Consiglio regionale, Giani: "La nostra regione è il motore dell’Unità d’Italia"

Eugenio Giani (foto gonews.it)

“Oggi è davvero punto di riferimento dell’entità statuale della nostra regione, che si proietta in un turbinio di vicende capaci di dar vita alla nazione italiana”. Così ha esordito il presidente del Consiglio regionale Eugenio Giani, dando il “la” alla seduta solenne per celebrare il 27 aprile 1859, Indipendenza della Toscana.

“Quel giorno la città di Firenze viveva la sua ‘rivoluzione di velluto’ con la partenza, dalla Capitale del Granducato di Toscana, di Leopoldo II dei Lorena”, ha continuato il presidente.

“Seguirono due anni caratterizzati da un rapido evolversi di eventi: si costituì allora un governo provvisorio che guidò Firenze e la Toscana per quasi un anno, esercitando un ruolo determinante, nel percorso dell’Unità d’Italia”.

Nel marzo 1860 si tenne il plebiscito che decretò a larghissima maggioranza l’annessione della Toscana al Regno di Sardegna: oltre 366 mila toscani votarono, e i voti favorevoli furono il 94 per cento.

“L’Unità d’Italia si formava in quegli anni, e se i Savoia furono il centro e il cuore – ha sottolineato Giani – la Toscana fu il vero cervello di quel percorso che porterà, solo cinque anni dopo, all’unificazione non solo del Nord ma di tutta la penisola, che a pieno diritto potrà chiamarsi ‘italiana’.

“La Toscana fu dunque, a partire dalla mattina del 27 aprile 1859, vero e proprio motore, per il passaggio dalle dinastie alla democrazia, spinta decisiva per la nazione Italia”, ha affermato il presidente, ricordando i quattro personaggi che la mattina del 27 aprile ebbero un ruolo fondamentale nell’organizzare la manifestazione decisiva, in piazza Indipendenza, che indusse il Granduca a lasciare Firenze.

“Prima della seduta solenne ho voluto rendere omaggio e deporre corone in memoria di Giuseppe Dolfi, al Cimitero delle Porte Sante, in via Lambertesca sotto la targa che ricorda Ferdinando Bartolommei, in piazza Indipendenza in onore di Bettino Ricasoli e Ubaldino Peruzzi – ha affermato Giani – quattro grandi personaggi che ebbero un ruolo fondamentale nell’organizzare la manifestazione decisiva che indusse il Granduca a lasciare Firenze la mattina del 27 aprile.

“Quel giorno in piazza Indipendenza tutta la Toscana era lì ed oggi, 27 aprile 2017, lo ricordiamo con orgoglio”, ha concluso il presidente.

Servizio idrico: differenziare tariffe, mozione Sì-Toscana a sinistra passa all’unanimità

“Solo chi usufruisce di fognatura e depurazione deve pagare il servizio, la Regione monitori la corretta applicazione delle tariffe da parte dei gestori e li obblighi a valutare caso per caso gli allacciamenti alla rete”. Passa con il voto unanime dell’Aula una mozione presentata dal gruppo Sì-Toscana a sinistra nella seduta di ieri, mercoledì 26 aprile, per la “verifica della corretta applicazione della tariffazione puntuale del servizio idrico in Toscana”. La mozione impegna la Giunta regionale a monitorare l’effettiva applicazione da parte dei gestori del servizio idrico della sentenza della Corte Costituzionale 335 del 2008 e anche della normativa nazionale vigente, in particolare la legge 13 del 2009.

“La Corte costituzionale ha dichiarato che le quote in tariffa devono essere connesse ai servizi effettivamente erogati”, ha spiegato Tommaso Fattori, capogruppo di Sì-Toscana a sinistra. “La legge 13 fornisce ulteriori specifiche sulla tariffazione del servizio di fognatura e depurazione: non basta dichiarare che le opere sono programmate, bisogna che la realizzazione sia avviata e che i tempi previsti siano rispettati. L’utente, inoltre, deve essere rigorosamente informato, ma non ci risulta che questo accada veramente”. Un ulteriore problema rilevato nella mozione è relativo “agli allacciamenti obbligatori. Gli enti gestori prevedono nei loro Regolamenti parametri rigidi per l’allacciamento obbligatorio, a spese degli utenti, agli impianti di fognatura e depurazione, senza valutare le diverse situazioni e difficoltà”.

