Sgarbi spiega Leonardo al Teatro Excelsior di Empoli: "Genio dell'imperfezione che inseguiva Dio"

Leonardo da Vinci ‘si racconta’ sul palco del teatro Excelsior di Empoli attraverso le parole di Vittorio Sgarbi. Ieri sera il noto critico d'arte ha messo in scena lo spettacolo 'Leonardo', un lungo viaggio durato circa 3 ore che ha ripercorso le tappe della vita del Genio attraverso le sue opere pittoriche, intervallate dalle splendide suggestioni musicali e scenografiche di Tommaso Arosio e Valentino Corvino. Circa 400 persone hanno assistito alla performance del critico d'arte che è stato omaggiato con un lungo applauso alla fine della serata. L'evento era inserito nel cartellone di eventi dell'Associazione VivaVinci per il Cinquecentenario della morte del Genio.

Sgarbi ha accompagnato il pubblico attraverso il suo personale 'viaggio leonardiano', uno sguardo provocatorio e al tempo stesso celebrativo su una “delle figure più complesse dell'umanità”. Così il Leonardo di Sgarbi è “Genio dell'imperfezione", un "pittore pigro", “una mano imperfetta”, uno "che non ha mai lavorato", un’artista "che ha iniziato tante cose e non le ha mai concluse”, addirittura un "dilettante". Maestro di provocazione, Sgarbi non intende certo distruggere il mito di Leonardo, ma costruirne uno nuovo: la grandezza del Genio non sarebbe solo nelle sue opere compiute, ma proprio nello scarto che c'è tra "la grande mente e le sue mani inadeguate", tra una “mente capace di pensare tutte le cose” e l’impossibilità tecnica o persino il disinteresse nel realizzarle. La figura leonardiana diventa quella di un Genio sospeso tra incompiutezza e slanci di divinità, tra l'impossibilità di creare ciò ce la sua mente concepiva e lo slancio demiurgico dell'uomo che vuole farsi Dio: "Leonardo vive la libertà del suo pensiero – ha detto Sgarbi - la sua vita è un lungo percorso di inseguimento e imitazione di Dio. La pittura è cosa mentale, prima c'è l'idea e poi la realtà: questo credeva Leonardo".

Un Genio quindi precursore dell'arte concettuale (accostato volutamente a Duchamp) intesa come arte che si libera della materia e diventa puro pensiero, puro slancio divino. Il Genio non sarebbe solo l'Uomo totale, scienziato e studioso perfetto in tutti campi della scienza e dell'arte, ma una interpretazione 'laica' della teologia agostiniana: Homo Capax Dei. L'uomo che cerca Dio, che come Dio crea, che vince il tempo e la morte attraverso l’opera d’arte, che arriva addirittura a "migliorare la creazione divina" mettendosi in una sorta di competizione con la divinità. Sgarbi ritrae Leonardo come un uomo che passa la vita a “inseguire Dio”, a tentare di imitarlo, ma soprattutto un uomo che si ritrova incapace di saziare l’enorme curiosità che lo ossessiona: ed è forse per questo che "l'ultima opera di Leonardo, il suo ritratto, ci appare triste", il solco sul viso lasciato da una delusione profonda "per una vita vissuta con tanta curiosità ma arrivata però a non capire fino in fondo il mistero di Dio".

Così il Leonardo di Sgarbi è una figura 'sospesa', tra divinità e materia, tra un pensiero inesauribile e i limiti fisici, tra slanci di divinità e un corpo a cui mancano le ali. Il Genio diventa quindi il simbolo di un'umanità che ha bisogno della divinità, che aspira a diventare come Dio attraverso l'arte e il pensiero: questo è il grande messaggio che Sgarbi affida alla platea di Empoli, che ricambia con un lungo applauso.

 



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