Variante urbanistica, LeU: "Risponde di più alla rendita che allo sviluppo"

L’ultima variante per le aree produttive del comune di Empoli non getta le basi di uno sviluppo sostenibile. Risponde di più alla rendita che allo sviluppo.

Abbiamo seguito, anche grazie all’impegno delle consigliere di opposizione dei gruppi consiliari civici e di sinistra del consiglio comunale, l’iter di approvazione della variante urbanistica sulle aree produttive di Empoli. Un atto che segna in maniera importante la storia del nostro territorio. Riteniamo che questo provvedimento sia sbagliato e dannoso: non getta le basi per uno sviluppo sostenibile e per la tutela del nostro territorio; risponde più alla logica della rendita che a quella di sostegno di uno sviluppo solido

“Nel rispetto dell’ambiente” non può più essere solo una formuletta rituale. Ciò che succede tutto intorno a noi dimostra l’urgenza di imparare a vivere e produrre rispettando il pianeta: cambiamenti climatici, eventi estremi, alluvioni, frane, ce lo dimostrano chiaramente. Noi pensiamo che “nel rispetto dell’ambiente” può diventare un punto di forza per un territorio. E per questo non ci si può solo affidare allo spontaneismo delle singole aziende, è necessaria una lucida determinazione pubblica. Perciò contestiamo all’oggettivo ‘fronte’ Confindustria-Comune che plaude senza riserve a questa variante, l’assenza di quell’”impianto infrastrutturale del territorio” che dovrebbe favorire gli investimenti e, secondo noi, anche accompagnare la riconversione ecologica del tessuto produttivo.

Avremmo voluto vedere, per esempio, azioni decise per riqualificare le aree produttive esistenti. Tese ad infrastrutturare davvero con connettività adeguata, produzione, trasporto ed uso di energia da fonti rinnovabili, oltre ad incentivi per la riqualificazione degli edifici dal punto di vista energetico, il risparmio e la protezione della risorsa idrica, il disegno di una mobilità prioritariamente pubblica e poi ciclabile, condivisa. Ci sono due linee ferroviarie tangenti al Terrafino, devono essere valorizzate. La stazione di Ponte a Elsa può diventare un terminal importante per merci e persone? E poi andrebbe incentivata e sostenuta la capacità di condividere ed interagire, a partire dalla connessione dei cicli produttivi, per continuare con la gestione dei servizi, la sicurezza del lavoro, l’interfaccia con la PA, ecc. Del resto è ciò che si fa nelle parti più avanzate del nostro e di altri paesi e ci sono esempi anche in Toscana sul modello delle cosiddette APEA (Aree produttive ecologicamente attrezzate).

Emblematica è la questione del polo di via Piovola. Nessuno vuole impedire ad aziende come la SeSa, di gestirsi nel migliore dei modi, ma l’oggetto di questa parte della variante va ben oltre. Si consente di localizzare lì un albergo, superfici commerciali, auditorium, palestre, uffici e quant’altro. Un’operazione che cambia di valore a 120mila mq. di terreno in gran parte in mano a Cabel. Chiunque si può fare un’idea delle cifre in gioco: basti pensare alla differenza di valore tra terreno agricolo e terreno edificabile. Non intendiamo negare “la soddisfazione delle reali esigenze produttive dell’azienda”, che sono però molto più contenute dell’edificato consentito dalla variante. Perché non prevedere la localizzazione di servizi, albergo, auditorium, in città (aumentando i collegamenti), in modo da massimizzare gli effetti positivi e contemporaneamente evitare le pesanti ricadute negative di una urbanizzazione così estesa in un’area agricola, a rischio idraulico e senza sistema fognario?

In merito all’eccessivo aumento delle superfici concesse ad attività commerciale: la necessità di una maggiore flessibilità di funzioni nelle aree produttive esistenti è comprensibile. Non a caso su molte delle osservazioni di Confindustria che avanzavano richieste di questo tipo - per esempio nell’individuazione delle percentuali di direzionale e servizi nelle aziende - l’opposizione di sinistra ha votato a favore. Noi contestiamo l’eccesso di ‘aree commerciali’
previste e la mancanza di una programmazione adeguata degli spazi (verde, parcheggi, viabilità) che sembra seguire un modello - davvero datato - di promiscuità disordinata delle diverse funzioni che produce degrado; ed anziché attrarre settore produttivo rischia addirittura di penalizzarlo.

Queste scelte comportano un ulteriore eccessivo consumo di suolo (ricordiamo che il nostro comune è già uno dei più alti in Toscana con 18.8%). Ripetiamo: è naturale che un’amministrazione comunale si confronti con le sollecitazioni di proprietari ed imprese. Ma la stessa dovrebbe essere capace di inserire quelle richieste all’interno di una salda visione delle necessità della città e del territorio; ed a quella ricondurle, non viceversa.

Le scelte della variante approvata sembrano invece rispondere più alla logica della rendita che a quella di sostegno di uno sviluppo solido. Molte delle osservazioni accolte esplicitano chiaramente la volontà di valorizzare terreni ed immobili, acquisendo la possibilità di tipologie d’uso considerate più richieste dal mercato. Tra l’altro, anche le osservazioni del Sindacato, che osservavano la troppa promiscuità di funzioni nelle aree produttive e contestavano la dispersione di attività nel territorio agricolo, sono state respinte.

Al PD diciamo: il suo segretario Mazzantini è un uomo ‘coraggioso’: citare la strada 429 e la Vitrum come cose fatte … ci vorrebbe più cautela, dopo i tanti lustri di ritardo passati. E poi ci pare che sulla variante il parere dell’Arpat in realtà non ci sia. E per la bretella di via Piovola (che, per l’insopportabilità del traffico a Villanova, certamente ci voleva): perché la spesa della strada tutta a carico dei cittadini dato che la sua necessità è indotta dall’insediamento produttivo sconsideratamente localizzato lì, a suo tempo? (in situazioni paragonabili, vedi Centro Coop, si fece altrimenti...).

Insomma, la pecca maggiore di questa variante sta proprio nel deficit di capacità di governo del territorio, nell’assenza di una visione autonoma della politica come massima rappresentanza della comunità e dei suoi bisogni. Il messaggio politico della Confindustria ci pare chiaro: l’interesse delle aziende coincide con l’interesse generale. Per definizione. Noi abbiamo una diversa convinzione: esiste un interesse generale che va fatto valere ed al quale anche gli interessi dell’impresa vanno ricondotti perché l’ideologia del ‘mercato autoregolato’ (contraria allo spirito e alla lettera della nostra Costituzione) ha già fatto anche troppi danni nel nostro paese e in giro per il mondo. Siamo convinti che il vero sviluppo di tutta la comunità locale si ottiene quando i legittimi interessi degli operatori economici e di tutte le altre parti e attori sociali vengano confrontati e messi a sintesi per l’interesse generale.


Gruppo di coordinamento LeU empolese valdelsa



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