Dunque, “per avere una corretta applicazione delle tariffe – ha spiegato ancora Fattori in Aula – ci sono dei presupposti indispensabili”. Presupposti elencati nel dispositivo della mozione: “I gestori devono aggiornare gli archivi delle utenze e la tariffazione deve corrispondere agli obblighi sanciti dalla Corte costituzionale; l’obbligo di allacciamento alla rete fognaria deve essere disciplinato tenendo conto delle diverse casistiche esistenti; gli oneri per l’utenza derivati dalle attività di progettazione, realizzazione completamento degli impianti di fognatura devono essere applicati nel rigoroso rispetto di quanto previsto dalla legge”.

Il consigliere Gabriele Bianchi ha annunciato il voto favorevole del Movimento 5 stelle e ha proposto di “inserire le questioni poste dalla mozione nei temi all’attenzione del gruppo di lavoro istituito in prima commissione”. Lo stesso Giacomo Bugliani (Pd), presidente della prima commissione consiliare ha inviato Fattori “a entrare nel gruppo di lavoro sul demanio idrico”. L’Aula ha quindi approvato la mozione con voto unanime.

Lavoro: sostegno ai giovani professionisti, passa mozione Pd

Riconoscere ai giovani professionisti prestatori d’opera intellettuale gli stessi diritti delle aziende. Questo il senso della mozione presentata dal Partito democratico, illustrata dal capogruppo Leonardo Marras, che il Consiglio regionale ha approvato all’unanimità.
L’atto impegna la Giunta a “modificare il regolamento che disciplina la concessione di garanzie e contributi in conto interessi a favore delle professioni, prevedendo l’ampliamento dei soggetti beneficiari e includendo, oltre gli iscritti a ordini, collegi o associazioni professionali, anche coloro che siano soltanto iscritti alla gestione separata dell’Inps o in possesso di partita Iva”.

Indipendenza toscana: Rossi, occasione per dare risposte concrete a bisogni dei giovani

“Un momento utile per rinnovare gli impegni e realizzare nella società e nell’economia le condizioni necessarie per dare risposte concrete ai bisogni della gente e dei giovani”. Con queste parole il presidente della Toscana Enrico Rossi interviene alla seduta solenne del Consiglio regionale, a palazzo del Pegaso, per celebrare l’indipendenza toscana, avvenuta il 27 aprile 1859 con la partenza di Leopoldo II di Lorena da Firenze e il conseguente insediamento del Governo provvisorio.
“La data di oggi – continua il presidente – deve essere celebrata senza smarrire i valori fondamentali della nostra identità e senza prescindere dai problemi e dall’enormità che ha acquistato la questione sociale nel nostro Paese”. Dopo un excursus storico per ripercorrere le vicende che portarono all’indipendenza della Toscana e che si inseriscono nel più generale processo di costruzione dell’indipendenza e dell’unità del nostro Paese, Rossi ha ribadito la necessità di ricordare questo momento storico rifuggendo dalla retorica. Con un riconoscimento, poi, alla grandezza di Leopoldo: “Noi, oggi, celebrando questa data – ha aggiunto Rossi – non dimentichiamo la Toscana di Leopoldo e quale impronta di sviluppo, modernità e civiltà abbia lasciato il riformismo lorenese in Toscana. Credo si possa rivendicare la Toscana di oggi in modo da ascriverla a quel buon governo”.
Rossi ribadisce poi come il processo unitario, “la cui partenza in Toscana oggi celebriamo, sia stato positivo”. Secondo il presidente il ricordo di quel periodo è importante per capire come “dell’identità nazionale oggi la nostra regione sia un elemento fondamentale”. E si rifà in più di una occasione al pensiero politico di Antonio Gramsci, nell’anniversario della morte, avvenuta il 27 aprile 1937. “Dentro l’identità nazionale – aggiunge Rossi – abbiamo bisogno di ritrovarci con le nostre peculiarità, rifuggendo da chiusure e arroccamenti dentro una Toscana felix, che non lo è, perché fa parte dell’Italia e dell’Europa e vive le crisi che attraversano il mondo intero”.
Un passaggio dell’intervento del presidente si sofferma su ‘regionalismo’ ed Europa, sull’importanza che il “regionalismo, senza inficiare l’identità locale, si allarghi e si estenda ad intese con altre regioni affinché queste possano svolgere la loro funzione in un contesto nazionale ed europeo e dare una spinta ulteriore all’unità europea”. Rossi conclude ribadendo la necessità, il bisogno e il desiderio che abbiamo d’Europa. “Siamo una terra – afferma – che tiene insieme gelosamente le identità cittadina, regionale, nazionale ed europea, convinti che non si possa tornare alle piccole patrie e alzare muri”. “Vogliamo l’Europa che hanno sognato i nostri padri, l’Europa dei popoli, sociale, che si propone di assistere i giovani, oggi quell’Europa per tanti aspetti, purtroppo è ancora un sogno”.

