Sequestrati beni per 1,5 milioni di euro a un 38enne cinese di Carmignano

Un imprenditore cinese 38enne residente a Carmignano si è visto sequestrare beni per un milione e mezzo di euro dalla Dia di Firenze in merito alle indagini sui pochi redditi dichiarati confrontati con l'alto tenore di vita. Il tribunale di Prato ha emesso il provvedimento dando adito al sequestro di una villa a Tavola di Prato, tre auto, quote societarie e svariati conti bancari. L'uomo per giustificare i beni avrebbe presentato ricevute di vincite alle slot machine, ma non sono state ritenute sufficienti a fronte del suo più che agiato tenore di vita. Il 38enne ha sulle spalle anche svariati precedenti e condanne: la Corte di Appello fiorentina nel 2004 l'ha condannato per immigrazione clandestina, 8 anni dopo il tribunale di Prato l'ha condannato per delle bische clandestine. Sempre nel 2012 è stato arrestato per importazione di merce di contrabbando.

Il commento del presidente Enrico Rossi

"La sicurezza, quella sul lavoro nel caso dei controlli che da tre anni facciamo a Prato, è un diritto e vivere nella legalità un dovere", sottolinea fermo il presidente della Toscana, Enrico Rossi. "L'illegalità – aggiunge – avvantaggia pochi e danneggia molti". Ben vengano dunque per il presidente della Toscana provvedimenti come quelli di stamani della Dia di Firenze, la direzione investigativa antimafia, che ha sequestrato beni per un milione e mezzo di euro – una villa, tre auto, quote in due società e conti bancari – ad un imprenditore tessile di 38 anni, residente a Carmignano ma che di fatto vive ed opera a Prato. La villa sorge infatti a Tavola. L'uomo è cinese, "ma la nazionalità non è il punto", dice Rossi. Il blocco dei beni è scattato per l a sproporzione tra quanto dichiarato al fisco da lui e i familiari, in alcuni anni anche zero, e il tenore di vita e il patrimonio posseduto. A poco sono valse le ricevute di vincita alle slot machine presentate, che non hanno convinto gli inquirenti: anche per i precedenti dell'imprenditore.

"Su questa linea – commenta Rossi - non possono esserci indecisioni. Lavoro e bilanci in nero sono una piaga. Falsano la concorrenza e i guadagni non dichiarati e sottratti al fisco sono un danno per l'intera collettività".

La Regione, dopo il rogo della Teresa Moda a dicembre del 2013 in cui morirono sette operai cinesi, cinque uomini e due donne che lavoravano e vivevano nella fabbrica, ha assunto settantaquattro ispettori e lanciato e portato avanti un programma di controlli a tappeto delle aziende considerate più a rischio. Sono state verificare più di ottomila imprese in tutta l'area metropolitana, cinquemila solo a Prato.

"L'attenzione era rivolta alla sicurezza sul lavoro: quelle sono le nostre competenze, svolte attraverso le Asl – ricorda Rossi -. A ciascuno il suo mestiere. Ma a seguito di quei controlli sono emersi anche tanti altri elementi, di natura fiscale pure, che non abbiamo disperso ma girato di volta in volta a chi di competenza. Un'azione che negli ultimi tempi si è rafforzata, grazie ad un protocollo siglato con l'Agenzia delle entrate che può far ora tesoro dei dati in formato elettronico in nostro possesso per meglio calibrare i propri interventi di contrasto all'evasione fiscale".

"In fondo – conclude Rossi – siamo sempre stati convinti che gli interventi sulla sicurezza sul lavoro sono sì fondamentali in sé, ma utili pure ad innescare un processo di emersione dall'illegalità su altri fronti, come quello fiscale appunto, del sommerso e del lavoro nero. Proprio per questo, oltre che con l'Agenzia delle Entrate e le procure, stretta è la collaborazione anche con l'ispettorato del lavoro".

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