Addio a Rigoletto Fantappiè, il ricordo del Museo della Fiorentina

(foto gonews.it)

L’ultima volta che siamo andati a trovare Rigoletto era lo scorso 23 ottobre. Era contento di vederci, soprattutto di vedere Raffaele. Lo abbiamo trovato coriaceo come sempre, soddisfatto per aver superato una difficile operazione e con tanta voglia di parlare – più che della Fiorentina dei tempi della guerra, la morsa terribile dell’occupazione tedesca, la primavera della Liberazione.

Rigoletto, per il Museo, per tutti noi, è stato un maestro, di storia e di vita della Fiorentina, di cui è stato tifoso, organizzatore del tifo, socio, consigliere.

Lo vogliamo salutare con le sue parole, con alcuni brani dei racconti che faceva sulle varie stagioni della Fiorentina.

Aveva conosciuto Luigi Ridolfi e lo ricordava con un episodio che ne esaltava la sensibilità: “Era rimasto colpito nel sentire che per noi ragazzi la Fiorentina era una fede. La squadra viola era un ideale e lui condivideva i nostri sentimenti. A quell’epoca il tifo non aveva alcun peso, ma lui mostrò verso di noi una disponibilità eccezionale. Per lui non esistevano categorie: accettava di parlare con tutti. Una volta, nel 1939, gli raccontammo di essere stati a Milano per sostenere la squadra in trasferta. Lui, senza che gli avessimo chiesto niente, ci rimborsò il prezzo del biglietto. Era un punto di riferimento per tutti noi, una persona dotata di grande umanità e di straordinaria intelligenza. Era un condottiero che non diceva mai ‘bisogna fare’, lui faceva e basta. A chi gli stava vicino infondeva una volontà incrollabile e la sua parola contava davvero qualcosa".

Dopo la guerra si trattò di ricostruire la Fiorentina, attorno al presidente Arrigo Paganelli, e a Ottavio Baccani, dirigente sportivo, si aggregarono i soci, fra cui Rigoletto, e sistemarono, ripulendola a fondo, la nuova  sede, in un sottosuolo di via de’ Saponai. “Quel posto diventò il centro della vita associativa istituzionale, di assemblee rumorose e movimentate, mentre quella  ricreativa avveniva nei bar circostanti, dove  si riunivano i vari gruppi: il Bar Centrale del Colzi in piazza Strozzi, il Bar Grappolini in piazza Vittorio e il San Firenze all’angolo di via de’ Gondi. Ma soprattutto era in via Dante nella bottega di barbiere di Aldo Polidori che viveva la Fiorentina di quei tempi: giocatori, tifosi e i pochi, ma bravi, giornalisti locali si ritrovavano per discutere, fra un taglio di capelli ed una rasatura di barba, di formazioni, risultati e tattiche. Naturalmente tutte queste possibilità di contatti erano anche occasioni per cementare amicizie che nascevano in maniera naturale, ma anche accese discussioni e liti. Come quella dell’estate 1952, passata alla storia come ‘la battaglia delle seggiole’, che ebbe come campo d’azione la sede di via de’ Saponai e come spunto la ventilata e poi realizzata cessione di Egisto Pandolfini alla Roma per l’allora enorme cifra di circa sessanta milioni. Noi soci e tifosi non volevamo assolutamente che l’amatissimo campione di casa nostra fosse ceduto e all’assemblea indetta dal presidente Befani ci presentammo compatti nel voler rigettare l’ipotesi di vendita di Egisto. Però al momento cruciale le argomentazioni del presidente sostenute da quella iperbolica cifra proposta dalla Roma fecero vacillare alcuni dei presenti con la conseguenza che dalle parole ingiuriose della parte sentitasi tradita e dalle repliche verbali altrettanto offensive della controparte si passò presto ai fatti, ovvero al lancio delle famose seggiole!”

Grosse liti, grosse emozioni, l’entusiasmo dello scudetto del 1956, della finale di Madrid nel 1957, di quattro secondi posti, delle vittorie in Coppa delle Coppe e Coppa Italia, “molti di quegli amici poi, nel 1965, avrebbero contribuito, sotto la spinta del presidente Baglini, ad aggregare il tifo viola nella grande famiglia del Centro Coordinamento Viola Club, di cui poi sarei diventato anche presidente, organizzata addirittura negli stessi locali della nuova sede della Fiorentina nel Palazzo Corsini in via del Parione e poi, anni dopo, con sede propria in piazza D’Azeglio. E che fino ad un’epoca recente, avrebbe trovato ospitalità e grande sviluppo nei locali dello stadio rimessi a nuovo grazie anche all’intervento diretto dell’allora presidente Ugolini che non esitò a fornire i pavimenti in linoleum donati dalla sua azienda”.

Ciao Rigoletto, garrisca al vento il labaro viola!

Fonte: Museo della Fiorentina



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