Casa confiscata alla 'ndrangheta: il sindaco di Altopascio scrive a Salvini e Rossi

Casa di Spianate confiscata alla ‘ndrangheta: il sindaco di Altopascio, Sara D’Ambrosio, scrive al ministro dell’interno, Matteo Salvini, e al presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi. Obiettivo: sbloccare i fondi per i beni confiscati e aiutare l’amministrazione comunale nell’opera di ristrutturazione e restituzione alla comunità dell’immobile, così da poterlo destinare a finalità sociali. «Da circa un paio di anni, cioè da quando sono diventata sindaco – spiega - ho iniziato a bussare a tutte le porte possibili per sbloccare questa situazione che dovrebbe far imbarazzare chiunque rappresenti le istituzioni, a prescindere dal colore politico. Così abbiamo deciso di scrivere al ministro dell’interno e al presidente della Regione, per chiedere loro un aiuto concreto: il comune da solo non può farcela, ci vogliono troppi soldi e le esigenze della comunità sono tante e continue».

La vicenda della casa confiscata presente sul territorio di Altopascio, nella frazione di Spianate, è diventata di dominio pubblico nel 2013, anche se la confisca risale a 10 anni prima, al 2003, grazie all’operazione della Dda di Firenze. cinque anni fa, nel 2013, ma la confisca risale a dieci prima, nel 2003. «Ce ne interessammo come consiglieri di opposizione – continua D’Ambrosio – La questione suscitò un grande interesse, anche a livello nazionale, perché la vicenda è molto particolare». L’immobile di Altopascio è stato confiscato ad Antonino Lombardo, appartenente alla cosca calabrese e condannato in via definitiva nel 2003: infatti, proprio dal 2003, cioè in seguito alla confisca, il Comune di Altopascio è proprietario dell’immobile, oggi purtroppo totalmente distrutto al suo interno.

«Una vicenda controversa e inspiegabile – aggiunge il sindaco - Nonostante la confisca avvenuta, infatti, in quella casa ha continuato a vivere il figlio di Antonino Lombardo, anche se lo Stato aveva espressamente chiesto di destinare il bene a finalità sociali. Ma le amministrazioni comunali precedenti alla mia avevano ritenuto di poter accordare un canone mensile di affitto, regolarmente riscosso dal Comune e rinnovato fino al 2010, al figlio del capo clan condannato. Quando l'amministrazione tornò in possesso del bene, questo è stato trovato gravemente danneggiato, con consistenti demolizioni interne. E così si presenta ancora oggi: eppure la palazzina, a due piani con giardino, potrebbe essere utilizzata in molti modi dalla comunità, come appartamenti per i militari della locale stazione dei Carabinieri, appartamenti di edilizia residenziale pubblica, oppure come struttura dedicata alle donne vittime di violenza».

Da qui, quindi, l’idea di scrivere le lettere. «Credo che non ci siano dubbi – conclude Sara D’Ambrosio – quell’immobile deve essere recuperato, deve poter tornare ai legittimi proprietari, i cittadini: sarà il simbolo della rinascita del nostro paese, una ferita profonda da curare, un modo concreto per difendere la dignità e l’autorevolezza dello Stato e delle istituzioni. Chiedo quindi al Governo e alla Regione di attuare un piano nazionale e regionale di finanziamenti per il supporto alle amministrazioni comunali che devono e vogliono gestire, valorizzare e restituire alla comunità beni confiscati alle mafie. Aiutateci, noi siamo pronti a fare la nostra parte. Lo meritano i cittadini di Altopascio, lo merita l’Italia».

 

Fonte: Comune di Altopascio - Ufficio Stampa



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