Indipendenza Toscana: Ceccuti, fu una rivoluzione di civiltà

“La Toscana ha dato una lezione incomparabile di civiltà al mondo in due occasioni. Nel 1786, con la Costituzione di Pietro Leopoldo e l’abolizione della pena di morte e della tortura. Nel 1859, con una rivoluzione politica, dagli effetti dirompenti, ma pacifica, senza che fosse sparato un solo colpo di fucile, senza morti né feriti. Eppure, allora, una dinastia concludeva malinconicamente il suo regno”. Lo ha sottolineato Cosimo Ceccuti, professore ordinario di storia contemporanea alla ‘Cesare Alfieri’, da poco in pensione, nel suo intervento alla seduta solenne del Consiglio regionale della Toscana sull’Indipendenza toscana.
Ceccuti ha ricordato il clima di festa di quel 27 aprile, con le quasi ventimila persone raccolte alle ore 12 in piazza Barbano, in seguito piazza Indipendenza, per andare verso palazzo Pitti, ma che arrestarono la loro marcia in piazza della Signoria, dove a Palazzo Vecchio venne issato il tricolore sul balconcino a fianco del David di Michelangelo. Molte le espressioni di plauso a Vittorio Emanuele II e a Napoleone III, i grandi alleati, senza un solo grido ostile all’Austria. Le truppe, undicimila uomini, di austriaco avevano solo il comandante e fraternizzarono con la folla. Il Granduca Leopoldo non accettò la richiesta di abdicazione in favore del figlio Ferdinando e preferì andarsene. “Gli effetti di quel 27 aprile andavano molto al di là dei confini della Toscana – ha rilevato il professor Ceccuti – La proclamazione della fine dei Lorena, votata poi dall’assemblea toscana in agosto, apriva la strada all’unità nazionale più di ogni altra rivoluzione avvenuta in quelle settimane negli altri stati della penisola”. Chiedendo l’unione al regno di Vittorio Emanuele, infatti, Ricasoli ed i toscani facevano saltare il progetto dell’Italia divisa in tre stati, rompevano ogni schema e portavano il Regno di Sardegna oltre l’Appennino. “Il governo provvisorio di Ubaldino Peruzzi, Vincenzo Malenchini, e del maggiore Alessandro Danzini, fra i suoi primi provvedimenti, emanò il decreto che abolì la pena di morte, reintrodotta dal Granduca, ma mai applicata – ha concluso il professor Ceccuti – Perché, recita testualmente il decreto, ‘fra noi la civiltà fu sempre più forte della scure del carnefice’. Questo è il senso della rivoluzione toscana del 1859”.

Indipendenza Toscana: Ceccuti, fu una rivoluzione di civiltà

Firenze – “La Toscana ha dato una lezione incomparabile di civiltà al mondo in due occasioni. Nel 1786, con la Costituzione di Pietro Leopoldo e l’abolizione della pena di morte e della tortura. Nel 1859, con una rivoluzione politica, dagli effetti dirompenti, ma pacifica, senza che fosse sparato un solo colpo di fucile, senza morti né feriti. Eppure, allora, una dinastia concludeva malinconicamente il suo regno”. Lo ha sottolineato Cosimo Ceccuti, professore ordinario di storia contemporanea alla ‘Cesare Alfieri’, da poco in pensione, nel suo intervento alla seduta solenne del Consiglio regionale della Toscana sull’Indipendenza toscana.

