Trapianti record a Pisa, Aoup: "Progetto chiesto da Rossi serve a rafforzare"

Riceviamo e pubblichiamo l'articolo dell'Aoup in risposta al post su Facebook del chirurgo Daniele Pezzati che paventava lo "smantellamento" del centro di eccellenza. Ecco la risposta dell'azienda ospedaliera universitaria:

"Il centro trapianti di fegato dell’Azienda ospedaliero-universitaria pisana – diretto dal professor Paolo De Simone – chiude il 2018 raggiungendo un altro traguardo: le 161 procedure eseguite durante l’anno pongono Pisa al vertice della classifica nazionale e ai primi posti nel panorama internazionale.

Il numero di trapianti di fegato effettuati a Pisa è in costante crescita ormai da anni: 119 nel 2015, 136 nel 2016, 142 nel 2017. Ciò sarebbe impossibile senza il sostegno di tutta la struttura regionale: l’assessore Stefania Saccardi più volte ha ribadito la centralità del centro pisano nel panorama toscano e recentemente lo stesso presidente Enrico Rossi ha chiesto alla direzione aziendale di redigere un progetto che serva a rinforzare e sviluppare i punti di forza dell’Aoup tra cui, naturalmente, il centro di trapianti di fegato.

Non c’è insomma alcuna intenzione di duplicare altrove un centro che da anni si è dimostrato in grado di sopperire alle necessità di tutta la Toscana. Non avrebbe senso disarticolare la complessa struttura di cui l’intervento chirurgico è solo una delle fasi: il trapianto è possibile grazie a una rete regionale e nazionale che recupera gli organi e segue i pazienti trapiantati. Pisa è il centro regionale e uno dei centri nazionali di quella rete. Anche le osservazioni critiche giunte dal Centro nazionale trapianti servono come pungolo per cercare di migliorarsi. L’obiettivo è quindi continuare a crescere, sia quanto a numero di interventi, sia sviluppando – come già fatto nel 2018 – innovative linee trapiantologiche.

Tali risultati non sarebbero raggiungibili senza il contributo delle equipe di medici, chirurghi, infermieri e tecnici che erano in servizio anche durante le feste natalizie: in centinaia, in tutti i reparti dell’ospedale, hanno lavorato per garantire assistenze e cure ai cittadini. Non tutti tengono nel dovuto conto questo sforzo collettivo – che comprende sia chi lavora nelle sedi operative, sia chi ha il compito di prendere decisioni – lasciandosi andare talvolta, in modo inopportuno e superficiale, a esternazioni che evocano minacce totalmente inesistenti e sottolineando situazioni lavorative che sono, in realtà, l’assoluta normalità attesa in tutti gli ospedali del mondo per chi – come gli operatori sanitari – ha deciso di dedicare la propria vita professionale alla cura e all’assistenza".



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