Abuso di psicofarmaci in cella, se ne parla a Sollicciano

Il ragazzo ha sbagliato, per questo sta scontando una pena in carcere. Ma che il malessere dentro ci fosse prima o sia emerso dietro le sbarre, ora chiede al medico di essere sedato, qualcosa che lo tenga calmo e gli consenta di affrontare la giornata. Ma quel rimedio può far gola a molti, anche a un pregiudicato prepotente per preparare un cocktail di farmaci capace di alterare la giornata di un recluso o per avere una merce di scambio.

Dell’uso, dell’abuso e delle problematiche connesse alla diffusione degli psicofarmaci nelle carceri toscane si discute nella mattinata di martedì 14 aprile, a partire dalle 9, nel Giardino degli incontridella Casa circondariale di Sollicciano in via Minervini 2R nell’ambito di una iniziativa intitolata «Guida pratica all’uso di psicofarmaci nelle carceri toscane: per una riduzione del danno da uso improprio, abuso, accumulo, traffico interno», promossa dall’Azienda sanitaria di Firenze, d’intesa con l’Amministrazione penitenziaria toscana, la Casa circondariale di Sollicciano, la Regione Toscana e l’Università di Siena.

L’uso degli psicofarmaci in carcere pone problemi correlati con la percentuale elevatissima di individui tossicofilici, taluni affetti da disturbi di personalità severi, per i quali non vi sono prescrizioni con margini confortanti di risultato. Essi tendono a ricorrere in maniera impropria a tali prodotti, abusandone attraverso l’accumulo e lo smercio di quelli troppo spesso “pretesi” al di là della indicazione prescrittiva, quindi consegnati o somministrati, specie quando la formulazione in compresse, capsule, buste favorisce il traffico interno.

Alcuni prodotti psicofarmacologici, come ad esempio le benzodiazepine in genere, il clonazepam in specie, o il biperidene cloridrato o la quetiapina sono molto richiesti dai tossicodipendenti. Il clonazepam è prescrivibile dal neurologo, avendo specifiche indicazioni antiepilettiche; il biperidene cloridrato è utilizzato per ridurre gli effetti collaterali dei neurolettici; la quetiapina è un antipsicotico di nuova generazione. Non sempre e non in tutte le carceri i medici si attengono alle limitazioni e alle opportunità prescrittive, essendo anche arduo resistere alle pretese dei reclusi, talvolta pericoloso.

C’è poi una inclinazione a creare un mercato interno degli unici prodotti di abuso consentiti anche all’esterno. Questo avviene per esempio con la somministrazione non controllata di farmaci, consegnati al detenuto, così come avviene talvolta con il metadone da  parte dei Ser.T. esterni. Compresse, capsule o bustine, a differenza di farmaci in gocce o in sospensione, sfuggono così più facilmente anche ai controlli infermieristici e alimentano appunto un commercio parallelo.

Questa tendenza al commercio e alla mancata somministrazione monitorata di psicofarmaci mette a rischio anche la terapia di quei soggetti deboli che necessitano di cure, talora non pienamente eseguite e vengono sopraffatti da compagni più forti e prepotenti.

La dottoressa Gemma Brandi che dirige il Centro di salute mentale per adulti in funzione a Sollicciano ha promosso in collaborazione con la cattedra di Psichiatria dell’Università di Siena, la stesura appunto di una Guida pratica rivolta a tutti i medici e gli infermieri che operano nelle carceri toscane, con l’obiettivo di ridurre il danno che può derivare da consuetudini infauste.

La Guida e le problematiche connesse alla inappropriatezza delle prescrizioni, all’uso delle compresse, più pratico ma anche più rischioso in quanto favorisce l'accumulo e il commercio illecito, sono dunque al centro del confronto che si terrà nel luogo pensato da Giovanni Michelucci per umanizzare il penitenziario.

Fonte: Ufficio stampa Az. Sanitaria Firenze

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