Genitori detenuti, sono 2282 i figli in regione che vivono questo disagio

Franco Corleone (foto gonews.it)

“Sono occasioni, queste, che le Istituzioni fanno bene a promuovere. Le Istituzioni devono vivere in modo sinergico, sussidiario, il rapporto con le autorità così come con gli organismi e le associazioni che si occupano di reclusi. Interloquire con chi si occupa di carceri e di carcerati, ma anche di minori in relazione all’esperienza del carcere vissuta da un genitore, è importante. In casi come quelli al centro dell’incontro odierno, bisogna valorizzare la dimensione dell’incontro e ridimensionare il trauma, nei bambini che in carcere vanno ad incontrare la mamma o il papà”.

Così si è espresso il presidente del Consiglio regionale, Eugenio Giani, intervenendo al seminario sulla tutela dell’affettività nelle carceri toscane che si è svolto nel pomeriggio di oggi, giovedì 19 maggio, nell’Auditorium di Palazzo Panciatichi, dove è stata presentata la ricerca “Tutela di bambini ed adolescenti nella visita in carcere” promossa dall’Ufficio del Garante per l’infanzia e l’adolescenza della Toscana in collaborazione con il Garante regionale dei diritti dei detenuti e con il Provveditorato regionale dell’Amministrazione penitenziaria in Toscana.

Scopo dell’indagine svolta dalle ricercatrici Raffaella Pregliasco, Elisa Vagnoli ed Antonietta Varricchio era mettere al centro “i minori in visita nelle carceri” e in particolare “le garanzie di tutela dei bambini e degli adolescenti figli di detenuti che si recano in visita negli istituti penitenziari della Toscana”. Ne è uscito la “fotografia” della tutela delle relazioni affettive e dell’accoglienza dei minori in alcuni istituti penitenziari toscani. La ricerca, effettuata in carceri con caratteristiche diverse tra loro, ha evidenziato gli aspetti normativi a quelli fenomenologici, ma anche le modalità di accoglienza dei minori che spesso sono “ancora da costruire” o da “migliorare sensibilmente”.

Dopo i saluti istituzionali del presidente Giani, ci sono stati quelli del garante toscano dei detenuti, Franco Corleone, che ha sottolineato “i molti punti deboli ancora esistenti nel sistema” e ha auspicato la necessità di “creare percorsi di presa in carico del minore, nel momento in cui varca la soglia di un carcere, affinché la visita non si trasformi in un trauma”.

Al convegno, coordinato dalla presidente dell’Istituto degli Innocenti di Firenze, Alessandra Maggi, che ha sottolineato “l’importanza degli istituti di garanzia dei soggetti più deboli”, ha preso parte anche la ricercatrice Pregliasco, del medesimo Istituto, che ha presentato i risultati del lavoro, incentrato sul fatto che i momenti di incontro tra detenuti e figli “devono essere adeguati alle esigenze dei minori”. Con loro hanno partecipato al seminario Giuseppe Martone in qualità di provveditore regionale dell’Amministrazione penitenziaria, Lia Sacerdote dell’associazione Bambini senza sbarre, lo psicologo e psicoterapeuta Ezio Benelli, il consigliere regionale e pediatra Paolo Sarti, mentre Sylke Stegemann, Michela Salvetti e Sara Pagani, attive nelle carceri toscane, hanno messo a confronto le esperienze di Sollicciano a Firenze, San Gimignano e Pontremoli, quest’ultimo istituto minorile e femminile. Le conclusioni sono state tratte da Stefano Scaramelli, presidente della commissione Sanità e sociale.

Il consigliere Sarti, dopo aver sottolineato l’importanza di “avere cura dei bambini che si recano in visita in un carcere”, ha spostato l’attenzione su quelle madri che non possono usufruire degli arresti domiciliari o del differimento della pena ma hanno la possibilità di tenere i figli in cella fino a tre o sei anni. “Il problema è che i carceri sono ambienti terribili, incompatibili con i bambini e con il loro sviluppo psico-fisico”, ha affermato Sarti. Il quale ha poi sottolineato che “nel tempo si sono comunque studiate delle soluzioni” e che “la pena è imprescindibile ma deve essere considerata secondaria rispetto ai diritti del minori”.

Una possibile soluzione, ha spiegato Sarti, è costituita dall’Icam, acronimo di Istituto a custodia attenuata per madri detenute, avviato nel 2006 che però è presente, in Italia, solo a Milano ed a Venezia. L’altra è invece la casa-famiglia protetta, avviata nel 2011, che consiste nel mettere a disposizione dei veri appartamenti per donne che scontano pene per le quali non vi è la necessità assoluta del carcere. Essa è stata sperimentata a Milano, in Toscana è assente.

“Noi avevamo la possibiltà di realizzare un Icam a Firenze, ma nonostante il Comune abbia preso l’impegno di consegnarla entro il 2016, ancora tutto è in alto mare”, ha affermato Sarti. “Eppure intervenire in questo senso è fondamentale perché i danni che si fanno nella psiche di un bambino nei primi tre anni, rischiano di devastare tutta la vita”.

Il presidente Scaramelli, nelle conclusioni, ha sottolineato che “quando si parla di minori e del rapporto che essi possono avere con le realtà carcerarie bisogna farlo con molta attenzione perché per un bambino, specie se piccolo, può essere devastante sapere che il babbo o la mamma è in carcere”. Scaramelli ha auspicato interventi mirati, elaborati, pensati “dalla parte del bambino”. In questo senso Scaramelli ha ricordato l’attenzione che il piano sanitario regionale mette alle necessità e ai bisogni dei più piccoli. E in quest’ottica, al fine di assumere informazioni utili, ha ricordato che la commissione da lui presieduta andrà nelle prossime settimane in visita nelle carceri toscane.

“Abbiamo di recente ospitato il garante dei detenuti in commissione”, ha detto Scaramelli. “Con lui abbiamo convenuto che è inviolabile per chiunque il diritto alla salute ed a condizioni di vita dignitose. Fondamentale dunque è il diritto dei bambini a ricevere un trattamento adeguato, studiato affinché non sia per loro nocivo e controproducente, nel momento in cui vanno a recare visita a un genitore recluso in un istituto di pena”.

Fonte: Consiglio regionale della Toscana

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