Ceccuti ha ricordato il clima di festa di quel 27 aprile, con le quasi ventimila persone raccolte alle ore 12 in piazza Barbano, in seguito piazza Indipendenza, per andare verso palazzo Pitti, ma che arrestarono la loro marcia in piazza della Signoria, dove a Palazzo Vecchio venne issato il tricolore sul balconcino a fianco del David di Michelangelo. Molte le espressioni di plauso a Vittorio Emanuele II e a Napoleone III, i grandi alleati, senza un solo grido ostile all’Austria. Le truppe, undicimila uomini, di austriaco avevano solo il comandante e fraternizzarono con la folla.

Il Granduca Leopoldo non accettò la richiesta di abdicazione in favore del figlio Ferdinando e preferì andarsene. “Gli effetti di quel 27 aprile andavano molto al di là dei confini della Toscana – ha rilevato il professor Ceccuti – La proclamazione della fine dei Lorena, votata poi dall’assemblea toscana in agosto, apriva la strada all’unità nazionale più di ogni altra rivoluzione avvenuta in quelle settimane negli altri stati della penisola”. Chiedendo l’unione al regno di Vittorio Emanuele, infatti, Ricasoli ed i toscani facevano saltare il progetto dell’Italia divisa in tre stati, rompevano ogni schema e portavano il Regno di Sardegna oltre l’Appennino.

“Il governo provvisorio di Ubaldino Peruzzi, Vincenzo Malenchini, e del maggiore Alessandro Danzini, fra i suoi primi provvedimenti, emanò il decreto che abolì la pena di morte, reintrodotta dal Granduca, ma mai applicata – ha concluso il professor Ceccuti – Perché, recita testualmente il decreto, ‘fra noi la civiltà fu sempre più forte della scure del carnefice’. Questo è il senso della rivoluzione toscana del 1859”.

Governo del territorio, approvata mozione Sì Toscana Sinistra

“La Legge regionale 65/2014 "Norme per il governo del territorio" fu salutata alla sua approvazione dal presidente Rossi e dall'allora assessora regionale Anna Marson come una legge di profonda svolta e lungimiranza, in grado di impedire nuovo consumo di suolo e di tutelare il paesaggio e il territorio agricolo, che devono essere valorizzati come risorsa e bene comune anche attraverso una pianificazione sia condivisa fra le istituzioni, sia partecipata dai cittadini e da tutti i soggetti interessati”, ricordano i Consiglieri Tommaso Fattori e Paolo Sarti di Sì Toscana a Sinistra.

“A quasi tre anni dalla sua approvazione, tuttavia, le pressioni di varie lobbies e i mutati equilibri politici hanno spinto altrove, con il rischio d'inficiarne alcuni dei suoi aspetti più innovativi. La legge prevedeva tra l'altro un passaggio fondamentale di valutazione dell'efficacia della nuova normativa e dello stato complessivo della pianificazione, attraverso un confronto tra la Regione e le rappresentanze istituzionali, le parti sociali, le associazioni ambientaliste, il mondo della cultura, delle università e delle professioni, dando poi piena informazione al Consiglio Regionale sull'esito di questo confronto”.

“Trascorsi ormai i due anni previsti dalla normativa senza che vi sia traccia di questo necessario confronto, con l'atto approvato in Consiglio chiediamo con forza di dare piena attuazione alla legge regionale 65, il cui impianto non solo va mantenuto, ma va condiviso e monitorato. Dobbiamo contrastare la lenta erosione di importanti norme che erano state pensate per prevenire ingiustificati consumi di suolo in Toscana e per valorizzare il nostro territorio, bene comune di tutti gli abitanti della Toscana”.

