquisire ulteriore consapevolezza delle mie capacità. Importante anche a livello squadra Nazionale. Tutti noi corridori ci siamo identificati con la maglia che avevamo indosso. Cassani ha svolto un grande lavoro. Spero di poter continuare a lavorare con lui anche nelle prossime occasioni».
Al momento sembra di capire che è abbastanza difficile ipotizzare quello che sarà il tuo effettivo programma per la prima parte della stagione 2015.
«Dovrò confrontarmi con la squadra. Circostanza che avverrà sicuramente nel corso del primo raduno che faremo in Spagna il prossimo mese, sulla costa valenciana. Gli obiettivi delle BMC diventeranno anche i miei obiettivi. Mi piacerebbe tanto correre il Giro d'Italia. È due anni che non lo corro e ci terrei. Vedremo che cosa succederà».

Roberto Sardelli

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