Col ciuco vola la nostra empolesità

Ed anche quest’anno, proprio come nel lontano 1397 quando tutto ebbe inizio, torna a volare dal campanile di piazza Farinata il ciuchino. Un rito che rappresenta la nostra città, un momento che solo chi è empolese riesce a capire appieno visto che il suo significato va oltre quei brevi secondi nei quali il manichino scorre agganciato ad una carrucola per schiantarsi poi su una colonna del palazzo Ghibellino. Sì, perché in fondo quel breve volo posto all’interno di un fine settimana che unisce il sacro del Corpus Domini al profano di questo momento nato per ricordare la presa di San Miniato, è forse il momento in cui l’identità empolese trova la sua massima espressione. In quel ritrovarsi nella piazza che simboleggia la città ormai da oltre 900 anni, di fronte alla Collegiata che di Empoli è stata ed è ancora oggi il fulcro, ci sono tutto il piacere e l’orgoglio del vivere qui, in una città che magari per molti non sarà bellissima ma che noi non cambieremmo per niente al mondo. Ed il trovarsi nel ‘giro’ ad ammirare prima il corteggio storico coi suoi splendidi costumi e poi il volo preceduto dall’annuncio del nome che avrà, rappresenta un momento di identità che è sempre bello da vivere. Nel volo c’è l’empolesità, c’è la goliardia nel dargli un nome, c’è l’innato campanilismo di noi toscani che, se non prendiamo un po’ in giro lo sconfitto della porta accanto, non siamo contenti. <Noi a Empoli facciamo anche volar lo ciuco>, fu detto al feudatario samminiatese che aveva da poco scambiato un gregge di pecore coi lumini al collo per un esercito di soldati. E così fu e così, per fortuna, è tornato ad essere grazie alla Compagnia di Sant’Andrea che ormai da diversi anni ha riproposto alla città questo antico ed affascinante momento ed ai cui volontari va, ancora e sempre, un grazie grande così per l’impegno.
E, siccome noi empolesi se non brontoliamo per qualcosa non siamo contenti, quest’anno gli organizzatori hanno tolto anche un motivo che faceva ‘struffiare’ la gente, ovvero il dover aspettare al caldo. Il ciuco vola quando è più fresco, vola dopo cena per ricordare i 900 anni dall’incastellamento e tutti ci auguriamo che sia così anche in futuro visto che, di questi tempi, le cose si godono di più al fresco della notte. E il nome? La persona da sfottere bonariamente? Dopo la non felicissima scelta dell’anno scorso di Urbano (riferito alla Polizia municipale) che tante polemiche scatenò, su cosa si punterà? Sulla politica con gli sconfitti del 26 maggio o sullo sport con l’Empoli retrocesso in serie B e sui suoi dirigenti o allenatore in uscita? O su cos’altro? Stasera si saprà e speriamo che stavolta ne venga colto il senso goliardico che questo nome, in fondo, ha. Niente di più e di meno di un prendere bonariamente in giro qualcuno o qualcosa, binomio che diventa divertente e vincente se dall’altra parte c’è la capacità di farsi una risata e di sapersi prendere in giro.
Allora stasera tutti in piazza col naso all’insù, con lo stornellatore che allieterà l’attesa, con Freddy a leggere il proclama e il nome, con il corteggio ed i suoi costumi, con l’orgoglio di vivere in questa città. E, se qualcuno ci prende per ciucchi visto che ci divertiamo a volare un ciuco dal campanile, a noi, in fondo, ‘c’importa una sega’. Siamo empolesi, siamo contenti di esserlo, siamo felici di ritrovarci stasera tutti in piazza e domani nella processione dietro al Santissimo per le vie cittadine. Quel ciuchino che vola dal campanile al palazzo Ghibellino, per ognuno di noi, rappresenta la città, un pezzo della nostra storia, una parte di noi.
Non resta che il saluto, quello classico della tradizione empolese, ovvero quanto scrisse nel 1842 il poeta e dottore Antonio Guadagnoli d’Arezzo, “O studiar con impegno ed esser uomini o in Empoli volar pel Corpus Domini”. Viva il volo, viva la nostra Empoli.

Marco Mainardi

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