Trattamenti estetici, mozione unanime: "Ripristinare i corsi di formazione"

Il Consiglio regionale della Toscana ha approvato all’unanimità una mozione del Movimento 5 stelle per scongiurare “la soppressione presso gli istituti pubblici della Regione Toscana dei corsi di formazione per il conseguimento della qualifica di Tecnico dei Trattamenti estetici”. La consigliera Irene Galletti, prima firmataria con Quartini, Bianchi, Cantone e Giannarelli, ha illustrato i contenuti in Aula, nella seduta di ieri, mercoledì 26 aprile, affrontando “un problema che parte dalla situazione dell’istituto Santoni di Pisa, ma interessa anche altri istituti in Toscana, a danno dei giovani impegnati nel percorso formativo professionale nel settore benessere”. “Si tratta della possibilità di iscriversi, dopo i tre anni di corso e superando un esame, ad un anno di specializzazione per assumere l’ulteriore qualifica di tecnico dei trattamenti estetici: requisito fondamentale per aprire un’attività autonoma nel campo dell’estetica”. Una possibilità “che è stata negata, gli studenti lo hanno appreso nel mese di gennaio”. Un danno per gli studenti, ha aggiunto Galletti, “perché quella qualifica permetterebbe di esercitare l’attività in maniera autonoma. Molti studenti hanno scelto il percorso proprio per questo. Sarebbe inoltre preclusa la possibilità di ottenere il diploma di scuola superiore”.

La mozione impegna la Giunta a ripristinare per almeno i prossimi tre anni scolastici le risorse destinate a questa formazione specialistica. Il testo è stato modificato a seguito della disponibilità manifestata dalla consigliera Ilaria Bugetti a nome del gruppo Pd “a intervenire su un tema sul quale il nostro gruppo e la Giunta regionale sono già impegnati”. La mozione, modificata in accordo tra i due gruppi in senso più generale, ha ottenuto il voto unanime dell’Aula.

Vvf Elba, la richiesta del M5S

“In Toscana abbiamo una squadra di Vigili del Fuoco ogni 80mila abitanti, un Vigile ogni 14.526 abitanti contro una media europea di uno ogni mille. Questo per tagli governativi indecorosi che espongono indirettamente a pericolo i cittadini toscani e il loro patrimonio. La situazione elbana vive il paradosso di un’estate 2017 alle porte, ad un anno da una stagione segnata da diversi focolai, dove i Comuni sono costretti ad autotassarsi per permettersi una seconda squadra di Vigili del Fuoco” segnala Enrico Cantone, consigliere regionale M5S vicepresidente della Commissione Toscana Costiera e Arcipelago, in merito ad una sua interrogazione alla giunta sul tema.

“Una scelta di necessità, centrata sul contributo di sbarco preteso ai turisti, che nasce – pare -  dal taglio dei finanziamenti relativi operato dalla Regione Toscana. Si ponga un limite di decenza: fare dell’economia spiccia sulla sicurezza dei cittadini elbani e delle decine di migliaia di turisti che la affolleranno quest’estate è intollerabile. La Regione trovi questi 40mila euro necessari e assicuri all’isola la seconda squadra di Vigili del Fuoco. L’arcipelago ha già sopportato l’accettazione del rischio sanitario da parte della maggioranza al potere in Regione".

Moschea di Firenze, Donzelli (FdI): "Il PD vuole islamizzare l'Italia"

«Il Partito democratico muore dalla voglia di islamizzare l'Italia. Una volontà che, a Firenze, non si ferma neanche di fronte alle dure opposizioni contro la realizzazione della moschea all'ex caserma Gonzaga. L'unico fattore in grado di rallentare quest'idea sono evidentemente gli interessi economici degli "amichetti". Dario Nardella ha dichiarato di non aver mai incontrato Pessina: qualcuno, a partire da Matteo Renzi, ha il dovere di spiegare quali siano le reali intenzioni del Pd. I cittadini si sentono presi in giro da una messinscena degna di un film di spionaggio". E' quanto afferma il capogruppo di Fratelli d'Italia in Consiglio regionale della Toscana Giovanni Donzelli, commentando la notizia riportata dal Corriere della Sera sull'interesse della famiglia Pessina, editore del quotidiano l'Unità, all'acquisizione della caserma di Firenze.

