Giovanni Lami, Santacrocese, toscano ed europeo negli anni dell’Illuminismo

Nell’introduzione al volume Giovanni Lami e il Valdarno inferiore, Pacini Editore, il prof. Mario Rosa, ha scritto: “II presente volume, attraverso i saggi dei diversi autori in esso raccolti, si augura di stimolare, alla luce delle ricerche più recenti sul Settecento, su quello toscano come su quello italiano ed europeo, una nuova lettura di un erudito e “giornalista” tra i più significativi dell’età sua”.[...] “Si spera di collocare questi saggi, in quella temperie culturale e in quell’intreccio di rapporti che collegano il Lami alla sua Toscana, e in essa alla sua “piccola Patria” e ai luoghi di origine, ma al tempo stesso alla cultura italiana e alla cultura europea”.

Notevole il contributo di Valerio Bartoloni, sulla figura europea di Giovanni Lami che soggiornò a Vienna e a Parigi nella prima metà dei Settecento, e sul Lami giornalista delle Novelle Letteraie, come dello studioso delle vicende della Massoneria e dell’ Inquisizione locale. Ci preme qui riportare alcune notizie, scrive Bartoloni, da un manoscritto del Lami rimasto finora inedito e scovato nel fondo manoscritti “Giovanni Lami”. Si tratta del resoconto odeporico (racconto di viaggio), di una “dettagliata cronaca di una gita in calesse da Firenze alla sua residenza di Santa Croce compiuto da Lami con la serva Cirilla dal 5 al 13 giugno 1740”.

Certamente nella Santa Croce dei primi del Settecento non si sentiva l’eco delle discussioni nella città di Utrech, nel 1713, che misero fine alla guerra di successione spagnola. Giovanni Lami, l’unico che avrebbe potuto avvertire qualcosa di quelle dispute, aveva allora sedici anni e seguiva le lezioni dello zio Carlo Felice Lami lettore di filosofia nel convento di Fucecchio.

Grazie alle frequenti conversazioni erudite familiari, unitamente alla letteratura latina e toscana e alla poesia in particolare, lesse a fondo le sacre scritture, studiò il greco e altre lingue ricavandone avversione al lassismo e alla casistica dei gesuiti.

Grazie alle sue frequentazioni umane e letterarie e ad un naturale talento. “Lami può a buon diritto essere ascritto […] a quegli orientamenti di ‘pietà illuminata’ […] contro le devianze religiose popolari legate al culto delle immagini velate o alla devozione ‘superstiziosa’ verso simulacri e reliquie di santi”1 Questa sua critica storico-erudita darà negli anni più tardi, un contributo notevole ai problemi che gli venivano proposti con la Vita della beata Oringa Menabuoi. Purtroppo in tempi recenti si è preferito riproporre la storia di Oringa Menabuoi dell’Anonimo, infarcita di visioni demoniache e di ‘miracoli’ vanificando le fatiche del Lami e ridando fiato alle superstizioni.

Sarà interessante, considerare e conoscere la produzione storico-erudita, per una “illuminazione” anche su questo Valdarno, e su argomenti di più ampio respiro spazio-temporale come le vicende della Massoneria e dell’Inquisizione locale. Sarà opportuno soffermarsi anche sul Lami “giornalista”, direttore del periodico Le Novelle Letterarie che come ricorda Mario Rosa “...più volte gli studiosi hanno richiamato nelle loro indagini sugli aspetti peculiari della cultura toscana settecentesca”.

Valerio Vallini

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