Santa Croce e il Senegal mai così vicini grazie a un particolare studio sull'immigrazione

Uno studio della dottoressa Silvia Lami su Santa Croce e il Senegal: al centro il tema dei migranti e non solo




Santa Croce sull’Arno e il Senegal non sono mai stati così vicini. Nella sola consiliare del municipio oggi, venerdì 14 ottobre, è stato presentato il progetto “Conoscere l’emigrazione senegalese” condotto dalla dottoressa Silvia Lami e durato un anno a partire da settembre 2015. Lo studio è stato sostenuto dal Comune di Santa Croce e non solo, hanno partecipato anche i Comuni di Lucca e Capannori, Anci Toscana, EuroAfrican Partnership, Funzionari senza frontiere, Associazione COSSAN e Komera Onlus; è stato inoltre realizzato dalla ong LVIA per la quale Lami ha lavorato in Senegal svolgendo all’estero il proprio servizio civile.

Da questo progetto è venuto fuori che il Senegal e Santa Croce sono legati a doppio filo: molti migranti - e anche molti migranti di ritorno - si riconoscono molto nella mentalità santacrocese e si sono integrati con la cittadina della Zona del Cuoio ma non dimenticano il paese di origine per il quale sono una forza importante. Come si evince dallo studio di Lami, svolto tra Niomré, Djender e Ndijpp Niass (regioni di Louga e Thies), i migranti sono un supporto fondamentale per le attività sociali del villaggio. Scuole, enti e non solo risentono della lontananza del governo del Senegal, che non interviene per permettere i servizi di base. Gli abitanti perlopiù vivono di agricoltura - mango, arachidi e miglio specialmente - e allevamento ma la mancanza di acqua corrente fa sì che non sia facile lo sviluppo e ci siano molte criticità, nonostante il Senegal sia uno dei paesi più in via di sviluppo nell’Africa del Nord.

Volevamo fare una ricerca che portasse a riflettere su temi in maniera innovativa e volevamo farla attraverso la mediazione dei cittadini senegalesi, è stato importante il lavoro di ricerca e a livello umano è stato un percorso di crescita, spero che a livello progettuale sia un piccolo input per riflettere sulla migrazione in modo diverso” ha commentato la stessa Silvia Lami, la quale prima di partire ha potuto fare dei focus group con i senegalesi residenti a Santa Croce e quindi ha potuto ‘integrarsi’ prima della partenza. Cos’è che colpisce di più di questo pezzo di Africa? Lami ha una sua idea: “Si tratta di una vera e propria parte di Toscana, inoltre Santa Croce è famosissima… Il legame con l’Italia è forte e maggiore rispetto a quello con la Francia”.

Alice Concari di Anci Toscana ha parlato della possibilità di trasformare questo studio in un punto di partenza: “Una ricerca del genere deve essere un esempio. Spero che possa ripetersi e possa diventare un modello, anche perché è sempre più pregnante il tema dell’immigrazione e quindi sarebbe bello se potesse davvero essere un punto di partenza”. La pensa così anche il sindaco di Santa Croce sull’Arno Giulia Deidda: “C’è stato un lavoro dietro importante di una ragazza che si è misura con esperienze importanti. Penso sia giusto in una realtà complessa come la nostra che si possa parlare di immigrazione e di emigrazione in altri termini. Spero che possa essere propedeutico per affrontare la tematica nella quotidianità”.

L’assessore alla coesione sociale Carla Zucchi ha elogiato il lavoro della dottoressa Lami, definendolo un orgoglio per Santa Croce sull’Arno. Ha inoltre spiegato che il lavoro è un primo step per un lavoro di valore e più ampio, ma che comunque era importante condividere con la comunità per renderlo noto e soprattutto rendere note certe tematiche, in una società come la nostra dove il meltin’ pot è un punto focale della comunità: “L’idea è partita da Santa Croce in cui la percentuale di stranieri è alta. Nella vasta gamma di stranieri, la presenza senegalese è forte sia numericamente ma anche per tradizioni perché è radicata: è una presenza che ci porta a fare un’analisi produttiva. Non possiamo parlare del fenomeno migratorio solo nel qui e ora, ma anche nel passato con le relative cause e gli effetti. Ci è sembrato significativo analizzare i luoghi di origine ma anche le cause della partenza e indagare i rapporti tra le comunità di arrivo e di partenza”.

Una cosa che colpisce dello studio è un immaginario diffuso in Senegal e alimentato dalle politiche europee, come ha detto Silvia Lami. “In Senegal pensano che i soldi fatti all’estero siano soldi facili, un po’ come lo zio d’America per gli italiani. Quando qualcuno torna in Senegal e ha una macchina o un paio di jeans colpisce tutti, in paesi dove non c’è acqua corrente, per dire. In realtà non è così, perché anche in Italia c’è crisi ma non c’è questa concezione, almeno non in tutti” è quanto ha detto da Adama Gueye dell’Associazione COSSAN, che poi ha parlato della possibilità di aprire a Santa Croce un centro sulla cooperazione sull’immigrazione dal Senegal, infatti nelle prossime settimane ci sarà un incontro con l’ambasciatore senegalese a tal proposito.

Dalle visite di Silvia Lami con le amministrazioni locali sono nati spunti per l’avvio di progettualità condivise e che prevedano una partecipazione attiva dei migranti, vero e proprio ponte tra le comunità. Come hanno sottolineato Gueye e Lami infine, l’aspetto dello studio è legato a impostare in futuro linee programmatiche e progettuali per una destinazione più mirata delle risorse pubbliche previste per i progetti di cooperazione e la possibilità di creare sinergie con le attività socio-economiche portate avanti da migranti in Senegal.

Gianmarco Lotti

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