"Proprio nei giorni scorsi un'inchiesta di Report aveva parlato degli appalti che sarebbero stati promessi dal Pd ai Pessina come contropartita per l'acquisizione de l'Unità, che nel 2014 era in forte perdita - sottolinea Donzelli - nel caso della Gonzaga di Firenze siamo probabilmente di fronte all'ennesimo esempio di utilizzo privatistico della cosa pubblica da parte della sinistra in questa città. Un balletto che calpesta le istituzioni, a partire da quella del sindaco, oltre all'intelligenza dei cittadini derisi e sviliti da questo triste dibattito: per quell'area per cui l'amministrazione comunale aveva già avviato un percorso partecipativo costato la bellezza di 260mila euro di soldi pubblici e che prevedeva progetti di edilizia sociale. La conclusione è facile da trarre - conclude Donzelli - il Partito democratico si conferma il solito partito degli affari: apre le porte dell'Italia agli immigrati perché tutela il business dell'accoglienza da 5 miliardi l'anno. Poi è tirato per la giacca sulla moschea e ci rinuncia solo, guarda caso, quando in ballo ci sono gli interessi degli imprenditori amici".

Moschea, interviene Bambagioni: "Renzi non è più sindaco"

«Firenze ha un sindaco eletto dai cittadini e Matteo Renzi non può screditarlo esercitando un ruolo che non ha più». Così Paolo Bambagioni (PD), consigliere regionale della Toscana e referente per la Toscana della mozione Emiliano, commenta la vicenda legata al cambio di posizione del sindaco Nardella sulla realizzazione della moschea nell'ex caserma Gonzaga, al confine tra Firenze e Scandicci.

«Solo pochi giorni fa – prosegue Bambagioni – Nardella aveva individuato nell’utilizzo degli spazi della ex Gonzaga la soluzione migliore per andare incontro alla comunità islamica. Una decisione sulla quale aveva mostrato grandi perplessità il sindaco di Scandicci, non riuscendo però a trovare ascolto. Poi, dopo lo “stop” di Renzi, Nardella ha cambiato versione: e i motivi tecnici sembrano una motivazione un po’ debole visto quanto il sindaco si era sbilanciato sulla moschea. Sarebbe stato forse più giusto fare un passo indietro, casomai, ascoltando la voce del territorio, ovvero di Scandicci, e non un ordine calato dall’alto».

«Non voglio entrare nel merito della questione ma l’impressione – prosegue Bambagioni – è che l’ex premier non abbia espresso un parere ma lanciato piuttosto un diktat. La sensazione è che a Firenze, come al Governo, Renzi voglia esercitare un ruolo che non ha più: lo ha fatto con Del Rio per la questione Alitalia e con Nardella sulla moschea. Trovo inappropriato che un sindaco eletto dai cittadini venga screditato in questo modo: il messaggio che passa è che chi comanda non è Nardella ma Renzi. Lo stesso che aveva detto che se avesse perso la scommessa del referendum avrebbe lasciato la politica».

Indipendenza Toscana, parla Bertini

“Il 27 aprile 1859 aveva alle spalle una memoria forte, quella di Curtatone e Montanara, con l’esercito ed i volontari civili toscani, composti da medici, avvocati, lavoratori, contadini, nobili. Quelle comunità la memoria non l’avevano perduta, ma gelosamente conservata nonostante gli arresti e le minacce austriache e granducali”.

Lo ha dichiarato il professor Fabio Bertini, coordinatore dei sedici comitati toscani per il Risorgimento, nella sua relazione alla seduta solenne del Consiglio regionale sull’Indipendenza toscana. Bertini ha detto che, da solo, il ricordo non sarebbe stato sufficiente, se non si fosse unito alla consapevolezza del declino economico vissuto dal Granducato, per la dipendenza dall’Austria e l’inadeguatezza delle istituzioni lorenesi a far fronte agli effetti sociali della crisi, una vera e propria crisi di sistema. Ovunque in Toscana c’era animazione in quello stesso anno: a Livorno, Prato, in Maremma, a Siena. Aumentò l’afflusso dei volontari a Livorno per l’imbarco da Bibbona, Guardistallo, Manciano dell’Elba, Monte San Savino, Radicondoli. Partirono prima in 450, poi in 250, sotto la guida di un suo ufficiale. Il 25 aprile le comunità pisane chiedevano l’annessione al Regno di Sardegna, mentre anche a Carrara e Fossola, fuori dai confini granducali, erano iniziati gli scontri, che si estesero di lì a poco a Massa e Aulla. Il 27 aprile, mentre a Firenze si svolgeva la manifestazione di piazza Barbano, nella città labronica il governatore aveva già convocato un consiglio straordinario delle principali autorità e fece sventolare il tricolore, applaudito da un popolo festante. A Rosignano la stessa sera, festa in piazza. Manifestazioni analoghe a Santa Fiora, Scansano, Camaiore, Barga, Borgo San Lorenzo, Castelfiorentino. A Portoferraio, il 30 aprile, il governatore dispose la scarcerazione di detenuti politici dal Forte della Stella.

