Stage da 300 euro al mese senza giorni di malattia: le difficoltà di una disabile certaldese

Soffre di una paraparesi spastica e visto la difficoltà a trovare un 'occupazione, a 32 anni, è stata inserita nel progetto LAVORO È AUTONOMIA, un tirocinio dalla durata di 12 mesi che prevede un compenso di 300 euro mensili per 6 ore lavorative al giorno. Una retribuzione davvero minima che però diventa fondamentale per la donna, residente a Certaldo, che ha anche un figlio a carico e da anni è in cerca di un lavoro stabile.

Il progetto L.È.A., questo l'acronimo, fa parte dei Servizi di accompagnamento al lavoro per persone disabili e soggetti vulnerabili ed è finanziato dalla Regione Toscana attraverso il Fondo Sociale Europeo 2014-2020 con circa 14 milioni di euro su tutto il territorio. Il progetto viene co-gestito da Regione e SdS locali: sono quest'ultime a stipulare le convenzioni con la Regione stabilendo la tipologia del progetto.

Fatta la richiesta, e superato un colloquio, la 32enne è stata impiegata nel centralino di una associazione locale che si occupa di volontariato. Negli ultimi giorni non si è potuta recare a lavorare a causa di un brutto disturbo muscolo-scheletrico connesso alla sua patologia. Quindi la scoperta: se non lavora non verrà pagata. Nonostante l'ottenimento di un certificato medico che potesse dimostrare l'impossibilità di muoversi, infatti, sembra che il L.È.A. non preveda nessuna indennità di malattia.

Questa sarebbe peraltro una novità: precedentemente i soggetti partecipanti al progetto avevano 3 assenze al mese, mentre nuove direttive le avrebbero portate a zero, ma con la possibilità di recuperare le ore nell'arco del mese. Questo quanto comunicato dalla tutor che segue la donna. Purtroppo la 32enne dovrà stare a casa più di una settimana, così come stabilito dal medico, ed è impensabile recuperare le ore perdute. Questo il suo sfogo:

"Ho 32 anni e un figlio - spiega la donna - non posso permettermi di stare a casa e perdere lo stipendio, se di stipendio possiamo parlare, perché 300 euro sono una miseria per le mansioni che mi vengono richieste al centralino. Il progetto serve all'inserimento sociale, ma io con 300 euro al mese non mi inserisco da nessuna parte. Purtroppo nonostante esista una legge (la 68/99, ndr) che prevede l'inserimento di persone disabili nel mondo del lavoro, non sono riuscita a trovare niente. Sono 13 anni che vado in su e giù per i centri dell'impiego senza alcun risultato. Una legge scritta perfettamente che però rimane solo sulla carta.  Così a 32 anni mi ritrovo a percepire 300 euro al mese per 6 ore di lavoro perché ho un figlio da mantenere e le bollette da pagare.  Sapere che sono anche costretta ad andare ogni giorno al lavoro anche se malata è molto triste. Ho bisogno di quei soldi, ma sono in uno stato di immobilità. Cosa faccio? In queste condizioni non posso nemmeno andare in bagno autonomamente, chiedo a qualche collega di lavoro di accompagnarmi? La Regione così non permette l'inserimento lavorativo. Quello che chiedo è il diritto alla Salute che è un diritto costituzionale".

Di fondo, però, c'è forse un 'malinteso', cioè quello di considerare il progetto stesso come un lavoro a tutti gli effetti: per quanto possa sembrare paradossale il LÈA prevede che "la condizione della persona non è quella di lavoratore e permane lo stato di non occupazione", così come si legge all'interno della delibera con cui si dà avvio al progetto nell'area di competenza delle SdS Valdarno ed Empolese-Valdelsa.

Dunque le normali 'tutele' connesse alla condizione lavorativa verrebbero a cadere in quanto si stratta tecnicamente di uno stage. La stessa Sds sottolinea questo punto: "Comprendiamo le difficoltà del momento sul piano umano. Cercheremo al più presto di chiarire il malinteso di fondo" (È attesa una nota stampa della dirigenza per specificare nel dettaglio il punto di vista dell'ente sanitario).

Resta il fatto che per la donna, che ricordiamo ha grossi problemi di mobilità e un figlio a carico, i 300 euro al mese del LÈA sono un'entrata importante nel bilancio familiare e non potersi permettere di stare male, cosa plausibile a maggior ragione a causa della sua patologia, diventa un vero e proprio dramma. Altrettanto evidente è che il L.È.A. non sia il programma di aiuto 'idoneo' alla situazione della donna che dovrebbe aver accesso a forme di lavoro più stabili e durature.

Purtroppo sembra che da oltre 10 anni la donna sia in cerca di un lavoro in Enti privati e pubblici, ma senza alcun successo. Questo nonostante esista una legge nazionale (L 68/99) che prevede una 'quota' di assunzioni per disabili e categorie svantaggiate e che proprio recentemente ha visto un potenziamento degli indirizzi e l'inasprirsi delle sanzioni per chi non rispetta le norme.

La 32enne ha anche scritto una lettera indirizzata a vari soggetti politici tra cui Enrico Sostegni, Enrico Rossi, Laura Cantini, Andrea Quartini e Stefania Saccardi, per spiegare la sua situazione.

Fonte: Giovanni Mennillo



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