Licenziamenti alla Carlo Colombo, le reazioni del mondo politico e sindacale

La Carlo Colombo di Pisa

"Esprimiamo sostegno e solidarietà ai lavoratori e alle lavoratrici della Carlo Colombo. Da tempo portano avanti una vertenza difficile per la difesa del proprio posto di lavoro, in un'azienda che da diversi anni si trascina in una crisi senza uscita. E che ha già chiuso diversi altri siti produttivi in altre parti d'Italia.
Nel nostro territorio lavoratrici e lavoratori hanno prima dovuto accettare i contratti di solidarietà, poi la cassa integrazione, facendo rinunce su rinunce per avere

una speranza. Contemporaneamente, i debiti milionari della società sono lievitati a dismisura, senza che sia mai stato presentato un piano industriale credibile. Oggi lo scenario è quello del licenziamento senza altra prospettiva.

La situazione della Carlo Colombo mette ancora una volta spietatamente in luce l'inadeguatezza di un sistema di sviluppo che si traduce in ricchezza per pochi, spesso irresponsabili, mentre sfrutta senza controllo le risorse umane e ambientali.

Chi paga sono sempre le lavoratrici, i lavoratori e le fasce più deboli: perdendo il lavoro ma anche vivendo e/o lavorando in ambienti insalubri. Per non parlare dei danni ambientali che colpiscono gli habitat e le specie. Se non qui, in altri Paesi del mondo.

Quello che avviene ora qui accade perché in questo Paese non c'è una politica industriale. Perché le multinazionali nei nostri territori possono fare le scelte che vogliono, senza mai essere costrette a rendere conto di nulla.

In nome di quanto prevede la Costituzione all'articolo 41, devono invece essere ricondotte alle proprie responsabilità: la politica deve quindi intervenire, a partire dal livello regionale, contro qualsiasi ipotesi di dismissione del sito produttivo per coprire i debiti e soprattutto contro qualsiasi tipo di delocalizzazione. Non solo, il sito e le apparecchiature, le macchine e i materiali di Ospedaletto devono essere usati a garanzia delle lavoratrici e dei lavoratori.

Lavoratrici e lavoratori sfruttati qui come in Congo, per l'appunto un altro Paese del mondo: ricordiamo infatti che alle spalle della Carlo Colombo c'è la multinazionale anglo-svizzera Glencore, già accusata più volte, da ONG e inchieste giornalistiche, di violazione dei diritti umani e all'ambiente nel Paese africano per condizioni di lavoro al limite della sopravvivenza, discriminazione dei lavoratori locali, straordinari non pagati, licenziamenti senza preavviso, sfruttamento del lavoro minorile, inquinamento della falde acquifere ed evasione fiscale".

L'INTERVENTO DEI COBAS

"Cosa si cela dietro ai motivi tecnici, organizzativi e produttivi che hanno portato al licenziamento di 68 operai nella fonderia Carlo Colombo?

Intanto è bene utilizzare le parole giuste, la riduzione di personale riguarda la totalità del personale (incluso il direttore) che opera nel sito di Ospedaletto, in sintesi la fabbrica (di lavorati in rame) chiude e licenzia. Una fabbrica nata nel 1947 che nel 2009 riunisce sotto il nome di Carlo Colombo spa le sue tre fabbriche ove fino ad oggi lavoravano in 250.

La proprietà della Carlo Colombo è detenuta da banche e istituti finanziari per i quali il lavoro è  solo una variabile dipendente dai loro profitti, quindi giudicando improduttiva l'attività , con gli ultimi anni  trascorsi  nella assoluta incertezza tra contratti di solidarietà e cassa integrazione,  hanno deciso di chiudere la produzione.

L'impegno delle istituzioni di aprire un tavolo istituzionale in regione arriva con mesi di ritardo perché le lettere di licenziamento arrivano dopo mesi di lenta agonia, un anno trascorso in attesa di risposte e di un piano di rilancio rilevatosi poi di sola dismissione

La fonderia di Ospedaletto ha impianti moderni che potrebbero essere utilizzati per anni, di certo  si guarda al mercato asiatico dal quale  i semilavorati in rame  arriveranno a costi inferiori pagando la manodopera locale meno di 3 euro all'ora.

I Cobas sono a fianco degli operai della Carlo Colombo . Chi da mesi , come il presidente del Consiglio, parla di ripresa economica, dimentica le decine di fabbriche \aziende che stanno chiudendo anche per l'assenza di investimenti tecnologici e per la delocalizzazione di interi rami produttivi

I tavoli istituzionali non potranno limitarsi alla riduzione del danno e qualche elemosina da erogare a chi perde il posto di lavoro. Quanti oggi speculano in borsa e in finanza sulla pelle dei lavoratori debbono essere perseguiti con forza destinando i proventi delle loro speculazione agli operai che hanno messo a casa

Per questo ben venga l'impegno di Comune e Regione ma servono fatti e soprattutto la volontà politica di far pagare ai padroni la chiusura delle loro aziende sul territorio".

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