“Curtatone e Montanara era stata l’epopea della Toscana unita, al di là delle divisioni politiche. La resistenza agli austriaci, nel maggio del 1849, era stata l’epopea dei democratici toscani – ha concluso Bertini - A ben vedere tra quei due fatti non c’era alcuna incompatibilità, nei giorni in cui la Toscana si apprestava a compiere il cammino verso l’unità nazionale, cioè a mettersi in sintonia con la modernità europea dell’Ottocento, la vera ratio del Risorgimento”.

Blackout Tim/Telecom, unanimità del Consiglio al rafforzamento delle telecomunicazioni sull’Amiata

Unanimità del Consiglio regionale alla mozione presentata dal consigliere del Pd Simone Bezzini per rafforzare le telecomunicazioni per l’area di crisi dell’Amiata e superare il digital divide per garantire pari accesso ai servizi telefonici e informatici per chi vive in campagna. L’atto sottoscritto anche dal capogruppo Leonardo Marras  e dal consigliere Stefano Scaramelli  era nato subito dopo le interruzioni del servizio telefonico in fonia e dati di Tim/Telecom avvenute il 9, 10 e 11 aprile. “Abbiamo chiesto alla Giunta – ha detto Bezzini illustrando in aula la mozione- di attivarsi presso i soggetti gestori degli impianti di telecomunicazioni per conoscere le misure che saranno messe in atto per rafforzare la prevenzione e la manutenzione necessarie, in modo da evitare il ripetersi delle interruzione dei servizi come successo nei giorni scorsi” Fra le priorità segnalate dal consigliere del Partito democratico e sulle quali viene chiesta l’attenzione della Regione c’è anche la richiesta di inserire nel protocollo per il rilancio dell’Amiata senese e grossetana, il dettaglio delle misure  e delle tempistiche necessarie per l’adeguamento delle infrastrutture tecnologiche in tutti i comuni, a partire dalla banda larga. “Dopo quanto avvenuto all’inizio del mese sull’ Amiata, ovvero il black out su telefonia fissa e internet da parte di TIM/Telecom che ha colpito i cittadini dei comuni di Abbadia San Salvatore, Castiglione d’Orcia, Piancastagnaio e Radicofani, - ha spiegato Simone Bezzini- ho lavorato subito a quest’atto anche con l’aiuto della segnalazione dell'assessore di Abbadia Francesco Bisconti. Inoltre, la Giunta sarà impegnata a portare avanti quanto prima, anche tramite il protocollo che dovrà essere siglato tra Regione Toscana e territorio per il rilancio dell'Amiata, il potenziamento delle infrastrutture informatiche a partire dalla banda ultralarga a servizio di cittadini e imprese. Superare il digital divide- prosegue Bezzini-, è una questione di pari opportunità tra i territori che merita una particolare attenzione sia da parte della politica, che delle istituzioni. Questi blackout – ha ribadito Bezzini- costituiscono situazioni di estremo disagio per i cittadini, a maggior ragione se residenti in aree montane come quella dell’Amiata. Non solo. Casi analoghi di interruzione del servizio telefonico in fonia e dati possono incidere sulla sicurezza degli abitanti per quanto riguarda l’impossibilità di effettuare chiamate d’emergenza, soprattutto in casi di case sparse e poderi in aree montane non coperte da rete mobile. A maggior ragione – ha quindi concluso il consigliere Simone Bezzini-  è davvero opportuno un impegno serio che faciliti il mantenimento del tessuto produttivo e della vita dei nostri cittadini sul territorio montano”

Fonte: Consiglio Regione Toscana

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